domenica 14 agosto 2016

L'uomo è un nulla

La prese sottogamba. Le sfiorò un polpaccio e gli sembrò identico al Tibet del suo mappamondo in rilievo. Richiuse gli occhi e provò a far scorrere sulle palpebre la sensazione di dormirle a fianco in una tenda sotto il tetto del mondo, alla ricerca del tepore perduto, del sudore sognato. Riaprì gli occhi e l'agosto che aveva davanti gli presentò il conto, le guance madide, una goccia salina che scendeva lenta sullo sterno, tanta sete. Le lasciò la gamba, anzi: lei si distaccò e bofonchiò di smettere di toccarla ché le faceva aumentare la sensazione di caldo. Le lenzuola scesero in fondo al letto. Si alzò per orinare e aprire la finestra, chissà in quale ordine. Bevve un bicchier d'acqua gassata, si sedette sul divano e, con un occhio chiuso e uno aperto, aprì la Gerusalemme a caso e lesse:

Chi è l'uomo? E a che può servire?
Qual è il suo bene e qual è il suo male?
Quanto al numero dei giorni dell'uomo,
cento anni sono già molti.
Come una goccia d'acqua nel mare e un grano di sabbia
così questi pochi anni in un giorno dell'eternità.
Siracide, 18, 7-9

sabato 13 agosto 2016

Il clima geopolitico mondiale

"Signor sindaco - scrive in una lettera l'Anpi - per la prima volta nelle ricorrenze della giornata della Liberazione di Firenze dall'occupazione tedesca (11 agosto 1944, ndr), nessun rappresentante dell'Anpi, erede dei partigiani che combatterono per la cacciata dell'esercito nemico, lasciando sul terreno, secondo le cronache, 205 morti e 435 feriti, è stato invitato a prendere la parola in ricordo di quella giornata, che meritò alla città la prima medaglia d'oro della storia repubblicana da parte del capo del Governo Ferruccio Parri. Riteniamo incomprensibile e grave tale scelta in primo luogo verso le partigiane ed i partigiani che hanno combattuto per la città di Firenze".
A replicare è Cristina Giachi, vicesindaco di Palazzo Vecchio: "Nessuna dimenticanza e nessuna volontà di escludere, il Comune di Firenze è orgoglioso e fiero della propria storia antifascista e della medaglia d'oro conquistata durante la Resistenza". Quest'anno, ricorda Giachi, "il clima geopolitico mondiale e i recenti accadimenti terroristici hanno suggerito al sindaco di affrontare i temi della libertà religiosa e della convivenza civile tra popoli, collegandoli alla Liberazione".

Dato che più e più volte i rappresentanti dell'Anpi hanno dichiarato che voteranno No al prossimo referendum sulle riforme costituzionali¹; e, inoltre, dato che forse avrebbero ricordato ad alta voce ai fiorentini tale intendimento, allora il sindaco Nardella ha deciso di non dargli voce e parlare  di altre cose, tra le quali di «libertà religiosa», in particolare della sua professione di fede. Indovinate quale.
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¹«È un obbrobrio dal punto di vista della democrazia ed è scritta male tecnicamente. Cos'altro possiamo fare se non dire no?». Il numero uno dell'associazione dei partigiani, Carlo Smuraglia, ha poi aggiunto: «Tolgono potere di rappresentanza ed esercizio alla sovranità. Siamo obbligati a impegnarci perché la Costituzione non venga stravolta».

