mercoledì 19 novembre 2014

Un giornale sottile

Il Foglio è un giornale interessante (attenzione all'aggettivo). Interessante perché offre, o cerca di offrire, punti di vista che vanno in controtendenza rispetto alle tendenze dell'attualità, agli stereotipi delle emergenze; un quotidiano che sa trovare i peli nel culo, ops, i peli nell'uovo dei personaggi in vista del momento, e che viceversa, sa trovare del sano, là dove quasi unanimemente, è considerato tutto marcio.

Prendiamo, ad esempio, la posizione che il quotidiano assume faccia alla crisi, nella fattispecie odierna faccia alla disoccupazione giovanile, in risposta alla provocazione di un video andato in onda su Anno Uno (Luigi Castaldi ne parla qui, riportando anche cosa Giuliano Ferrara pensa del filmato e, soprattutto, dei cosiddetti giovani italiani “poveraccisti”).

È chiaro che, come le anatre di Lorenz, i redattori di un giornale seguano la linea cacata dal Direttore, e quindi, Carlo Cerasa, notista politico, che fa? Va a intervistare un politico? Un economista? Un sociologo? No,va da un cuoco stellato, il famoso Antonello Colonna ristoratore de Roma, si presenta come giornalista de Il Foglio, e chiede di intervistarlo sulla disoccupazione giovanile e sul lavoro che non c'è.

Il signor Colonna, che in un primo momento si avvicina al tavolo di Cerasa squadrandolo come per dire, ma che cazzo vuole questo qui che mi ha fatto chiamare dal cameriere, appena il giornalista si presenta e propone di intervistarlo per quella gran forchetta di Ferrara, accetta di buon grado (in fondo, offrire un pasto a dei morti di fame è sempre un gran piacere per un ristoratore) e a domanda (?)
È sicuro di voler dire quello che sta per dire? 
risponde:
“Certo”.
Cerasa: “Allora diciamolo” 
Colonna: “Non è vero un cazzo. Gli italiani pensano di vivere in un paese in cui non esiste lavoro ma non riescono a capire che il problema è più sottile e mi verrebbe da dire drammatico. Non è vero che in Italia non c’è lavoro, non è vero che non ci sono posti di lavoro, non è vero che tutto il mercato è bloccato. E invece vero che c’è un problema diverso: che in Italia non c’è il lavoro che mediamente gli italiani sognano di fare”. 
Ah, mediamente... E che vordì? Sentiamo
Colonna: ““L’Italia è il paese del limbo sociale dove la percezione di quel che si vorrebbe fare è drogata da un sistema mediatico che indirizza i ragazzi verso percorsi spesso impossibili da realizzare. È la sindrome Master Chef: oggi tutti vogliono fare i grandi cuochi stellati ma quando un cuoco cerca un cameriere qualificato non lo trova nemmeno a peso d’oro perché l’idea oggi è che per arrivare al vertice di una piramide non sia necessario scalare la piramide gradino dopo gradino ma sia ormai doveroso provare ad arrivare in cima alla piramide facendosi lanciare con un paracadute. Purtroppo non funziona così e spesso i grandi chef prima di diventare chef devono fare tutta la trafila dal basso così come i grandi stilisti non possono diventare tali se prima non iniziano a utilizzare con intelligenza un po’ di ago e un po’ di filo. Da questo punto di vista i dati sul lavoro e sulla disoccupazione non sono veritieri perché una parte dei non occupati italiani non trova un’occupazione per una ragione semplice: non studia bene i movimenti del mercato.
Ah, il disoccupato non studia bene i movimenti del mercato. Cazzarola che chef raffinato. Cerasa, col boccone quasi deglutito, conferma riportando, indirettamente, le parole del cuoco:
“Pochi mesi fa, ricorda Colonna, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro ha pubblicato una ricerca significativa focalizzata sulle opportunità lavorative non sfruttate dai non occupati del nostro paese. Secondo la ricerca, nel primo trimestre del 2014 risultano essere circa 35 mila i posti disponibili che nessuno ha cercato e che nessuno ha accettato – 10 mila infermieri, 6 mila pizzaioli, 5 mila commessi, 2.400 camerieri, 1.900 parrucchieri ed estetiste, 1.350 elettricisti, 1.400 tecnici informatici e telematici. Dati simili a quelli pubblicati lo scorso anno dall’Istat. In Italia ci sono circa 150 mila posti per impieghi che nessuno cerca o vuole fare
Benissimo, il giornalista e/o il cuoco citano l'Istat di anno scorso. Io invece sono andato a vedere così dice l'Istat quest'anno, relativamente al settembre 2014:
Il numero di disoccupati, pari a 3 milioni 236 mila, aumenta dell'1,5% rispetto al mese precedente (+48 mila) e dell'1,8% su base annua (+58 mila). Il tasso di disoccupazione è pari al 12,6%, in aumento di 0,1 punti percentuali sia in termini congiunturali sia nei dodici mesi.I disoccupati tra i 15-24enni sono 698 mila. L'incidenza dei disoccupati di 15-24 anni sulla popolazione in questa fascia di età è pari all'11,7%, in calo di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente ma in aumento di 0,6 punti su base annua. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 42,9%, in calo di 0,8 punti percentuali rispetto al mese precedente ma in aumento di 1,9 punti nel confronto tendenziale.
Per limitarci ai giovani, dunque, i disoccupati sono 710.000, Un po' tantini anche per 150mila posti di lavoro bell'e pronti per essere occupati.
Approfittando della confusione delle cifre, Cerasa ha chiesto il conto e il Colonna, preso nel bel mezzo del suo ragionamento, ha risposto: «Prego, lasci stare, offre la casa. Ma prima, la prego, mi faccia concludere il ragionamento»:
“L’Italia del pigiama è un’Italia che vive in un regime assistito di assenteismo sociale in cui lo stato non permette a chi cerca lavoro di mettersi gli occhiali e indovinare la giusta direzione da prendere e in cui chi cerca lavoro non capisce che il modo peggiore per mettersi in gioco è quello di non accettare le sfide. Il mondo è diverso da come ce lo raccontano la tv, i giornali e i reality. Perché oggi, che ci si creda o no, si può diventare grandi anche puntando la propria vita su una porchetta di Ariccia”.
Cerasa alzandosi soddisfatto a pancia piena, ha vociferato fra sé e sé: «Sono diventato grande puntando su un'altro genere di porchetta, quella di Elefante.»

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Riguardo alla trafila da fare ha ragione. Io, per esempio, sono già dieci anni che faccio il magazziniere.
Altri cinque o sei e conto di diventare uno scatolone.

Massimo ha detto...

Il Foglio non ho mai ben capito che tipo di lettori ha.
In ogni caso è roba da pensionati incazzosi che hanno sempre votato a destra.
E' il solito trucchetto, quello di chiedere cosa ne pensa della disoccupazione a chi ha avuto il cosiddetto "successo". Che cazzo ne può mai pensare? Siccome a lui è andata bene, chi non trova nulla è perché è uno scansafatiche e vaffanculo. Roba pietosa, stupida e in malafede. Ecco un bel ritratto del Foglio, tipico bastian contrario per distinguersi, a immagine e somiglianza del suo direttore.

Luca Massaro ha detto...

Proprio così, Massimo, proprio così.