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giovedì 27 aprile 2017

Sezione intrattenimento


Non capisco ancora per quanto tempo ad Alberto Negri [*] sarà concesso di scrivere articoli per il Sole 24 Ore, ammesso e non concesso che dentro Confindustria non via alcuna azienda produttrice di armi. Vabbè, tanto se ne fregano, tanto ce ne freghiamo, sono sempre posti di lavoro, nevvero, che tornano comodo, sono sempre soldi che tengono a galla il pil. E poi, se non gliele vendessimo noi a certa gente si farebbe avanti qualcun altro. E allora: evviva la tecnologia e l'export italiani.

[*] Bellissima la citazione riportata di Frank Zappa per definire la politica americana.

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Per restare in tema armi: se non ricordo male, i Tomahawk lanciati dalla portaerei americana contro la Siria (alcune basi aeree) sono costati 100 milioni. Io quasi quasi, in virtù della “grande amicizia” che lega i due popoli, glielo chiederei a Trump di risolvere la faccenda Alitalia. per farla restare definitivamente a terra - e senza telefonare ai dirigenti (capitani coraggiosi merdosi in primis).

martedì 2 agosto 2016

Stati bipolari

«I conoscenti dei terroristi si dicono sempre stupiti: “Non capiamo, era una persona gentile (o un piccolo delinquente), non era un musulmano praticante, beveva, fumava spinelli e frequentava le ragazze. Poi è cambiato, si è lasciato crescere la barba e ha cominciato a parlare di religione”.» Olivier Roy.


«Non è neppure un buon segnale per il generale Khalifa Haftar, che voleva diventare il liberatore dal Califfato per proporsi come l’unico pretendente al potere. Non lo è nemmeno per i suoi alleati, il generale egiziano Al Sisi e la Francia, che qualche giorno fa ha dovuto ammettere la perdita di alcuni uomini delle forze speciali caduti al fianco delle truppe di Haftar. L’Egitto non ha mai rinunciato alle mire in Cirenaica e ad avere il controllo della frontiera orientale, la Francia vede nella Libia una cassaforte energetica e un Paese chiave per estendere la sua influenza sotto il Sahel.
I bombardamenti coincidono con una fase di imbarazzo per le operazioni della Francia in Libia. Il sostegno al controverso generale Haftar, nemico numero uno di Tripoli, ha reso evidente la politica del “doppio binario” intrapresa da Parigi nell’ex colonia italiana: una guerra neppure troppo sotterranea condotta con un nemico dei jihadisti ma anche fiero avversario del governo della Tripolitania, in netto contrasto con il riconoscimento di Parigi dell’autorità del governo di unità nazionale.» Alberto Negri



Perché ci stupisce - e atterrisce  il comportamento bipolare, maniacale depressivo del singolo individuo e, per contro, ci lascia completamente indifferenti, intorpiditi, amorfi, il comportamento a «doppio-binario» di uno Stato bipolare? Perché se giustamente siamo disposti a scendere in piazza e a entrare nelle chiese contro il terrorismo di pochi individui disturbati, non siamo disposti a scendere in piazza, a entrare nei parlamenti contro la politica neolocoloniale che i governanti (rappresentanti della cosiddetta volontà popolare, ricordiamolo) di uno Stato compiono? 

giovedì 21 luglio 2016

Timore e tremore

...che poi sia la popolazione a essere spaventata non è che importi molto, anzi, forse è meglio che sia spaventato il popolo, quell'entità che viene chiamata ogni arco temporale a esprimersi su chi debba rappresentare la sua sovranità. Così, nelle condizioni di timore e tremore, il popolo sceglierà di conseguenza, avrà una ulteriore motivazione (tra le tante in meno) che lo spingeranno a votare quelli che poi saranno davvero protetti, coloro che - possa essere smentito - ancora manco uno dall'11 settembre in poi è stato sfiorato di striscio da una scheggia islamista - sia chiaro: stronzi fottuti e vigliacchi sono e restano ’sti terroristi islamici, non voglio assolutamente dar credito ad alcuna ipotesi complottista: voglio semplicemente ricordare a coloro che notano somiglianze tra il presente terrorismo islamico e quello brigatista, che niente di più stolto e tendenzioso v'è nel farlo, perché i brigatisti non seminavano terrore nel popolo, bensì nella politica, nel padronato, nel sindacato, nei vari apparati di potere (non è una giustificazione delle loro terribili esecuzioni e gambizzazioni): i brigatisti avevano insomma determinati obiettivi dettati da una precisa strategia politica che era quella di persuadere le masse a fare rivoluzione insieme a loro, casomai, più appropriato sarebbe il parallelo tra il terrorismo odierno e quello stragista di piazza Fontana, di piazza della Loggia, dell'Italicus, della Stazione di Bologna...