Quando vi sarà l'essente

Anni or sono, era estate, vendetti a poco prezzo la mia manodopera di scarso valore e minimo sudore a un datore di lavoro, 9€ all'ora (mi davo via per poco, come oggi), a nero, pur trattando egli una materia bianca, come la farina; in breve: fui aiuto fornaio di un panificio piccolo piccolo che produceva un pane indigesto per lo meno a me che se lo mangiavo mi rimaneva sullo stomaco, ma tant'è, avevo bisogno di un po' di soldi per pareggiare i conti dei lunghi inverni del precariato.
In questo forno avevo come compito primario quello di stare al banco vendita e la mattina d'estate mi piaceva vendere pane caldo, schiacciate, panini, crostate e biscotti toscani fatti con margarina bavarese, a belle signore indigene ma anche forestiere e quelle che apprezzavo di più erano le scollate, dai fianchi larghi e la schiena nera verniciata dalle pennellate del solleone. Entravano e, mentre decidevano cosa comperare, io mi concentravo nel cogliere il momento esatto in cui la mascella imponeva ai loro molari il lieve strofinio d'inizio salivazione. Quando accadeva, mi precipitavo, solerte, a offrir loro un assaggio del prodotto che più stimolava la loro attenzione. 
«Provi questi cantuccini alla mandorla, signora».
Così che poi dopo ne compravano mezzo chilo.
Il titolare del forno era contento e approvava la mia maestria. Mi diceva anche: «Lucaluca, io sto poco ad andare in pensione e, se vuoi, cedo a te l'attività». 
Non cedetti alle sue lusinghe, per varie ragioni, la prima tra le quali che lavorare stanca, e io non desidero essere identificato con quale che sia l'attività che mi permetta di sussistere in questo sistema della compravendita ritenuto un meccanismo naturale dalle genti. Aspetto insomma la rivoluzione in cui il lavoro riuscirà a svincolarsi definitivamente dal mercato e dal capitale. In poche parole, aspetto di non fare un cazzo, tenendo conto che non fare un cazzo vuol dire espletare serenamente le funzioni vitali, unite al leggere, scrivere, camminare, fare ginnastica, guardare il cielo, i volti e i culi umani quando lo richiedono, tutte cose banali comunemente svolte, ciascuno secondo le proprie inclinazioni, nei periodi di ferie e sollazzo.
Attesa vana. Sarà per questo che tutte le volte che devo rinnovare la carta d'identità, alla voce professione, sono tentato di far scrivere: essente.

venerdì 12 agosto 2016

Lontano dagli occhi

Mi veniva più facile criticare il governo Berlusconi e il suo entourage. Forse perché credevo ancora che cambiando gli attori potesse cambiare la commedia. Avendo avuto la riprova che così non è, ogni esercizio critico del teatrino della politica mi getta nello sconforto; in questo caso soprattutto perché in parte, minima, nell'ordine del milionesimo, contribuii nel 2013 a eleggere chissà quali e quanti deputati del partito di maggioranza relativa. Di questo non posso essere sollevato, se non nelle future intenzioni di votare no al prossimo referendum costituzionale. 

Un altro problema che ho con questo governo è che non riesco a concentrarmi criticamente sulle figure umane che lo compongono, parendomi queste tutte scialbe, scipite, imboscate, madiizzate, e il capo del governo mi fa l'effetto di un capoclasse antipatico che si arroga poteri e meriti di azioni già previste, preordinate, prefigurate dentro stanze che non ci appartengono, in cui sono decisi i veri fondamenti che tengono in piedi la baracca statale.

Un ulteriore elemento importante della mia indolenza critica è dovuto a un pressoché totale allontanamento dai vaniloqui delle trasmissioni a carattere politico, nelle quali parla uno per schieramento più un ospite a caso sempre quello, tipo Freccero, tipo Cacciari Scanzi e Sgarbi e ci siamo capiti. 

Lontano dagli occhi, lontano dalle palle. Che non per questo sono meno rotte. 

Ogni governo, quale che sia, del Belpaese o di altri più o meno belli, ha l'obiettivo primario di oliare al meglio il movimento del capitale, il soggetto automatico in cerca di una continua autovalorizzazione. Nella misura in cui ci riesce, avrà la fiducia per continuare a ricevere fiducia, legislatura dopo legislatura.

mercoledì 10 agosto 2016

Que viva Stallman

Ho una stima incondizionata per quest'uomo, anche se, per indolenza e superficialità, non riesco a seguire in pieno tutti i consigli che si prodiga di dare.

Mi sento orgoglioso di usare Linux. Meno di usare Google (la piattaforma Blogger vi è compresa), Gmail, Chrome, Facebook (non molto), Twitter (ma lo usa anche Snowden), il cloud per conservare soprattutto foto.

Inoltre uso lo smartphone (Android), carta di credito, insomma sono molto tracciabile, tracciabilissimo, chissà in quale file di tipi umani sono catalogato dal Sistema di Controllo "Stalin's dream".

Eppure non ho voglia di resettare tutto: quel che ho fatto, detto, scritto, ho fatto-detto-scritto. Non mi sembra, allo stato presente, di aver commesso reati. Atti impuri tanti, ma per quelli, casomai, stasera - se il cielo si rischiara - se vedrò una stella cadente, esprimerò il desiderio che mi siano perdonati.



martedì 9 agosto 2016

Enjoy una sega

Buon compleanno, Vacchi

Non ho la testa da romanziere, ho il fiato corto, non sono tagliato, poca stoffa, il massimo del mio tessuto narrativo consiste in un paio di mutande. Non mi dite che anche in quelle si possono intravedere storie, macchie di orina e liquido seminale compresi (quasi quasi inizio a usare il carefree). E l'intreccio, la trama, la tela, quanti metri?

Scrivere un romanzo oggi - a meno che non si voglia scrivere quella gran rottura di palle che sono i noir con tanto di sequel - mi sembra una pretesa per mettere in scena una realtà che è già sulla scena, una realtà che tutto è fuorché silenziosa. Epoca del trionfo assoluto del pettegolezzo, della frase fatta, sia pure intelligente, dell'aforisma che racchiude quasi sempre una mezza verità (mai una verità e mezzo). 

E io mi metto a scrivere qualcosa per far scopare due persone? Dare i natali ai genitali?

Non esiste più la provincia. E le parabole sono possibili solo sui tetti. 
Ve ne racconto comunque una, captata in questi giorni, su basse frequenze.

***
C'era un signore ricco ricco ma infelice infelice. Era così infelice e scontento che non sopportava più di vivere. Allora, un giorno, andò da un dottore, uno psicoqualcosa, probabilmente oriundo, come Altafini, al quale raccontò della sua condizione di persona infelice. 
- Dottore, dottore, mi aiuti: io non ce la faccio più a vivere così. Mi alzo e mi girano le palle, sono ansioso, incazzato con tutto e con tutti, non mi va mai bene niente tutto il giorno, anche quando dormo, sogno di essere scontento.
- La situazione, caro signore, è grave. Ma se segue attentamente il mio consiglio, vedrà, lei guarirà (goganga goganga...). Ecco, lei deve andare in cerca di una persona felice, ma felice veramente. Non importa dove, l'importante è che la trovi e che si accerti con sicurezza che costui (o costei) sia in effetti felice e contenta di vivere. Una volta sicuro di averla trovata, lei domanderà a tale persona di venderle le sue mutande a qualsiasi prezzo, dopodiché le indosserà seduta stante e vedrà che lei sarà a sua volta una persona felice e contenta.
Soddisfatto di tale suggerimento, pagata la cospicua parcella, il signore ricco e infelice si mise subito in cerca di una persona felice e contenta. Girò tutta la città in lungo e in largo, in corto e in stretto: ma niente. Allora si recò prima al mare e poi in campagna, ma subì molte disillusioni: anche da quelle parti, le persone sembravano leggermente meno scontente e quasi felici, ma non del tutto, no. 
Un giorno, sul far della sera, dopo aver lasciato l'auto su una banchina di una strada panoramica, sentì a un dipresso lo scampanellio tipico di un gregge di vacche che lentamente ritornava alla stalla. In coda, un signore sorridente (un cappellaccio in testa, camicia a quadretti e blu jeans color terra), probabilmente il pastore, fischiettava allegramente un motivetto abbastanza penoso, hit dell'estate. Il nostro signore infelice subito gli si fece incontro e, senza troppi preamboli, gli domandò:
- Mi scusi signore: lei è una persona felice e contenta?
- Oh che domande sono queste [ridendo]. Beh, sì, la mia è una vita piuttosto faticosa, ma tutto sommato sì: posso ritenermi contento e per tanto felice.
- Ah, benissimo signore: lei non sa quanto è fortunato a essere felice. Come vorrei esserlo anch'io. A tal proposito, scusandomi in anticipo per la mia richiesta bizzarra, potrebbe per favore vendermi le sue mutande al prezzo che lei vorrà? Non si faccia scrupoli a chiedermi la cifra che vuole!
- Mutande? Io, da quando faccio il pastore, non indosso più le mutande, mi spiace.
- Nooo... e perché?
- Perché, tra una vacca e l'altra, ogni tanto spesso mungo anche qualcos'altro.

lunedì 8 agosto 2016

Overshoot Day

Come permettersi di dar torto a Luca Mercalli? Non mi permetto di dar torto a Luca Mercalli. Mercalli ha ragione, dice cose sensate, senza allarmismi, senza catastrofismi, rammenta soltanto che il moto verso il «collasso della biosfera e della società» è, anno dopo anno, sempre più accelerato, acceleratissimo.

Ta pun! Overshoot Day: abbiamo consumato il rinnovabile (in fatto di materia ed energia).  
«È la data nella quale gli interessi della natura, cioè tutta la produzione annua rinnovabile, dalle foreste ai pesci, è stata consumata, data dalla quale fino a fine anno si intaccherà il capitale planetario, attingendo a risorse non più rinnovabili e di cui saranno dunque private le generazioni future.»
Da domani a stecchetto, mi raccomando. 
E se ci pensasse Draghi iniettando nel mercato un alleggerimento quantitativo di alberi da pane e di pesci? 
Il capitale planetario, la dura materia s'intacca; il capitale fittizio, invece, col cazzo, si moltiplica e finisce tutto alle banche che comprano debito pubblico e quindi finanziano gli Stati che devono pur garantire lo svolgimento delle cose come stanno, ivi compresa la quantità di spazzatura che ogni bravo cittadino ha e avrà da produrre.

Ora piango un momento.

Finito. Ora mangio un gelato e butto la confezione nell'indifferenziato.

Fatta la pausa, riprendo il discorso.

Secondo me, il problema - dal lato umano, chiaramente - si risolve soltanto se gli scienziati, concordi nel segnalare che «il Sistema Terra è in allarme» perché si consuma troppo e s'inquina di più, iniziassero a puntare chiaramente un dito negli occhi e magari un altro nel culo di ciò che causa massimamente lo strazio ambientale (e sociale), vale a dire il Sistema Economico e Produttivo Capitalistico.

È inutile, egregio Mercalli, lei mi faccia sentire in colpa se produco trecento chili l'anno di spazzatura, compresa la differenziata che butto per benino nei contenitori giusti. Come vede, io non sono un cittadino indifferente. Il problema è che, per questo problema, sono, anzi: siamo impotenti. Perché? Perché al centro del nostro agire, del nostro produrre, dello sbattimento generale per sussistere e strappare al vivere quei cinque minuti di riposo e godimento, c'è una cazzo di merce, fottuta merce, detta anche equivalente universale, chiamato denaro.

Ecco, le ho dato uno spunto: oltre che le nuvole e lo scioglimento dei ghiacci, esimio Mercalli, la prego di studiare, insieme agli altri scienziati allarmati, anche il fenomeno ritenuto, a torto, naturale dell'economia e della produzione capitalistica. Forse, oltre a stigmatizzare l'indifferenza della politica e dei cittadini, scoprirà quali sono le vere responsabilità.

domenica 7 agosto 2016

Sanzioni vs donazioni

[*]
«Spunta dai cellulari dei terroristi “tedeschi” dell’Isis il filo diretto che collega gli attentati di luglio al regno di Arabia. Il kamikaze siriano saltato in aria ad Ansbach (seppellito ieri) e il pakistano che ha aggredito a colpi d’ascia una famiglia di turisti asiatici sul treno a Würzburg hanno avuto «molteplici contatti» con «referenti» a Riyad. Lo rivela il settimanale Der Spiegel pubblicando il risultato dello “sbobinamento” di chat e sms intestati ai due attentatori. Contiene inquietanti particolari sui recenti attacchi in Baviera e altri indizi che il telecomando del terrore in Germania è nelle mani dei quadri di Daesh basati nel regno wahabita.»

«L’embargo alla Russia colpisce duro l’agricoltura e l’economia italiana, ma a farne le spese è anche il Prosciutto di Parma. Dall’inizio dell’embrago, infatti, sono 85mila i prosciutti di Parma e San Daniele in meno venduti. bloccati anche 2,8 milioni di chili di Parmigiano Reggiano e Grana Padano. Nel complesso, le esportazioni dell’agroalimentare italiano sono scese al minimo da almeno un decennio con una perdita stimata nei due anni di 7,5 miliardi rispetto ai valori precedenti l’embargo.» [via]

Stavo pensando alla vita d'agosto dei parlamentari europei a Strasburgo, così pure a quella dei commissari europei a Bruxelles, poverini, così dimenticati nel loro impegno. È pensando a loro, agli Stati Europei che rappresentano, in particolare al gigante economico tedesco, che tanto si è prodigato affinché l'Unione Europea restasse un nano politico, che mi sembra pertinente raffrontare due notizie affatto eterogenee.

La pensata è questa: date le rinnovate sanzioni alla Russia (sino al gennaio 2017), visto che tante merci europee, in precedenza assorbite dal mercato russo, non trovano sbocco su altri mercati; considerato inoltre che, per la logica (assurda) del mercato, tali prodotti non possono essere venduti a basso costo o "regalati" e dovranno finire al macero, perché non inviarne, via aerea, un copioso omaggio (85mila prosciutti più altrettanti würstel bavaresi) a quei simpatici filantropi della dinastia saudita?
Questo anche alla luce del fatto che ancora nessuna nazione europea o “atlantica” - dati i comprovati fatti che dimostrano un collegamento tra i wahabiti e i quadri di Daesh - ha ancora immaginato una risposta sanzionatoria nei confronti dell'Arabia Saudita, analoga a quella presa anni fa nei confronti dell'Iran (considerato una nazione che finanzia il terrorismo) o a quella, per l'appunto, presa nei confronti della Russia, nazione la quale è vero in Ucraina si sarà macchiata di imperialismo (seppur in risposta all'imperialismo atlantico), ma di certo non finanzia i terroristi isissiani.

Il niente d'agosto

Ci sono dei posti in Italia in cui d'agosto non c'è nessuno, anche quei pochi passanti sono nessuno, io stesso, i portici, le luci accese, spente, e fontane che zampillano il niente. Sono belle sere queste d'agosto in cui l'assenza vale più che l'essenza e i concerti, le sagre, le feste, i fuochi d'artificio si sentono lontani lontani, e le macchine sembrano tutte senza tubo di scappamento. Sere d'agosto benvenute, in cui non ti viene neanche sonno a stare senza far niente sotto un tiglio che incolla le ciglia agli occhi che tentavano di mimarlo. Sere d'agosto che nemmeno d'inverno: ti passano accanto deputati piddini che hanno tentato di convincere pochi astanti alle feste del cinghiale in umido sulla bontà del votare un cazzo al referendum, nessuno li riconosce, io a mala pena perché avevo letto su un manifesto che c'erano, su manifesti che ti metti a leggere soltanto in certe sere d'agosto quando le uniche facce che incontri sono quelle stampate sui manifesti, le altre sono colonne, pali della luce, cartelli stradali che indicano Roma non esiste, è un'astrazione, come la terrazza del Pincio una sera d'agosto come questa con due presenze belle abbracciate e adesso così distanti assenze.

