venerdì 20 dicembre 2019

Such a shame

Non parlo (quasi) più di politica, data l'impotenza della politica o della potenza politica riservata ai pochi eletti che ne usufruiscono per i propri cazzi, non certo per quelli di coloro che li hanno eletti. O dello scoramento istituzionale, ché l'Istituzione è un trucco per la società inesistente, bandiera dopo bandiera, inno dopo inno, martire dopo martire, che solo la demenza nazionalista fan convenire al riguardo, al rispetto, alla difesa a oltranza - ma re, burocrati di corte, buffoni e popolo sono nudi, anzi peggio: invisibili.

Nella invisibile visibilità delle vite superiori, conteggiabili e nominabili, ché esse ci tengono a essere nominate come quelle degli dèi ulteriori, ma non troppo avvicinabili, per questo sempre ben protette, sia perché lontane dai circuiti delle vite minime dei faticanti, sia perché contornate da un'alta schiera di servitori ben remunerati e fedeli e mai che muoiano male, i semidèi, salvo qualche caso che opportunamente muore perché occorre, ogni tanto, riempire il vuoto dietro l'altare con un nuovo culto.


Ma che cosa sto dicendo?

Come l'oracolo di Delfi, non dico, ma accenno.

A cenni.
A sentenze.
Frasi scomposte e paragrafi inutili.

[...]

Fate finta che il post inizi ora. In fondo sì, è così: quella roba scritta sopra è stata scritta ieri notte mentre le palpebre calavano e io facevo stare due o tre neuroni a galla con le dita a battere sulla tastiera. 

Sono implicito, Fiona, perché non ho voglia di spiegare niente, non avendo niente da divulgare. Da me non dovete pendere. Qui vedete appendere soltanto i miei panni, giacché

rivesto quello che vuoi
son l'attaccapanni

Ed ecco, acchiappo un ricordo e, appunto, lo appendo.

Quando uscì Don Giovanni di Lucio Battisti, ero poco più d'un ragazzino che andava in discoteca e, mi ricordo, dj Schubert (all'epoca i dj assumevano nomi d'arte di riguardo), tenne per un lungo periodo in scaletta la canzone omonima. Nel buio della sala, dopo tanta musica disco, si creava un effetto mistico: tutti si ricomponevano e ascoltavano in quasi religioso silenzio il pezzo. E mentre il fumo delle sigarette si mescolava a quello colorato delle macchine, nel piano rotondo rialzato della sala prendeva posto, come una star, Franca, il gay nostrano fan di Malgioglio (gli assomigliava, solo era più basso e tracagnotto), che si metteva a danzare, come una farfalla, l'aria di Don Giovanni, con delle pose e un modo tutto suo di rendere omaggio alla canzone di Battisti. Non volava un fischio, tutti lo guardavamo ammirato e nessuno osava sbertucciare quello che, in altro contesto, sarebbe sembrata immediatamente una macchietta. Ma non era così: in lui si rifletteva il testo della canzone e le note ad alto volume erano ulteriormente amplificate dal suo corpo. Fino allo struggimento finale del sinceramente non tuo... che, durante l'eco, gli rigava di lacrime gli zigomi coperti di cerone.

L'epilogo della canzone consentiva poi a Franca di scendere, nobilmente, ed eclissarsi, nel compito di pr, mentre Schubert ci mixava sopra Such a shame.

Che vergogna, tenere un blog, che vergogna, credere nella fuga.