martedì 12 gennaio 2021

Lungo una strada ferrata

Camminavo lungo una strada ferrata, sui legni
per evitare i sassi spigolosi della massicciata,
che non c'è suola che non te li facciano sentire
tutti gli spigoli sotto la pianta dei piedi, quando
un treno merci diretto chissà dove decise
di rispettare l'orario di marcia, con un fischio
lontano per anticipare la sua presenza, 
la sua precedenza - e io balzai sulla scarpata
ferroviaria, tra i fiori e l'erba che divennero tristi
e doloranti perché, ricoperti di brina, si frantumarono
come cristalli sotto stivali nazifascisti.
Per fortuna avevo delle morbide Hoka, così 
provocai il minor dolore possibile alle creature
in letargo, in attesa di essere cantate
da giovani che si prendono ancora la briga
di ricordare canzoni quasi perfette come
Autogrill. E cioè - mi si conceda la digressione - 
perché se una stronza, che incidentalmente
occupa una carica pubblica, canta una canzone
fascista tutti si fanno grammofoni, mentre se
un disoccupato provasse a cantare, ad esempio,
vecchia piccola borghesia in piazza Signoria
nessuno se lo inculerebbe? Perché, dopo, ai giornali
occorrerebbe aprire un dibattito sulle classi sociali 
per spiegare perché esse esistono senza più essere 
di scandalo a niuno?

Bravi, sono tempi tristi. E i governi più intristiti
e brutti ancora. Legislature che sembrano infinite,
come le pandemie, perché per il contagio 
della rappresentatività ancora non è stato scoperto
un vaccino.

Dicevo: camminavo lungo una strada ferrata
perché mi ero perso e non sapevo
come raggiungere la civiltà. Un treno merci,
sfrecciando a un dipresso, mi rammentò
quale sia la forma elementare della società
capitalistica da cui occorre ripartire 
per dipanare la matassa della contraddizione
tra valore d'uso e valore di scambio
che ci rende tutti One One.

[...]

1 commento:

Olympe de Gouges ha detto...

Ottimo, più sciolto, meno legato agli schemi