lunedì 13 febbraio 2012

Citare nell'ordine: la scuola

«L’idée que la pornographie serait devenue la forme essentielle de socialisation des jeunes à la sexualité ne résiste pas à l’épreuve des faits, confirme Michel Bozon. Interrogées par exemple sur «les moyens par lesquels elles s’étaient procuré leurs toutes premières informations sur les moyens d’éviter d’avoir des enfants» les jeunes femmes (18-24 ans) citent dans l’ordre l’école, la télévision et leur mère, et les hommes, l’école, la télévision et leurs copains. Le rôle de l’école s’accroît. Celui de la mère se maintient, voire se renforce parmi les femmes. Chez les garçons en revanche, les pairs continuent à jouer un rôle spécifique.» Agnès Giard
Sarà così anche in Italia? Forse sì, solo un po' meno? Speriamo.
In generale, comunque, questa è una buona notizia. Purtroppo, maledettamente, ogni tanto accadono certi episodi. Tuttavia, piano piano, a poco a poco, la specie umana - soprattutto la parte occidentale secolarizzata e non costretta dentro costumi religiosi - sembrerebbe avviata a vivere una sessualità più consapevole e matura, tranquilla e meno repressa rispetto a quanto accadeva in passato.
Insomma, gradualmente, il sesso può diventare come la scienza:
«Science is like sex: sometimes something useful comes out, but that is not the reason we are doing it.»  Richard Feynman

La Kate tra sacro e profano


Signora tra sacro e profano
fa' correre presto una mano
una mano sul viso sul labbro
una mano che batte da fabbro
sul ferro di carne di donna
che trasforma se stessa in madonna
o in puttana - a seconda
che allarghi le gambe o le stringa:
nostra droga senza siringa.

Signora tra profano e sacro
la bellezza è un simulacro
che camuffa meglio le ossa
del nostro destino di fossa
e il profumo e il velluto di pelle
che spremi che filtri che bevi
è attimo di luce di stelle
che offri ai tuoi servi fedeli
che ti pregano in piedi.

domenica 12 febbraio 2012

La toilette del popolo

Per andare dietro al popolo del web che ora, arcigaygiustamente, lancia strali contro quest'uomo
mi viene in mente un detto/filastrocca popolare, molto in uso dalle mie parti almeno, specie quando nevica:
fiorin fiorello
se piscio nella neve
ci fo un buco
Ecco, se uno, per caso, per sbaglio, per accidente, pisciasse in una scarpa a Giovanardi, diventerebbe automaticamente gay?

Un fiume amaro

Là dove tende ogni nostro partire
Siamo tornati: a Quel-che-è-desolato;
Una brancata di terra in un cavo
Di mani vuoto.

Giorgos Seferis, 1936*

«Mussolini e Hitler non ci sono ancora per il semplice motivo che non è più necessario, o non lo è ancora, ricorrere a quelle forme truci di totalitarismo. Non servono le folle nelle piazze quando bastano strumenti potenti e intossicanti per occultare un genocidio, oppure un trasferimento di fondi per decidere la politica sociale ed economica di un paese. Il nuovo fascismo è già tra noi, è nel dispotismo mondiale dell’economia. Le consorterie politiche sovrannazionali e locali, con la loro politica di tagli e di forte pressione sul lavoro, ne rappresentano l’istanza.»

Nello stesso momento in cui pensavo agli avvenimenti che accadono ora in Grecia, che frugavo tra i classici e i moderni alla ricerca di parole per dire che no, non possono tornare i colonnelli, ecco che Olympe, pochi minuti fa, pubblica quanto sopra riportato tra virgolette.
Ma ammettiamo per assurdo che la folla riesca a sfondare la cintura di sicurezza del Parlamento greco; ammettiamo poi, ancora più assurdamente, che la manovalanza poliziesca si schieri dalla parte degli oppositori... Ah, ma anche Atene ha il suo daffare coi black bloc e dunque non potrà accadere - come non detto.
Comunque sia, il fatto stesso che difficilmente torneranno i colonnelli, è già di per sé un progresso. Un fascismo morbido, senza olio di ricino, senza manganellate e prigione ingiustificate, e nessuna musica proibita.


*Versione di Guido Ceronetti, Come un talismano, Adelphi, Milano 1986

Meno pelo per tutti

Non so se stamani qualcuno di voi ha fatto caso alla pagina pubblicitaria di Yamamay, nota azienda  produttrice di intimo maschile e femminile, che reclamizza la collezione intimo San Valentino 2012.
Nove foto di coppie all'apparenza innamorate che si concedono effusioni e gentilezze, carezze e coccole. Chiaramente lo standard dei modelli, sia maschile che femminile, è: persone giovani e belle nel loro massimo splendore e fighezza. Ma non è su questo che vorrei concentrare la mia attenzione, quanto sul fatto che, tra le nove coppie in calore, ce ne sono due omosessuali, per la nota e meritata tendenza al politically correct. Eccole qua:

A sinistra  una coppia di donne omosessuali; a destra, invece, due uomini omosessuali.
Ora, io sono contento che l'omofobia venga altresì contrastata mediante il linguaggio pubblicitario. 
Sono, però, meno contento del fatto che se per rappresentare l'omosessualità femminile si mostri il volto delicato di due fanciulle in pigiama*, dove una sfiora con un bacio a bocca chiusa lo zigomo dell'altra; per rappresentare l'omosessualità maschile, si mostrino, invece, le terga, coi culi mutandati in primo piano, come a significarmi che, necessariamente, l'omosessualità maschile passa soprattutto da lì. D'accordo, passa anche da lì, ma non solo, dacché credo che due maschi omosessuali innamorati si sfiorino anche gli zigomi come le due fanciulle, così come le due fanciulle apprezzino non solo gli zigomi ma anche altre parti anatomiche.
Qualcuno dirà che trovo troppi peli nell'uovo** e che l'importante è, invece, sia sdoganato l'amore omosessuale. Vero, è che - converrete - non si sembra garbato mostrare troppi peli dell'uomo, peculiarmente quelli vicini alle mutande.

*Da notare il cuore sulla maglia del pigiama di colei che bacia, in posizione tetta sinistra - posizione del cuore.
**È un uovo al tegamino quello delle mutande quadrettate rosse, vero?

sabato 11 febbraio 2012

La rivelazione del Prossimo


«Se infatti è vero che tutti gli uomini sono fratelli per la loro comune origine, ciò implica soltanto un allargamento all'intero globo del campo d'azione dei litigi familiari. La sola fraternità reale, la sola creativa e durevole, sarebbe quella capace di definire un nuovo fine comune. E solo a ciò mirano tutte le nostre piccole recriminazioni. Ed è ciò che le legittima ben al di là del loro significato, in modo affatto diverso da quello che noi immaginiamo. L'irritazione cronica che io provo al solo contatto con la “gente” che mi circonda, è un'inconsapevole protesta contro la vita disgregata nella quale ci troviamo. E non si tratta certo di soffocare questa protesta, ma al contrario di portarla fino in fondo. Bisogna prenderla talmente sul serio, nutrirla con tali aspettative, con un senso critico tanto inflessibile, da renderla realmente insostenibile, e per nulla al mondo placabile – neanche mediante le necessarie rivoluzioni – se non nell'alveo del fine ultimo che ci indica e invoca. Tutte le nostalgie dell'Europa, tutti i falsi acquietamenti ch'essa offre loro, per poi dolersene subito dopo, tutta la miseria dei milioni di isolati che formano le nostre folle e salutano i dittatori, tutto ciò non è altro che una preghiera inconsapevole: venga la Chiesa universale – la rivelazione del Prossimo.»

Denis de Rougemont, Diario di un intellettuale disoccupato, Fazi, Roma 1997, pag. 163 (Journal d'un intellectuelle en chômage, 1937, traduzione di Manuela Maddamma).

Dopo aver accontentato i mercati (il capitale), i governanti democraticamente eletti* d'Europa si ritireranno nei loro chalet o relais o dove gli parrà più comodo. Saranno comunque ricompensati per il lavoro svolto. I mercati potranno così comprare i buoni del tesoro di quei paesi che, attraverso rigorose politiche di bilancio, garantiranno loro di rivedere indietro i soldi investiti a scadenza dei termini. I mercati hanno paura del default (insolvenza).
Domanda assurda: i possessori di quei soldi gestiti dai mercati – quella ristretta cerchia di novelli re-mida – non avrebbero altro modo per spendere quei soldi che investirli come dicono i mercati?
Domanda più assurda: se un giorno, prima o poi, tutte le nazioni diventassero Grecia, dove diamine investirebbero i loro soldi i mercati? Ovverosia: dove finirebbe tutta quella gran messe di capitale?
Faccio un esempio: se il multimilionario XY decidesse di spendere concretamente tutti i suoi soldi non saprebbe da che parte cominciare, un po' come se si ordinasse a qualcuno di bere tutta l'acqua del mare. Un individuo, chiunque esso sia, è un essere finito che può soddisfare soltanto un numero finito di bisogni e desideri.

