martedì 1 marzo 2016

Una pace separata

« Con gli abiti borghesi mi sentii in maschera. Da troppo tempo ero in uniforme e avevo perso la sensazione della presa dei vestiti. Mi sentivo cadere i calzoni. Avevo comprato a Milano un biglietto per Stresa. Avevo comprato anche un cappello nuovo. Il cappello di Sim non mi andava bene ma il vestito era bello. Odorava di tabacco e nello scompartimento mentre guardavo dal finestrino il cappello nuovo era molto nuovo e il vestito molto vecchio. Quanto a me ero triste quanto la campagna lombarda bagnata che si vedeva fuori attraverso il finestrino. Nello scompartimento c'era qualche aviatore che non si preoccupava molto di me. Evitavano di guardarmi e mostravano molto disprezzo per uno in borghese alla mia età. Non mi sentii insultato. In passato li avrei insultati e incominciato una lite. Scesero a Gallarate e fui lieto di restar solo. Avevo il giornale ma non lo leggevo perché non volevo leggere cose sulla guerra. Stavo andando a dimenticare la guerra. Avevo fatto una pace separata. Mi sentivo maledettamente solo e fui lieto quanto il treno arrivò a Stresa. »


Ernest Hemingway, Addio alle armi, traduzione di Fernanda Pivano, Milano-Roma 1945

domenica 28 febbraio 2016

A scarpe sciolte

Ci girano intorno. Ne parlano perché la crisi è talmente evidente, quasi più del fatto che il Sole stia fermo e siamo noi a girargli intorno, tanto che persino ai più autorevoli scienziati chiedono di pronunciarsi pubblicamente sulla questione. 
Ma a sentire costoro, nella fattispecie uno dei più celebri, così esprimersi:

If machines produce everything we need, the outcome will depend on how things are distributed. Everyone can enjoy a life of luxurious leisure if the machine-produced wealth is shared, or most people can end up miserably poor if the machine-owners successfully lobby against wealth redistribution. So far, the trend seems to be toward the second option, with technology driving ever-increasing inequality.

non posso non notare, con rammarico, che il livello di comprensione del fenomeno capitalismo sia pari, se non addirittura inferiore, a quello che io ho della teoria delle stringhe.

Bene, è tutto. Adesso vado a legarmi le scarpe.

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Nota aggiunta tre ore dopo.
Mi sembra utile segnalare questo post

Un aiuto ai super ricchi

via
Sarebbe stato interessante che nel rapporto fosse stato registrato, per converso, pure il numero preciso dei super poveri, giusto per sapere se, com'è prevedibile, anch'esso sia in aumento e in quale percentuale rispetto all'anno scorso. Cioè a dire: ai geniali 568 self-made man, di cui le cronache narrano le gesta tessendone gli elogi per l'ingegno e l'acume dimostrato, sarebbe opportuno accostare i nomi e le vite di coloro ai quali viene estorto la sostanza del valore, nomi e cognomi di gente che i cantori dei figli di puttana del capitale reputano fortunati già così, perché in fondo i super poveri hanno un lavoro che gli permette di portare a casa i soldi per sussistere e mantenere in forze la forza che dai super ricchi viene legalmente comprata ma mai pagata abbastanza, soprattutto: mai pagata per intero.

- Ma perché vorresti sapere i nomi e i cognomi dei super poveri?
- Sogno di fare l'informatore per Superciuk.



venerdì 26 febbraio 2016

Poesia mia cara

Ho fatto morire la poesia, ho impedito che continuasse a rappresentarmi; sicché si è lasciata spegnere, consumare fino a perdere ogni voglia di andare a capo. Sono state le frasi i mandanti, non ci stavano più dentro la costrizione del verso, settenario o endecasillabo che fosse, ma anche verso libero, libero non ho mai capito da che cosa. Tuttavia, essendo eterea per definizione, e nonostante la conclamata corporeità del verso, ho lasciato la poesia disseppellita, a cielo aperto, tanto non puzza, non si decompone né marcisce, persino nelle discariche gabbiani e cornacchie la scansano, non sanno che farsene, non ha niente attaccato all'osso, punta ciccia, brandelli di senso forse, tutti volti a chiamare un po' d'amore, a tettarlo come se non ci fosse stato svezzamento ad aver messo fine alla beatitudine.

