giovedì 11 giugno 2020

Quattro ristoranti dei morti

«Non gioco a dadi con l'universo», disse lo Chef del brodo primordiale. 

Chissà se usò la schiumarola per togliere i residui proteici che affioravano in superficie durante la cottura nel calderone della Terra insonne e se, forse, fu proprio lo scarto a dar vita ai primi organismi viventi.
Domande oziose. Il problema essenziale fu che lo Chef in questione non ebbe alcun giudice ad assaggiare le sue pietanze sperimentali e di conseguenza non gli fu dato neanche un voto.

Proviamo noi.
 
«Alla location ho dato tre perché guarda un po' come stata ridotta dai figli del Ristoratore».
«Al servizio ho dato due perché c'è una clamorosa differenza di trattamento per i convenuti al banchetto».
«Al menù ho dato uno perché avrebbe potuto essere più creazionista e affidarsi meno al caso».
«Al conto ho dato zero perché il prezzo da pagare alla fine è sempre lo stesso, ritornare alla polvere, come si accorsero anche i primi recensori».

Intanto in un van dai vetri oscurati... come un carro funebre.

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Il generale Pappalardo sfila, in divisa arancione, ad Abbiategrasso.

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«Non ho i mezzi», disse il capo della frazione opposta e per questo motivo sacrificò un intero reparto.

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La classe dirigente leghista, composta da un frammisto democristianesimo destrorso e sfanculista, che da un trentennio occupa in pianta stabile posti di governo locale e nazionale, ancora riesce nel vuoto pneumatico del partitismo di ogni forma e colore, a essere considerata degna di ascolto, di consenso e quindi di voto. Poi chissà c'è anche gente capace ma probabilmente più rapace - e guardateli lì, che pena mi fa...

E adesso spogliati.

Siano dati calzini agli scalzi e mutande agli ignudi. E stipendi dei Calderoli ai porchettari.





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