Passo indietro.
Che cos'è Amazon? Una società per azioni, fondata da Jeff Bezos, nata dapprima come libreria online, che nel volgere di un ventennio si è imposta come il più grande e affermato negozio online di merci varie del mondo. Qui una breve storia, dalla quale si deduce, col senno di poi, come ha fatto ad acquisire tale posizione dominante; una storia di cui tutti coloro che bazzicano la rete sono stati - più o meno - testimoni.
Passo fermo.
Amazon ci ha sedotto, a fortiori, proprio perché è un'azienda che tiene veramente alla soddisfazione del cliente. Avete mai provato a chattare o a colloquiare al telefono con il servizio clienti e ad avere l'impressione di essere al centro delle loro attenzioni? Io sì, e sempre ho dovuto dare 5 stelle (sic!) al feedback in cui mi si chiedeva se ero stato soddisfatto del servizio ricevuto.
Orbene, a parte la presa in giro dei prezzi gonfiati che sono magicamente scontati del 50% sì da avere, poi, un prezzo analogo a quello di altri negozi; a parte alcune perplessità su quanto realmente sia gratuita la spedizione, comprare su Amazon è facile, è piacevole (mi è sempre piaciuto acquistare per corrispondenza, ben prima di internet) e, soprattutto, è avere la garanzia di essere soddisfatti o rimborsati dell'acquisto, senza tante complicazioni. In breve: con Amazon il cliente ha sempre ragione (almeno l'impressione che ho avuto sinora).
Passo avanti.
All'interno del sistema economico e produttivo capitalistico, lo scopo primario di ogni azienda è la valorizzazione del capitale investito. Detto altrimenti: in una società per azioni, le azioni non devono limitarsi a conservare il loro valore: lo devono costantemente aumentare - e Amazon assolve benissimo questo compito. Come ci riesce? In due modi: da un lato, conquistando, mediante la fiducia e la soddisfazione di un sempre maggior numero di clienti, quote sempre più ampie di mercato; dall'altro, affinando le tecniche di gestione d'impresa (a livello produttivo, commerciale, amministrativo, finanziario e organizzativo) per spremere valore da tutti i pori, in particolare dalla pelle dei lavoratori. Già, perché, stringi stringi, spremi spremi, il vero valore si ottiene soltanto dalla compera e dallo sfruttamento della forza lavoro. E in questo Amazon ci riesce benissimo, non facendo altro che applicare una razionalità che è intrinseca al capitalismo, ossia quella di ottenere plusvalore, vale a dire pluslavoro estorto ai lavoratori. In questo consiste il peccato di Amazon: di farlo meglio di altri concorrenti, in un contesto liberale e democratico, stante il graduale e inesorabile deprezzamento della merce lavoro, fenomeno che, a un'analisi superficiale, sembra dovuto alle costrizioni della globalizzazione, ma che, in realtà, è parte strutturale della logica capitalistica.
Passo e chiudo.
E quindi, sì: facciamo - anzi: facciano pure i politici la voce grossa, il bau bau elettorale contro il padrone, ma mi raccomando: giammai rompere il guscio che copre la nocciola della questione, che è questa: l'organizzazione generale del lavoro sotto il capitalismo sarà sempre determinata dal giogo della produttività. Finché considereremo questo sistema economico come qualcosa di naturale e insuperabile dovremo sottostare a queste regole che agiscono come forze di natura, ma che natura non sono porcoddio, perché non è naturale, nel 2018, lavorare otto, dieci ore al giorno, più straordinari, non c'è nessuna legge biologica che lo impone, se non la miseriaccia infame del dover tirare a campare, con ciò inevitabilmente alimentando la crassa tracotanza, il finto genio, il dispregio e la misantropia consustanziale di quell'un per cento di Re Soli e loro agiografi e servi di corte che ne godono.
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