Poesia, mia cara estinta, come sei bellina così composta, rassegnata, le mani in grembo quasi a ricordare i tempi belli in cui a ogni rima ben fatta corrispondeva un muovere altrettanto ben fatto della mano (sempre dalle parti del grembo). Poi, a poco a poco, mi abbandonasti, decidesti che non ero più affidabile, che la voce s'era fatta troppo prosaica, quasi greve, a tratti maledicente. Chi in sé conserva un alone di purezza, prima o poi si stufa del chiacchiericcio quotidiano, della pretesa di almanaccare il presente con note dedicate all'insignificanza.

Dunque, ciao (non addio: gli anni, si sa, potrebbero riservare delle sorprese), ti lascio sospesa sulla superficie in cui ti ho seminato, contento e molto di non dovermi occupare della tua imbalsamazione.

giovedì 25 febbraio 2016

Love is in the air

«Ma quel che conta è che stasera tanti cittadini italiani si sentiranno meno soli, più comunità. Ha vinto la speranza contro la paura. Ha vinto il coraggio contro la discriminazione. Ha vinto l'amore.»

C'erano tre partite: ha vinto il Speranza contro la Paura e anche il Coraggio contro la Discriminazione. Ma anche l'Amore ha vinto. Contro chi non è dato sapere.
Facciamo delle ipotesi.
Contro l'odio? Ma che scherziamo? Non si è visto neanche volare uno schiaffo a palazzo Madama. Contro l'indifferenza? Maremma impestata: sono settimane che il cognome "Cirinnà" (sia detto col massimo rispetto nei confronti della solerte senatrice) tintinna come campana a morto sulle palle della pubblica opinione. Giuro che l'ho persino captato in un dialogo tra un benzinaio e un camionista mentre facevo rifornimento:

- Allora, che ne pensi della Cirinnà?
- La maiala di to mà.

Chi giocava, dunque, contro l'amore? I settantuno senatori che hanno votato contro il disegno di legge? O quelli che sono usciti dall'aula? O qualcosa di più (o di meno) comunque diverso, qualcosa che, in realtà, non è un avversario dell'amore, non lo osteggia o contrasta, anzi: lo favorisce e agevola...
È il figliodiputtanesimo, gran squadra materasso, quella che entra in campo con il compito precipuo di risollevare il morale perduto della squadra avversa in difficoltà da diverse giornate, soprattutto quando queste difficoltà pertengono a specifiche ruggini dello spogliatoio. Arriva il figliodiputtanesimo e riesce nel miracolo: ungere, ungere a fondo, sì che gli attriti vengano meno e la compagine si ricomponga.

I cazzi in culo, quando sono messi a piombo, fanno camminare tutti dritti in fila perbenino.


mercoledì 24 febbraio 2016

In forma letto

Stasera sono in forma, tanto in forma che potrei girare un film porno, da aiuto regista, quello che dirige le riprese nei passaggi intermedi, tra un amplesso e l'altro, coi personaggi vestiti che si scambiano battute abbastanza stupide, magari potrei fornire loro qualche suggerimento, «buone cose di pessimo gusto», come insegnava Gozzano, ma nei porno, si sa, è necessario arrivare presto al dunque, anche se il dunque è quello di sempre, stessa prammatica, stesso ripetere vano di gesti che muovono gli spettatori a compiere altri gesti, difficile guardare i porno come si guardano i telegiornali regionali in attesa delle previsioni del tempo, a occhi semichiusi e tanta voglia tanta di andarsene a letto. Vestiti.

martedì 23 febbraio 2016

Il Grande Biscotto

Spiare, da parte dei servizi segreti, presuppone una raccolta di informazioni che possono tornare utili alla bisogna, e tutto il materiale registrato dev'essere catalogato, persino i borborigmi intestinali.

- Da quando è diventato vegetariano, si sente una grande risonanza: ché non gliel'hanno cotti fagioli o ceci un paio d'ore con l'alga kombu?

- Ma no, che dici. Le spiate risalgono ai tempi d'oro della presidenza del consiglio dei ministri. Ora chi vuoi chi se lo inculi: Rovagnati?

lunedì 22 febbraio 2016

Love cult

Potrei con un certo preavviso dirti amore non ti ho mai dimenticato, così a scena aperta davanti a tutti, per cogliere te e tutti, pochi astanti, di sorpresa, vedere reazioni, espressioni facciali, magari spinte e sputi, strattonate e corse, qualche che cazzo dici ma sei scemo, e la piega di un sorriso che manifesta tutto lo scherno sotteso a quella frase da scena madre, ma non sono mica pazzo, ti ho dimenticato eccome, era necessario per sopravvivere degnamente e trovare altrove la falsariga degli stessi piaceri, quelli che indagavano nel profondo la tua essenza nelle settimane, no, settimane no, nei giorni sparsi di un mese sempre pieno di impegni, indisposizioni, lune di traverso, mestrui compresi e insomma tutto sommato sono in debito, me la desti molto meno di quanto la volli e, per converso, prendesti meno di quanto potevi ricevere, non siamo stati una coppia da parità di bilancio per capirsi.
Tutto questo discorso perché, comunque, mi fa sempre un certo effetto vederti, e per fortuna ti vedo di rado, ma così di rado che potrei persino a volte pensare che sei morta, e tu lo stesso potresti pensare di me, anche se c'è tra noi una grande differenza: se tu mi cercassi - e non mi cerchi beninteso - mi troveresti subito; se invece ti cercassi io, e non ti cerco, non ti troverei neanche con i moderni mezzi messi a disposizione dall'informatica; sei così sparita che, a volte, mi viene persino il sospetto tu sia mai esistita, e in questi casi, per solvere ogni dubbio, vado a rileggere quante volte mi scrivesti amore, e lo scrivesti così tanto che persino io, che sono uno scettico di natura, alla fine mi risolsi a crederti e fu proprio in quel momento che tu iniziasti gradualmente, ma inesorabilmente a sparire, ti era bastato indurmi in tentazione, farmi cadere nella trappola della fede, dell'amore che si fa pensiero fuori della carne, che sembra nella parola avere lo stesso equipollente che nel contatto. 
Fu a quel punto che mi sorridesti diversamente e a prendere un certo vantaggio, perché sapevi che avrei iniziato a pensarti a fondo anche quando non c'eri, soprattutto quando non eri con me; e in questo fosti saggia - io meno, giacché divenni un semplice fedele che non faceva altro che pregare per ottenere qualche concessione; per fortuna, bastarono poche settimane per diventare ateo nei tuoi confronti, un ateo serio, senza alcun livore o senso di rivalsa contro un culto che, in fondo, era limitato, senza t.

sabato 20 febbraio 2016

Eros e Thanatos

«Ciò di cui non si può teorizzare, si deve narrare». U.E.

Protagonisti
Una madre seduta su una poltrona che guarda un telegiornale del pomeriggio. 
Un figlio che è andato a trovarla per la consueta breve visita.

Scena. 
Un salotto.

Madre: «Vedi un po': quello che è morto aveva la mia età.»

Figlio: «Ma tu sei ancora viva.»

Madre: «Come?»

Figlio: «Niente. Se vuoi ti cambio il filtrino dell'apparecchio.»

Madre: «Sì. Probabilmente sarà sporco.»

Figlio: «Come me.»

Madre: «Come?».

Figlio: «Niente. Ecco fatto. [Restituisce l'apparecchio acustico alla madre]. Cosa ti fai per cena?»

Madre: «La solita minestrina dell'amore.»

Figlio: «Sarebbe?»

Madre: «Brodo di dado, pastina e una bella grattata di parmigiano.»

Figlio: «E basta?»

Madre: «Sì, tanto di fame non muoio».

Figlio: «Appunto: mangia.»

Madre: «Mangio, mangio: non ti preoccupare».

Figlio: «No, non mi preoccupo. Buonanotte. A domani.»

Madre: «Buonanotte. A domani.»

venerdì 19 febbraio 2016

Quanto pende dipende

Dopo aver letto un po' qui e un po' sul contenzioso tra Apple e Fbi, sono arrivato a una conclusione.
Se invece di ammazzarlo a cazzo di cane, avessero catturato Syed Farook vivo - e potevano farlo, visto che l'avevano inseguito e circondato (qualcuno arriva a dire persino che gli avrebbero sparato quando già aveva le manette¹, e comunque le manette gliel'hanno messe da morto perché forse poteva muovere le mani: misteri americani) - la questione non si poneva. O si sarebbe posta in altri termini: sarebbe stato più facile far parlare un detenuto con la persuasione o un tecnico informatico con la rettorica?
«So che voglio e non ho cosa io voglia. Un peso pende ad un gancio, e per pender soffre che non può scendere: non può uscire dal gancio, poiché quant'è peso pende e quanto pende dipende».²

Infine. Concediamo che uno iPhone possa essere, per certi versi, una cassaforte inespugnabile. Ma se il tesoro resta inaccessibile una volta immessovi, non vuol dire che esso non possa essere stato comunicato, trasmesso e quindi, potenzialmente tracciabile e quindi individuabile.
I dati hanno senso soltanto nella comunicazione. Se sono taciuti e conservati, sono come i soldi nel materasso: non hanno, non possono avere corso.
E perciò: se i dati presenti nel telefono del terrorista sono entrati nell'apparecchio ma non sono mai usciti, è un po' come se non fossero mai esistiti.

Update 20 febbraio ore 13,10

Quando una mia idea, o ipotesi, coincide con quella espressa dopo di me da persone che ne sanno più di me e che di certo lo sapevano prima di me ma che insomma io sono riuscito a pensare come loro senza averlo letto prima, beh, mi sento particolarmente perspicace.

Esempio: pochi minuti fa, chez Paolo Attivissimo, ho letto la seguente traduzione del testo che accompagna un tweet di Edward Snowden sulla vicenda in oggetto:



1) L’FBI ha già tutti i tabulati delle comunicazioni del sospettato – con chi ha parlato e come lo ha fatto – perché questi dati sono già custoditi dai fornitori di servizi, non sul telefonino stesso.

2) L’FBI ha già ricevuto backup completi di tutti i dati del sospettato fino ad appena 6 settimane prima del reato.

3) Copie dei contatti del sospettato con i suoi colleghi – la cosa alla quale l’FBI afferma di essere interessata – sono disponibili in duplicato sui telefonini di quei colleghi.

4) Il telefonino in oggetto è un telefono di lavoro fornito dal governo, soggetto al consenso di monitoraggio; non è un dispositivo segreto di comunicazione per terroristi. I telefonini “operativi” che si ritiene nascondano informazioni incriminanti, recuperati dall’FBI durante una perquisizione, sono stati fisicamente distrutti, non “protetti da Apple”.

5) Esistono mezzi alternativi per ottenere accesso a questo dispositivo – e ad altri – che non richiedono l’assistenza del fabbricante.
Gimme five, Ed.

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¹ Sito di chiara matrice complottista che non link. 
² Carlo Michelstaedter, La persuasione e la rettorica, Adelphi, Milano 1995

giovedì 18 febbraio 2016

Metterci la faccia


Pensavo anche.

Poi dopo me lo sono toccato e ho constatato che io, d'inverno, contrariamente al ceppo caucasico, non accresco nei glutei la riserva di grasso. Sarà perché squatto e stacco aumentando, grammo dopo grammo, i massimali? 

Può essere. Però 'sto pomeriggio, in palestra, c'era una da contemplazione. Io cercavo di deviare lo sguardo negli angoli più riposti e polverosi, negli ingranaggi, nelle pedane mobili, sui tappeti consunti, o in alto verso il paradiso dei ragni. Niente. La testa completamente in balia del magnete, come l'ago dentro la bussola. Perché allora rischiare torcicolli? Erano così belli, in fondo, quei leggings con vari Roy Lichtenstein a stampa (attrazione del post moderno).

«Oh, Jeff. I love you too, but...»

mercoledì 17 febbraio 2016

Le invasioni perbene

Vedere Daria Bignardi incaricata dirigere Rai Tre mi fa pensare al destino, al merito, alla carriera che trova compimento, alla letteratura come tiratura, all'arte come dissipazione, all'avanspettacolo, a Monica Vitti presa a schiaffi sonori da Giannini su uno scoglio, a uno scolio di Spinoza, come può uno scolio arginare il mare, ai ristoranti stellati d'anice, al vomito, all'alito di Edoardo Sanguineti dopo due pacchetti di Esportazioni senza filtro, a Castellito che si chiude in bagno a farsi una sega perché la moglie vuole un parere su una pagina decisiva del suo romanzo inedito, alle gocce di wc net che colpiscono le terga un attimo dopo l'evacuazione, al sistema fognario dell'aerea metropolitana milanese, alla dirittura morale di Maroni.

Soltanto da morti potremo sperare diventare zombi che prendono a brandelli la merda società. Tanti cicciolini e ciccioline dalla carne levigata dal fitness, dalla cucina vegana e dai gommage allo ylang ylang. 

