mercoledì 27 gennaio 2016

Palle in umido

Umido. Le palle lo soffrono. Stanno al chiuso, al calduccio ma, ciò nonostante, percepiscono l'aria che tira. Come le madonne tirate, soffiate a bassa voce, per invocare abbracci e carezze di madonne rinascimentali, belle, carnose, opulente, con le poppe impercettibilmente pronunciate espressione di una sensualità pudica.

Mentre aspettavo il mio turno per un colloquio sui minimi sistemi, ho visto passare della gente dagli occhi tristi e labbra serrate, tal quale a coloro i quali vorrebbero essere altrove, senza sapere dove. Anch'io vorrei essere altrove. Stavo pensando all'Isola di Tonga, per vedere se ingrasso.


Un signore sulla sessantina mi ha detto che ha giocato a calcio sino a quarant'anni e che non sopportava, come non sopporta ora, il gioco alla brasiliana, quelli che fanno la melina.

Io gli ho risposto che ho giocato sino a quattordici e che sopporto eccome le mele e le pere brasiliane.


Saremo davvero costretti a odiarci, gli uni gli altri, o saremo capaci di secernere un milligrammo di pietas dalla nostra bile?

È troppo grigio il cielo. Venga la notte, per distinguere.




1 commento:

Anonimo ha detto...

Del resto che fine ha fatto Abele?