lunedì 23 agosto 2021

Scrivere sulla sabbia

Sto scrivendo sulla sabbia segni senza senso ed ecco che un piede scalzo di un pingue signore mette un punto esclamativo in fondo a una riga. «Bravo!», mi dice, «questo sì ch'è un argomentare». Con una mano, giro la visiera del berretto di centottanta gradi, dalla nuca verso la fronte, per alzare gli occhi verso il signore pingue e non farmi abbagliare dal sole di metà pomeriggio. «Non sto argomentando, affatto», rispondo. «Scrivo a caso, un po' come colui - chissà chi, forse nessuno - che ha disposto le costellazioni, coi vari corpi celesti che le compongono. C'è un senso? C'è una ragione di tanto spreco di materia e di tanto vuoto intorno a essa?». Il signore pingue, spalle al sole, alza lo sguardo alla lavagna azzurra del cielo. «Cerchi un senso?», mi domanda. «No, non ho il compasso». E mentre il signore pingue se ne va, perplesso, chiedendo prima a Siri e poi a Gogol la corrispondenza tra senso e compasso, scrivo questo racconto senza senso sulla sabbia, come fosse un decreto, o un parere tecnico, ma senza essere stronzo nel profondo come quelli là.


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