Se li vedete ridere per raccontarci che stiamo tutti bene, voltatevi da un'altra parte o alzate gli occhi in direzione di Ganimede: ci sarà più soddisfazione che farsi incantare da un modesto Hot Bird.

martedì 16 febbraio 2016

Dell'imperturbabilità

Non so più come allontanarmi. Non esistono modi, qui, in questa conduzione. Quella specie di scorrere tranquillo tanto tranquillo non è. Cosa cerchi. Appunto, niente. Mi do del tu per perdere il filo della persona. Più si cresce e più ci si concentra sulla persona sbagliata: se stessi. È un guaio, ma è inevitabile. Ci hanno dato un corpo per servirlo, soddisfarne bisogni e fare a meno di quelli superflui sarebbe il meno, le palle piene non sarebbero un problema con l'estensione del dominio dei sogni. Il corpo ha delle necessità da soddisfare e di cui non ti puoi dimenticare. Sempre all'appello, peggio di una caserma. Anche il riposo non è un riposo ma un faticoso dovere. Il meno sono i denti, fosse tutto come i denti, potessi lavarmi il cervello come i denti sai che bella igiene mentale. Mi uscirebbero petali al posto di parole per decorare al meglio la presente inquietudine. Le corone di fiori dovrebbero essere per i vivi. Così le pompe: vitali. Eppure mi manca il quadro generale sul senso dello scorrere. Per ora tanta cornice, metri su metri a perimetrare un alcunché che, al momento, con qualche forzatura, potrebbe assomigliare a un Rothko. Se qualcuno volesse collezionarmi si faccia avanti, mi appenda al posto di quelle tristi imitazioni invetrate che fanno tanto ospedaliero. Datemi una chance, guardatemi ogni tanto, riflettete su di me il vostro pensiero diuturno (e notturno). Leggetemi Isaia¹ (30, 15) che mi dà tanta energia al còre:

Così parla il mio signore Iah

Nell'impassibilità
Nel non-agire
sta la vostra salvezza

Nell'imperturbabilità
Nel non-temere
giace la vostra forza

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¹ Versione di Ceronetti, Adelphi, 1981

lunedì 15 febbraio 2016

Dalla teoria alla pratica rivoluzionaria

Una conseguenza dei cambiamenti kulturali che er webbe ha determinato è il crollo delle vendite dei quotidiani di carta. Certo, esiste sempre uno zoccolo duro di lettori che non può fare a meno del fruscio mattutino e si reca in edicola ad acquistare la mazzetta. Ma non basta. [*] 
Resistono in pochi. Molti di quei pochi hanno il bilancio in rosso, risollevato dalle entrate pubblicitarie e dal finanziamento pubblico all'editoria.

Ma ora, voilà, abracadabra. 


Grazie a Julia Cagé, una sexy maga economista, tailleurino nero e golfino rosso, pollice e indice a sollevare la gravità della pensata, è arrivata la soluzione per «Salvare i media: capitalismo, crowdfunding e democrazia». O ciucciate le nespole, rosiconi economisti che non ci avete pensato prima, voi che pensavate bastassero giornali interamente online pieni di banner rompicoglioni per far scrivere articolesse a giovani e meno giovani illusi che la firma posta in calce possa dar lustro alle loro frasi messe in fila per far numero ad maiorem Dei gloriam. 

Julia Cagé: lei sì che è una genia della lampada. 

- Ma chi l'ha strofinata, la lampada, e da essa fatta uscire?
«La proposta [di Julia Cagé] ha il merito di essere ambiziosa, per quanto susciti alcune critiche fondate, e si pone come un paradigma per l'editoria del XXI secolo. Un po' come Thomas Piketty, compagno della Cagé, ha fatto con la sua teoria rivoluzionaria su capitalismo e aumento della forbice tra ricchi e poveri.»
Riscrivo perché non avete letto bene, ne sono sicuro:
«Un po' come Thomas Piketty, compagno della Cagé, ha fatto con la sua teoria rivoluzionaria su capitalismo e aumento della forbice tra ricchi e poveri».
Bene, adesso se proprio non volete tirare due o tre madonne secche che poi vi vanno di traverso, fate come me: prendete le forbici[ne] e datevi una spuntatina ai peli pubici perché dopo la teoria ci vuole anche un po' di pratica: rivoluzionaria.

