domenica 4 febbraio 2018

Amazon, il braccialetto, eccetera

Passo indietro. 
Che cos'è Amazon? Una società per azioni, fondata da Jeff Bezos, nata dapprima come libreria online, che nel volgere di un ventennio si è imposta come il più grande e affermato negozio online di merci varie del mondo. Qui una breve storia, dalla quale si deduce, col senno di poi, come ha fatto ad acquisire tale posizione dominante; una storia di cui tutti coloro che bazzicano la rete sono stati - più o meno - testimoni. 

Passo fermo.
Amazon ci ha sedotto, a fortiori, proprio perché è un'azienda che tiene veramente alla soddisfazione del cliente. Avete mai provato a chattare o a colloquiare al telefono con il servizio clienti e ad avere l'impressione di essere al centro delle loro attenzioni? Io sì, e sempre ho dovuto dare 5 stelle (sic!) al feedback in cui mi si chiedeva se ero stato soddisfatto del servizio ricevuto.
Orbene, a parte la presa in giro dei prezzi gonfiati che sono magicamente scontati del 50% sì da avere, poi, un prezzo analogo a quello di altri negozi; a parte alcune perplessità su quanto realmente sia gratuita la spedizione, comprare su Amazon è facile, è piacevole (mi è sempre piaciuto acquistare per corrispondenza, ben prima di internet) e, soprattutto, è avere la garanzia di essere soddisfatti o rimborsati dell'acquisto, senza tante complicazioni. In breve: con Amazon il cliente ha sempre ragione (almeno l'impressione che ho avuto sinora).

Passo avanti.
All'interno del sistema economico e produttivo capitalistico, lo scopo primario di ogni azienda è la valorizzazione del capitale investito. Detto altrimenti: in una società per azioni, le azioni non devono limitarsi a conservare il loro valore: lo devono costantemente aumentare - e Amazon assolve benissimo questo compito. Come ci riesce? In due modi: da un lato, conquistando, mediante la fiducia e la soddisfazione di un sempre maggior numero di clienti, quote sempre più ampie di mercato; dall'altro, affinando le tecniche di gestione d'impresa (a livello produttivo, commerciale, amministrativo, finanziario e organizzativo) per spremere valore da tutti i pori, in particolare dalla pelle dei lavoratori. Già, perché, stringi stringi, spremi spremi, il vero valore si ottiene soltanto dalla compera e dallo sfruttamento della forza lavoro. E in questo Amazon ci riesce benissimo, non facendo altro che applicare una razionalità che è intrinseca al capitalismo, ossia quella di ottenere plusvalore, vale a dire pluslavoro estorto ai lavoratori. In questo consiste il peccato di Amazon: di farlo meglio di altri concorrenti, in un contesto liberale e democratico, stante il graduale e inesorabile deprezzamento della merce lavoro, fenomeno che, a un'analisi superficiale, sembra dovuto alle costrizioni della globalizzazione, ma che, in realtà, è parte strutturale della logica capitalistica.

Passo e chiudo.
E quindi, sì: facciamo - anzi: facciano pure i politici la voce grossa, il bau bau elettorale contro il padrone, ma mi raccomando: giammai rompere il guscio che copre la nocciola della questione, che è questa: l'organizzazione generale del lavoro sotto il capitalismo sarà sempre determinata dal giogo della produttività. Finché considereremo questo sistema economico come qualcosa di naturale e insuperabile dovremo sottostare a queste regole che agiscono come forze di natura, ma che natura non sono porcoddio, perché non è naturale, nel 2018, lavorare otto, dieci ore al giorno, più straordinari, non c'è nessuna legge biologica che lo impone, se non la miseriaccia infame del dover tirare a campare, con ciò inevitabilmente alimentando la crassa tracotanza, il finto genio, il dispregio e la misantropia consustanziale di quell'un per cento di Re Soli e loro agiografi e servi di corte che ne godono. 

Nessun commento: