mercoledì 10 giugno 2020

Orazione del mattino

Premesso che, un editoriale così, oggi, in Italia, non sarebbe pubblicato neanche da Il Manifesto, stupisce la seguente, ingenua a mio avviso, considerazione:

«È sconcertante che le persone siano più colpite dai vetri rotti che dagli omicidi alla luce del sole. O meglio, che sembrino credere che le basi su cui deve poggiare la società siano i rapporti di proprietà e non i diritti umani.»

giacché, le persone non è che sembrano credere: lo credono (crediamo) e basta, anzi: lo ritengono (riteniamo) una condizione immodificabile che appartiene alla natura umana.

Ma, tempo fa, in un libretto scritto apposta per chiarire in modo definitivo la questione proprietà - un libretto rimosso, considerato non più oggetto di studio, ma di antiquariato - venne scritto:

☭☭☭

Tutti i rapporti di proprietà sono stati soggetti a continui cambiamenti storici, a una continua alterazione storica.

Per esempio, la rivoluzione francese abolì la proprietà feudale in favore di quella borghese.

Quel che contraddistingue il comunismo non è l'abolizione della proprietà in generale, bensì l'abolizione della proprietà borghese.

Ma la proprietà privata borghese moderna è l'ultima e la più perfetta espressione della produzione e dell'appropriazione dei prodotti che poggia su antagonismi di classe, sullo sfruttamento degli uni da parte degli altri.

In questo senso i comunisti possono riassumere la loro teoria nella frase: abolizione della proprietà privata. Ci si è rinfacciato, a noi comunisti che vogliamo abolire la proprietà acquistata personalmente, frutto del lavoro diretto e personale; la proprietà che costituirebbe il fondamento di ogni libertà, attività e autonomia personale.

Proprietà frutto del proprio lavoro, acquistata, guadagnata con le proprie forze! Parlate della proprietà del minuto cittadino, del piccolo contadino che ha preceduto la proprietà borghese? Non c'è bisogno che l'aboliamo noi, l'ha abolita e la va abolendo di giorno in giorno lo sviluppo dell'industria.

O parlate della moderna proprietà privata borghese?

Ma il lavoro salariato, il lavoro del proletario, crea proprietà a questo proletario? Affatto. Il lavoro del proletario crea il capitale, cioè quella proprietà che sfrutta il lavoro salariato, che può moltiplicarsi solo a condizione di generare nuovo lavoro salariato, per sfruttarlo di nuovo. La proprietà nella sua forma attuale si muove entro l'antagonismo fra capitale e lavoro salariato. Esaminiamo i due termini di questo antagonismo. Essere capitalista significa occupare nella produzione non soltanto una pura posizione personale, ma una posizione sociale.

Il capitale è un prodotto collettivo e può essere messo in moto solo mediante una attività comune di molti membri, anzi in ultima istanza solo mediante l'attività comune di tutti i membri della società.

Dunque, il capitale non è una potenza personale; è una potenza sociale.

Dunque, se il capitale viene trasformato in proprietà collettiva, appartenente a tutti i membri della società, non c'è trasformazione di proprietà personale in proprietà sociale. Si trasforma soltanto il carattere sociale della proprietà. La proprietà perde il suo carattere di classe.

_______________________________________________________________________


E, secondo me, andrebbe letto tutti i giorni, come un'orazione del mattino

Nessun commento: