domenica 25 febbraio 2018

Danzare nella nebbia

Se avessi qualcosa da dirti più di quanto ti abbia già detto, te lo direi, ma non ce l’ho, quindi mi limito a fare considerazioni sul tempo, che salvano in calcio d’angolo, soprattutto oggi che siamo super informati grazie alle applicazioni sul cellulare che riducono il cielo a cinque/sei pollici di spazio, anche se poi in capo ti ci piove lo stesso.
E mi hai detto che arriverà sicuramente il freddo buriano e io ho contratto le spalle per simulare un brivido, non certo per il bisogno di un abbraccio - è un periodo che sento le spine addosso, capovolte, tanto che se qualcuno mi stringe, sento io bucare.
Lasciami perdere, come un vuoto, o al limite gettami nella differenziata, scegliendo il contenitore giusto: l’umido è una mia speranza, ma – lo so – è più probabile tu scelga il vetro, talmente duro son diventato – e fragile, frantumabile, necessitante nuova cottura e ristrutturazione per diventare nuovamente bottiglia da messaggi vacanti che attraversano incolumi gli oceani della comunicazione.
A cosa mi riferisco? Semplicemente al fatto che, proprio ieri, un lettore di Houston, Texas, ha visitato una pagina che non ricordavo di aver scritto, di poi consigliandomi di usare il Cialis. Dici che sia spam? No, sono io lo spam, ribadisco, epperò, ti prego, gettami con perizia.
Sai, queste mattine ho guardato nel fondo degli occhi topazio di una donna in ritardo, che tentava di scusarsi per questo e io la tenevo in sospeso apposta con un finto cipiglio, per indugiare in quello sguardo mestamente implorante comprensione per l’accaduto. E meno male che quando se ne è accorta si è ironicamente accigliata anche lei, più di me, inarcando le sopracciglia in modo da riassumere la naturale posizione di dominio, che voi donne normalmente avete se non ci sono di mezzo le costrizioni di fede amore capitale e violenza belluina. A fine sessione ci siamo congedati con un saluto complice e un sorriso aperto, di quelli che in silenzio riepilogano i possibili impraticabili, date le circostanze, il daffare presente, gli impegni, aggiungiamoci pure i doveri – sovrastimati – usati come alibi soprattutto per mascherare l'accidia, il fatto che la vita moltiplicata senza servitù al seguito è una vita che sicuramente va più incontro a rotture di palle rispetto a una vita divisa tra il sogno e l’impotenza, che la trasformano e traducono in scrittura.

Se avessi qualcosa in più da dirti la terrei di conserva, per spalmarla su queste pagine semi pubbliche in modo tale da elaborare pensieri fintamente complessi, facilmente riconducibili a una voce e quattro accordi se solo sapessi e cantare e suonare insieme. E invece c’è rimasto soltanto un dimesso silenzio in cui le parole si rarefanno e trasformano in una nebbia sottile dove non so fare altro che danzare.

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