Secondo me la soluzione più razionale sarebbe che coloro che non partecipano al banchetto del capitale cominciassero ad azzannare i possessori dello stesso, un po' come i cani abbandonati là fuori nella tormenta hanno iniziato a mordere il primo che passa. Obiezione: ci sono troppi guardiani in tuta antisommossa che proteggono i protettori di coloro che sono a palle a mollo alle Maldive o alle Vergini.
Non so perché ma mi viene in mente Cecità di Saramago. Fuori è buio e devo camminare un due-trecento metri nella neve per andare a cena fuori.

*O che, comunque, hanno ottenuto una maggioranza parlamentare.

Chi non Apple mangia le pere

Adesso la Apple è presa di mira per le condizioni di lavoro degli operai cinesi che producono le loro macchine informatiche. Cambierà qualcosa per tali lavoratori? Ne dubito.

Non metto in dubbio la qualità produttiva della Apple. A parte il periodo in cui Jobs fu allontanato, tale azienda ha sempre prodotto ottime macchine, ottima miscela di processore e sistema operativo “intrigante”. Ma finché ad avere il Mac era una trascurabile minoranza di utenti che cercava qualcosa di meglio del monopolista per eccellenza, Microsoft, allora nessuno prestava attenzione a come e da chi venivano prodotte le sue macchine.
Poi vennero l'iPod, l'iPhone, l'iPad e il successo fu planetario. 
Chi protesta contro la Apple, però, per avere più chances di far cambiare idea ai supermanager che la conducono con piglio e creatività, non deve limitarsi a chiedere un «iPhone più solidale». No.
Deve semplicemente diffondere questa notizia: esiste Linux, esiste un mondo dove il software è libero e gratuito, molteplice e variegato e - soprattutto - facile da usare.
Vuoi un pc (desktop o notebook che sia)? Vuoi un cellulare? Vuoi un tablet?
Beh, li puoi avere senza comprare software proprietario e così vai in culo a quelli della Apple (e della Microsoft). 
Sapete cosa sto facendo mentre sto scrivendo questo post? Sto scaricando gratuitamente e legalmente l'immagine ISO di un sistema operativo Linux, una distribuzione che non conoscevo, di origine francese, che parodizza la magica mela.
Si chiama Pear OS. Dategli un morso anche voi.

Qui un video in italiano della distro precedente.

Sibelius

Stasera vado a letto con il vento che ha voglia di colloquiare, ma io ho sonno e glielo dico. 
Lui insiste ed entra senza permesso dal tubo del camino.
La fiamma della stufa borbotta e provoca un film di ombre sulla parete crema.
Vinceranno l'oscar da attori non protagonisti.

venerdì 10 febbraio 2012

Fra le gambe di lei

...questo tipo particolare di "follia" (maschile, sono contenta che concordi con me) da dove trae origine? chi/cosa la scatena? E' una "malattia" o qualcosa che ha origine in un determinato sistema sociale/economico/politico?
Ci sono domande che, se uno le prende di buzzo buono, dovrebbe scriverci un trattato per tentare di abbozzare una risposta. Per poi fare come Wittgenstein: scriverne un altro che smentisce il primo.
Siccome io non sono un accademico e non ho alcuna pretesa “scientifica”; siccome qui - almeno qui, e fino a un certo punto - sono “sovrano”, provo non a rispondere a quanto V. - in un commento a calce di questo mio post - mi ha chiesto, ma a raccontare qualcosa.
Un tempo fui lasciato. E fui lasciato in un momento in cui ancora amavo. Quindi, potete capire lo strappo, la lacerazione. Poi passa, eccome se passa (restano cicatrici, ma vabbè, si campa lo stesso, anche bene per aver vissuto qualcosa che ti cambia la vita, qualcosa che poi puoi raccontare e se la puoi raccontare, ancor più pubblicamente, vuol dire che si è guariti. E cambiati). 
Ma a qualcuno non passa. Qualcuno vive la separazione come un dramma. E i soggetti, ai quali la ferita non rimargina, diventano pericolosi. Soprattutto, quasi esclusivamente direi, i maschi.
E provo a spiegare perché senza alcuna pretesa di dare una risposta definitiva.
Non so se avete visto Rouge di Kieslowski.
Qualcuno ricorda la storia? Qualcuno ricorda il giovane avvocato - che poi diventerà giudice - fidanzato (con una bionda), il quale all'improvviso viene da lei “mollato” per un altro senza alcuna giustificazione apparente? Qualcuno ricorda come lui, una sera, come un pazzo, la cerchi in ognidove - visto che lei non si fa più sentire? Qualcuno rivede nella sua memoria il momento in cui lui sale sul cornicione della di lei abitazione, raggiunge la finestra della sua camera e la vede mentre scopa appassionatamente con il nuovo amante? Qualcuno ricorda la faccia del protagonista in quel preciso momento?
Quella faccia - che poi si ritrova in tanta letteratura e tanto altro cinema - è la rappresentazione dell'uomo che scopre l'orrore del tradimento. 
Fortunatamente, la maggior parte delle volte accade che noi uomini ci chiudiamo in camera ed elaboriamo il dolore in maniera non cruenta. Magari scriviamo poesie - ma questo è un altro discorso.
Il dramma, l'orrore è che alcuni di noi diventano violenti, cominciano a picchiare, percuotere, taluni anche ad uccidere. E questo perché, forse, nella nostra limitatissima psicologia maschile, il vedere la “nostra” donna penetrata da un altro uomo, è qualcosa che scatena il nostro lato belluino, la ferocia, la rabbia, quella specie di cazzo di orgoglio che si sente umiliato, come se la “nostra” donna fosse davvero nostra, come se fosse nostra terra, proprietà privata, esclusiva, luogo sacro adatto alla semina, alla nostra semina. Forse è questo il movente che porta l'uomo a uccidere la donna, quella brutta puttana che si è fatta insozzare da un altro.
Donde nasce questa mentalità? Nature & Nurture. Geni e ambiente. 
Se per certe dinamiche, riguardo ai geni, ancora abbiamo poco potere d'intervento, riguardo all'ambiente, all'educazione, qualcosa in più potremmo fare. A cominciare dai rapporti familiari, fino a un principio di educazione sessuale più attiva e migliore a livello scolastico. Da un punto di vista mediatico, soprattutto per quanto concerne il settore modaiolo (musica, cinema, televisione, passerelle), mi par di notare una certa oggettificazione dell'uomo di pari grado a quella invalsa femminile. E un graduale aumento di donne forti che fottono anziché farsi fottere. Ma è solo un'impressione, la mia. Di certo è che ancora ne abbiamo di strada da percorrere noi umani, per arrivare ad acquisire una perfetta parità tra i sessi: parità di pretese, aspettative, ruoli. 
Forse, per essere perfetti, dovremmo trasformarci in transessuali? Quanto costa rifarsi le tette? Tette biologiche, beninteso, mica quelle al silicone cancerogeno.

La riconquista dell'America

Domani, a New York, per misurare il nuovo corso dell'Italia e mettere alla prova l'aplomb di Mario, the Professor, gli americani hanno previsto d'ignudare Miss Liberty. Con Berlusconi non potevano, giacché erano sicuri che avrebbe affittato un elicottero.

A parte.
Leggo, dal Corsera online
Ricordate con Berlusconi Obama cosa diceva? «Italia a ...»?

giovedì 9 febbraio 2012

Una pubblicità da cospiratore

Ho comprato un libro su Amazon.
Ho comprato un libro su Amazon di un'amica che ho su facebook.
Questa amica, Daniela Ranieri, che non è un'amica, ma una - come si può dire? - conoscente, simpatizzante reciprocamente, motteggiante? Sì, motteggiante, nel senso che (nel senso che? quando uno comincia a dire «nel senso che» di solito non ha molto da dire) ogni tanto leggo un suo status che m'ispira un commento - e magari a lei piace, e lei clicca su "mi piace" e io vedo che le è piaciuto, così uno capisce che ha delle affinità di spirito, affinità elettive, magari anche perché, da quel pochissimo che posso conoscere di lei, ella mi sembra una donna molto in gamba, e allora?
Allora ho comprato un suo libro. Il suo primo romanzo.
Ho scoperto che ha scritto un libro perché sono suo follower anche su Twitter e su Friendfeed (non ci vado mai su questi ultimi due socialnetwork, solo una volta ogni spuntar di luna e quando spuntò l'ultima volta vidi che lei aveva messo la copertina del suo libro e lì per lì pensavo fosse uno scherzo).
Ma insomma, ho visto il libro e soprattutto il titolo. Ho comprato il libro perché, oltre ad averlo scritto una persona che mi sembra di conoscere (anche se la conosco, e poco, solo “virtualmente”) - ho comprato il libro, dicevo, perché ha un bellissimo titolo, un titolo che subito mi ha attratto: Tutto cospira a tacere di noi.
E siccome io, quando sento, vedo, leggo di prime persone personali, singolari o plurali, subito mi identifico (sono un pessimo lettore), allora ho detto, massì, lo compro. E l'ho comprato appena uscito, il 26 gennaio scorso.
Soltanto è arrivato dopo più di dieci giorni (cosa insolita per Amazon: mi hanno scritto: “causa neve”) 
Ho letto le prime pagine. Sono un po' "faticose" ma in senso buono (credo), ovvero meritano una rilettura; cioè, non consentono di entrare subito nell'autostrada narrativa, ma sono come quelle vie traverse che uno percorre un po' a caso prima di trovare la tangenziale che ti porta, appunto, al casello del plot.
Ah, io non scrivo recensioni, affatto. Non sono capace e non mi piace. Impressioni sì, se il libro me ne darà.
Intanto colgo questo brano, così per chiudere questo post senza capo né coda.
«Io non mi ricordo niente della mia vita finora. E non perché favorisca un sentimento rivolto alle destinazioni piuttosto che alle origini, alle vocazioni invece che alle sorti, cioè non sono di quelli che preferiscono il futuro al passato, no. Nella moltitudine variopinta della merda di tutta un'esistenza umana, io scelgo di isolare alcuni blocchi, alcune striature, e porgerle agli occhi e al naso di chi sa intendere. A volte il tempo produce dei mutamenti, ma io non sono come voi, che vi accorgete degli effetti solo dopo che si sono verificati. Io sono in grado di misurare il cambiamento mentre si produce, lo sento liberare la sua puzza organica intanto che si evolve nel brodo del presente. Per me il divenire non possiede nessun candore, è solo uno stucchevole avanzare della degenerazione di tutte le cose»
Daniela Ranieri, Tutto cospira a tacere di noi, Ponte alle Grazie, Milano 2012


Carne da impastare


È la prima volta che vedo questo ritratto.
È la prima volta che vedo un ritratto di un pittore famoso da poco scomparso, con la modella ancora viva che siede davanti.
Impressioni: quanta “carne”, carne che precipita, che esce fuori dal quadro, che sembra rotolare. 
Guardate come la mano sinistra si aggrappa al canapé, altrimenti la modella davvero cadrebbe addosso allo spettatore. Guardate poi come la mano destra contiene una poppa, anch'essa a rischio strabordio. 
È un quadro bellissimo. Viene voglia di essere fornai.

mercoledì 8 febbraio 2012

Bonifico XVI

*
Così, solo per segnalare* - casomai non si fosse capito - quanto bene vogliono all'Italia quelli d'Oltretevere.
Che cari che sono. Che zozzoni.
Domanda: per la Germania il Vaticano non è extracomunitario in quanto guidato da un cittadino di nazionalità tedesca?
Considerazione assolutoria: il denaro, per molti cristiani, è lo sterco del diavolo. Il Vaticano porta i soldi in Germania per il bene dell'Italia, così come i tedeschi portavano i rifiuti tossici in Italia (Campania, via Camorra) per il bene della Germania. Tout se tient.

*(via Astime.)

Due bambine a terra

Ieri l'altro sera, a Palermo, un uomo (che incidentalmente era un carabiniere, quindi munito di pistola) ha sparato a una donna (la moglie, dalla quale era separato) uccidendola e, poi, si è sparato anche per sé, suicidandosi. Tutto questo davanti alle figlie di dodici e cinque anni. È stata addirittura la più grande che ha chiamato i soccorsi. Successivamente, le bambine sono state portate via dall'appartamento da delle psicologhe.

Riavvolgiamo il nastro della vita (bella espressione gouldiana). Pensiamo ai nostri dodici o ai nostri cinque anni. Immedesimiamoci, per un istante, nell'accaduto. Che nostro padre, cioè, avesse sparato a nostra madre, togliendosi, dipoi, la vita. Davanti a noi.