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A volte ho imbarazzo a pubblicare i miei vaniloqui. Basta poco per farlo passare.

domenica 3 luglio 2016

Colti molti

Dall'editoriale odierno di Alberto Negri, uno dei migliori analisti delle vicende mediorientali, estraggo:
«Adesso bisognerà vedere come questa strage inciderà sul boom bengalese. In pochi anni il giro d’affari del tessile bengalese è passato da 4,8 a 20 miliardi di dollari, un settore che impegna cinque milioni di persone e rappresenta l’80% delle esportazioni. Dopo la Cina, dicono le statistiche, il Bangladesh è il maggiore produttore di abiti pronti del mondo.
Ma questo campione del prêt-à-porter da almeno un triennio ha cominciato una lenta deriva verso l’islamismo, un’avanzata del radicalismo favorita dall'estrema povertà di una grande parte della popolazione che sopravvive con salari irrisori e un reddito medio pro capite annuo inferiore ai duemila dollari.
Eppure la moda a bassissimo prezzo era diventata il motore di uno sviluppo nazionale che marcia oltre il 6-7% l’anno di aumento del Pil. Il denaro facile del tessile da esportazione ha fatto nascere una nuova élite occidentalizzata che viaggia in Suv, gioca a golf e manda i suoi figli a studiare negli Stati Uniti o a Londra, dove vive una parte della dinastia al potere e un brillante deputato del Labour Tulip Sidiqi nipote del primo ministro, la signora Sheikh Hasina, una sorta di Benazir Buttho alla bengalese: il padre fu assassinato nel 1975 e le tra tante vicende alterne, alcune per corruzione, è andata al governo tre volte, l’ultima sette anni fa. In Parlamento siedono 300 deputati, ufficialmente una trentina possiedono fabbriche tessili ma sono in realtà sono molti di più perché diversi politici si servono di un prestanome. A diventare floridi non sono stati soltanto i produttori ma anche gli intermediari delle centinaia di “Case d’acquisto” che combinano gli affari tra i locali e gli stranieri.»
Leggendo ciò, avrei scommesso che i terroristi islamici, responsabili dell'eccidio di Dacca, provenissero da quella parte di popolazione più povera e disagiata, alla classe del proletariato per intenderci e, invece, come ha dichiarato il viceministro degli esteri bengalese,
«Gli autori non vengono dall'Iraq o dalla Siria, sono giovani bengalesi, molti dei quali colti, con buone prospettive ed appartenenti alla classe media del Paese».
Ora, per aggiungere un ulteriore elemento di analisi fenomenologica del terrorismo di matrice islamista, sarebbe bene fosse specificato quanti dei molti componenti del commando (erano sette, sei uccisi dalla polizia e uno catturato) erano davvero appartenenti a famiglie facoltose, perché si potrebbero azzardare delle analogie tra i figli di papà di un tempo che diventavano, soi-disant, marxisti-leninisti-maoisti-castristi e quelli di oggi che, agendo in un contesto sociale non secolarizzato dove si conosce (e forse si legge) un unico libro, inneggiano alla jihad. 