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[*] Qui uno spassoso Phastidio sbertuccia gli ultimi brandelli di giornalisti zombi che pubblicano editoriali.

domenica 14 febbraio 2016

Varoufakis è vivo e lotta insieme a noi

L'intervista è interessante, ci sono anche analisi e proposte condivisibili. Purtuttavia, come tutti gli economisti che si tengono a debita distanza dall'unica teoria in grado di fornire una spiegazione esaustiva del perché della crisi generale del capitalismo [*], anche Varoufakis rimane intrappolato nella credenza che il vero responsabile della crisi economica e sociale che investe l'Europa e il mondo, sia l'idrovora del capitalismo finanziario:
«C’è una crisi generale della democrazia, nell’epoca del capitalismo finanziarizzato. Il capitale finanziario è nemico della democrazia, ovunque nel mondo, negli Stati Uniti come in Europa. Il problema è universale, per così dire. Ma c’è una specificità tossica per quanto riguarda l’Europa: non abbiamo una federazione con specifiche istituzioni democratiche, la stessa Banca Centrale Europea ha uno statuto assolutamente unico, non paragonabile ad esempio a quello della Federal Reserve. »
Ah se noi europei potessimo dar vita, per esempio, a
«un movimento che imponga alla Banca Centrale di cominciare ad acquistare il debito della Banca Europea per gli Investimenti anziché quello tedesco o italiano, per finanziare un ambizioso Green New Deal per l’Europa. Così, invece di stampare moneta per i circuiti del capitale finanziario, la creazione di moneta andrebbe a finanziare la cooperazione produttiva, a creare posti di lavoro in settori innovativi, ponendo al tempo stesso condizioni favorevoli per l’organizzazione e la lotta dei lavoratori e contrastando la mercificazione e la precarizzazione del lavoro.»
Eccolo qua, un altro proudhoniano del cazzo. 
Ma come si fa ancora a credere a simili fandonie? Possibile che la Storia non abbia insegnato niente? Niente. Il capitale finanziario non è, di per sé, nemico di alcunché. Se ne frega della democrazia che può anche stargli bene, anzi: l'importante per esso è riuscire a far soldi dai soldi. C'est tout. Piuttosto: l'idea stessa di nemico della democrazia e dell'umanità presuppone una sorta di caccia alla streghe, bruciate le quali si ritrova l'idillio perduto, che in realtà non c'è mai stato, se non nei troppo mitizzati anni del boom economico. Non si tratta, insomma, di vittimizzare e riformare. Niente del capitalismo può essere riformato perché esso stesso ha, in sé, le cause della sua rovina.
Se il capitale, da decenni oramai, si è concentrato sulla finanza non è per chissà quali misteriosi intrighi di avidi banchieri e finanzieri, magari ebrei. No. È perché investire soldi nella finanza, anziché nella produzione, è stato l'unico modo per salvare dal fallimento un sistema economico e produttivo che ha incontrato i suoi limiti strutturali di valorizzazione del capitale investito.

E poi: ancora con 'sta storia che lo Stato può regolare il Mercato. Suvvia:
Non è lo Stato che tiene per le palle il Mercato, ma viceversa.
Stampare denaro fuori dalla esigenze del Mercato conduce, presto o tardi, alla bancarotta:
«lo Stato decreta che la sua Banca Centrale crei "denaro improduttivo" a partire dal niente. Facendolo, si arroga, contro le leggi del sistema di mercato, il potere di creare denaro, cioè nega con la forza, in quanto polo politico, il predominio strutturale del polo economico. Il castigo arriva dopo, come si sa, nella forma dell'iper-inflazione. Dalla fine della prima guerra mondiale, questo fenomeno si è verificato periodicamente come conseguenza della creazione di denaro improduttivo da parte dello Stato, ed oggi è già diventato, in un numero crescente di paesi, una condizione strutturale permanente. Contro ogni illusione sul "primato della politica", si è dimostrato da tempo, nella pratica, che, a causa del denaro, lo Stato è un'istituzione fondamentalmente priva di autonomia nei confronti del mercato e che la politica, da parte sua, di fronte all'economia, costituisce una sfera anch'essa fondamentalmente sprovvista di autonomia.» Robert Kurz, Quattro tesi sulla crisi della regolazione politica.

Ma vabbè: che Varoufakis la pensi in un certo modo fa parte del gioco, ci sta, cosa si può pretendere da un professore di economia che insegnava negli Stati Uniti. Il problema sono gli intervistatori, i quali parlano di lotta di classe senza aver ben chiaro contro che cosa lottare, giacché - almeno mi pare - sembrano non aver capito granché della crisi della legge del valore. 
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[*] Si segnalano qui due mirabili post “tecnici”(1, 2), nondimeno godibilissimi, di Olympe de Gouges