«Nel caso specifico dell’attacco informativo di inizio aprile relativo alla crisi siriana, il pubblico preso di mira è stato quello (arbitro legittimante) delle democrazie occidentali, allo scopo di offuscarne empaticamente la capacità di giudizio e di accettare istintivamente la risposta armata contro il governo siriano. Naturalmente senza porsi domande sulla legalità di tale intervento, sulla veridicità delle prove fornite e sulla pregnanza degli obiettivi strategici. Lo scopo è quello di generare un casus belli immediatamente invocabile, non quello di consegnare alla Storia un’infallibile ricostruzione degli eventi. Non importa se la verità possa successivamente venire a galla: importa solo che avvenga ormai a fatto compiuto, quando ormai nessuno ci baderà più. La tempistica è tutto nella ‘guerra cognitiva’.» [via]
Ci sono delle settimane che in Siria non succede niente. Bombe? Sparite. Mitragliatori? Riposti in cantina. Non si sente cadere neanche un sasso o uno sputo. Settimane in cui la gente torna a morire di cause naturali, finalmente. Al massimo può accadere che qualche sventurato metta piede in una mina antiuomo prodotta in Italia, ma tant'è: almeno c'è qualcosa, il Pil nostrano, che ne beneficia.
E dire che anch'io pensavo così tanto alla Siria nei giorni scorsi da sentirmi un po' siriano. E adesso, invece, complice una perdurante, gradevole primavera soleggiata, l'unica cosa al cloro a cui penso sono i detersivi per il bagno che pulisco adesso, con la finestra aperta, non avessi a subire un avvelenamento respiratorio e poi venissero gli stronzi americani e quei fottuti dei francesi a bombardarmi qui.
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