venerdì 20 maggio 2016

Triangolo alla francese

«Perché gli egiziani accreditano, senza alcuna certezza, l’ipotesi dell’attentato? Per il generale Abdel Fattah al Sisi è una buona occasione per dimostrare che le falle della sicurezza egiziana sono pari almeno a quelle dell’aeroporto di Parigi. Le disgrazie degli altri giustificano le proprie inettitudini: questi sono i tempi che corrono nei rapporti anche tra Paesi alleati. Ricordiamo che la Francia ha venduto al generale 5 miliardi di euro di caccia Rafale, pagati dai sauditi, e recentemente il presidente francese Hollande è stato al Cairo per firmare contratti sopra il miliardo«. Alberto Negri



giovedì 31 marzo 2016

Segnalazioni notturne

Prima di tutto un articolo di Alberto Negri. Splendido l'incipit: 
«Gli occidentali sembrano specialisti nell'arte della guerra stupida».

Poi un editoriale di Evgeny Morozov su The Guardian (che immagino, come consuetudine, sarà presto tradotto e pubblicato anche in Italia):
«The grim reality of contemporary politics is not that it’s impossible to imagine how capitalism will end [...] but that it’s becoming equally impossible to imagine how it could possibly continue, at least, not in its ideal form, tied, however weakly, to the democratic “polis”. The only solution that seems plausible is by having our political leaders transfer even more responsibility for problem-solving, from matters of welfare to matters of warfare, to Silicon Valley.»
«From matters of welfare to matters of warfare». 

Alcuni finalmente cominciano ad accorgersi che qualcosa non va nel capitalismo transatlantico democratico.

Le «tendenze necessarie ed esplosive» non possono essere sotterrate e zitti tutti perché prima o poi riemergono come lava dal fondo dei vulcani.

E a proposito del crimine geriatrico giapponese: di rimbalzo ho letto che, in Italia, a coloro i quali evaderanno l'imposta del Canone Rai sarà comminato il carcere: almeno in carcere potranno vedere la televisione gratis.

(È vero che il carcere in Italia non è come quello in Giappone o in Norvegia: tuttavia, da un punto di vista sanzionatorio, che cosa c'è di più stupido che minacciare la prigione per reati di simile entità amministrativa? Possibile che i legislatori non riescano a immaginare - e se non ci riescono, si facciano aiutare bandendo un concorso apposito nelle scuole primarie e secondarie di primo grado del Paese - pene più intelligenti?)

mercoledì 16 marzo 2016

Such a lovely place

Non so dire a che punto siano le trattative per il TTIP, spero arenate (spero), per vari motivi, uno fra tutti: non fidarsi degli Stati Uniti d'America, di chi li conduce, chiaramente, e la dimostrazione più ovvia non può che essere la seguente, offerta in principio di un articolo di uno dei migliori analisti nostrani sulle vicende vicino e medio orientali, Alberto Negri:
«Il ritiro di Putin nel giorno fatale delle Idi di Marzo, a cinque anni dall’inizio della rivolta di Damasco e cinque mesi dopo l’intervento di Mosca, è una sorta di monito: la Siria è una guerra che nessuno può vincere e che tutti possono perdere, anche la Russia. Non ha bisogno neppure di essere troppo articolato e convincente. La guerra americana all’Iraq nel 2003, con le sue catastrofiche conseguenze, è lì a dimostrarlo: iniziata come un conflitto contro il regime di Saddam Hussein si è allargata a tutto il Medio Oriente e saldandosi con quella siriana, dopo la caduta dei raìs nel 2011, è arrivata in Europa con il terrorismo jihadista e i profughi.»
Di fronte a questo dato di fatto inoppugnabile, lacrime di quella merdina di Tony Blair e latrati ottusi della cricca fogliante a parte, i guerrafondai americani dovrebbero ripagare i debiti di guerra se esistesse un obiettivo (ed efficace) Tribunale Internazionale dei crimini contro l'umanità. Perché la guerra in Iraq è stata un crimine contro l'umanità, ci vuole poco a dimostrarlo, «catastrofiche conseguenze» comprese.

Non si può prevedere il futuro, ma si deve giudicare il passato. E il recente passato vede inequivocabilmente gli USA come principali responsabili delle guerre sparse in giro per il pianeta. 
Dunque, altro che TTIP: le sanzioni ci vorrebbero... prugne californiane a parte.