Mi viene in mente questo brano di David Foster Wallace (Infinite Jest, Einaudi, Torino 2006, traduzione di E. Nesi), che Melusina ha richiamato qui.
La persona che ha una così detta "depressione psicotica" e cerca di uccidersi non lo fa "per sfiducia" o per qualche altra convinzione astratta che il dare e avere nella vita non sono in pari. E sicuramente non lo fa perché improvvisamente la morte comincia a sembrarle attraente. La persona in cui l'invisibile agonia della Cosa raggiunge un livello insopportabile si ucciderà proprio come una persona intrappolata si butterà da un palazzo in fiamme. Non vi sbagliate sulle persone che si buttano dalle finestre in fiamme. Il loro terrore di cadere da una grande altezza è lo stesso che proveremmo voi o io se ci trovassimo davanti alla finestra per dare un'occhiata al paesaggio; cioè la paura di cadere rimane una costante. Qui la variabile è l'altro terrore, le fiamme del fuoco: quando le fiamme sono vicine, morire per una caduta diventa il meno terribile dei due terrori. Non è il desiderio di buttarsi; è il terrore delle fiamme. Eppure nessuno di quelli in strada che guardano in su e urlano "No!" e "Aspetta!" riesce a capire il salto. Dovresti essere stato intrappolato anche tu e aver sentito le fiamme per capire davvero un terrore molto peggiore di quello della caduta.
È vero: coloro che sono a terra, fuori del “palazzo in fiamme”, minimamente possono comprendere l'esigenza del salto di colui che si sente stretto tra fiamme e volo. Ancor meno gli spettatori arrivano a comprendere perché colui che preferisce saltare, invece di buttarsi da solo, vuole, pretende, esige di farlo trascinando nel volo altri che non vorrebbero.

Le due bambine hanno visto cadere nel vuoto i loro genitori e questa caduta sarà la loro pietra al collo.
Dovrebbe esistere una macchina che lava la mente, una specie di lavatrice del cervello dove si cancellano i ricordi più sporchi; non quelli che ci vedono protagonisti diretti, responsabili, ma indiretti, come questi.
Chissà come le loro menti elaboreranno questa catastrofe. Chissà.
Chissà, tra qualche anno, quando un ragazzino si avvicinerà loro per flirtare, come reagiranno, se potranno strappare qualche gioia da questa vita bastarda che hanno avuto in sorte non per causa loro.

Penso, un po' caso.
Se questi salti che ogni tanto accadono, fossero trasformati in un gesto politico, in azione, tipo Pietro Micca, Jan Palach, o quel giovane tunisino senza lavoro che si diede alle fiamme e che scatenò la rivolta anno scorso...
Cos'è che chiude la mente così?

martedì 7 febbraio 2012

Volevo guardare la luna

«Ho notato che da un paio di mesi a questa parte non si guarda più volentieri la luna; o non la si guarda più come prima. Le rimproverano di essere stata sino a ora l'oggetto di inutili fantasie e sentimentalismi: un deposito di malcalcolate tenerezze; infine, una delusione. Tra l'altro, rimava con fortuna, bruna, cuna, nessuna».

Ennio Flaiano, La solitudine del satiro, Rizzoli, Milano 1973

Ho provato, poco fa, fuori, a guardare la luna, a soffermarmi con lo sguardo alto levato. Ma un colpo di vento m'ha tolto berretto e cappuccio insieme, e anziché avviare una romantica conversazione col nostro satellite, ho imprecato amaramente contro gli impetuosi sbuffi della tormenta.
«Hai rotto il cazzo, Buriano», a voce alta, per farmi sentire.
E il vento, in tutta risposta, ha ripreso a sibilare più forte ancora; e il mosciovileda, appoggiato vicino alla fontana è decollato, dipoi atterrando nel prato innevato.
«Maremma impestata, Buriano», irato, come se mi sentisse. «Vai a tritare le palle a Putin, ad Assad, in Lapponia, ma smettila d'infrenare il pelo pubico di noi mediterranei. Possibile che tu non abbia alcuna nozione di latitudine? Striscia via, che non ho nemmeno una pala eolica a disposizione, e l'unica cosa che fai girare a vuoto sono i coglioni».
Fa bene, a volte, avere discussioni con i fenomeni atmosferici. È un po' come parlare con gli alberi, certamente più gratificante che dialogare con Dio. Almeno il vento risponde - ti prende in giro i capelli, ti secca le labbra, ti fa lacrimare gli occhi e colare il naso. Con Dio, invece, ti tocca sempre interpretare le due parti: io e Dio, e ogni dialogo si trasforma in monologo.