venerdì 5 agosto 2016

Il tempo è lo spazio dello sviluppo umano

Ragionare per uscire da una situazione, pur non se in tale situazione non ci sono ragionamenti da fare; ragionare come se non avessimo niente da perdere, pur sapendo che ragionare immaginando una certa situazione non è la stessa cosa che ragionare essendoci in tale situazione.
La situazione non è scelta, anzi: è la situazione che ci sceglie. E una volta scelti, impariamo a esercitare il ragionamento ai fini dello svolgimento della situazione.

Nella pancia della classe di appartenenza siamo simili ai batteri della flora intestinale: si espletano funzioni e si aspetta che nuove generazioni ci diano il ricambio. Lieti di lavorare per la maggior gloria di chi ingoia ampie fette di mondo sicuro che tanto, nei bassifondi, qualcuno a compiere il lavoro sporco della digestione si trova sempre, a buon mercato.

Può essere che le cose stiano in questi termini? 

Lungomare, lungosole, lunga voglia di vivere senza doversi concedere troppo alla schiavitù.

«Il tempo è lo spazio dello sviluppo umano. Un uomo che non dispone di nessun tempo libero, che per tutta la sua vita, all'infuori delle pause puramente fisiche per dormire e per mangiare e così via, è preso dal suo lavoro per il capitalista, è meno di una bestia da soma. Egli non è che una macchina per la produzione di ricchezza per altri, è fisicamente spezzato e spiritualmente abbrutito. Eppure, tutta la storia dell'industria moderna mostra che il capitale, se non gli vengono posti dei freni, lavora senza scrupoli e senza misericordia per precipitare tutta la classe operaia a questo livello della più profonda degradazione.» Karl Marx, Salario, prezzo e profitto, 1865

giovedì 4 agosto 2016

A considerare le cose dappresso

Longhi: «La vita dell'uomo moderno è basata su una serie di estrapolazioni dalla realtà, che procede come una spirale, all'infinito, o verso la complicazione più totale».
Riccardo: «Molti giovani qui vogliono rompere questa spirale, ma la protesta è ancora troppo confusa, declamatoria, pittoresca, sensuale. Un giorno diventerà anche religiosa. Ma allora dovremo fare i conti col Grande Fratello di Orwell. Dovremo adorarlo.»
Longhi: «Facciamo invece un film su questi giovani. Ecco la storia che vai cercando.»
Riccardo: «Già, per aumentare la confusione! Ma poiché siamo nell'argomento; io non ho consigli da darti su una storia da scrivere qui. Sento che la verità è nella follia. In fondo, io amo questo paese e non capisco nemmeno quello che mi succede, ma voglio che mi succeda, questo è il punto. Ormai penso in inglese, e la lingua italiana mi sembra un mezzo per tessere eleganti menzogne attendibili. L'Italia è un sogno che ho fatto quando ero giovane.»[*]

Ennio Flaiano, Il gioco e il massacro, Rizzoli, Milano 1970

Estrapolare è oramai un'abitudine. Il flusso continuo di avvenimenti, a spirale, di fatti e di notizie che compongono la realtà, più che consegnarci all'infinito, che comunque è una direzione, un sapere dove andare, ci riduce a una complicazione totale, a una impasse dove non si capisce più da quali dati partire per formulare quei problemi che potremmo risolvere...

«A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. Come non si può giudicare un uomo dall'idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente fra le forze produttive della società e i rapporti di produzione. Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché l’umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione.» Karl Marx, Per la critica dell'economia politica, 1859

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[*] Il dialogo tra Longhi e Riccardo è dentro un tessuto narrativo; mi sono permesso di renderlo più schematico.

mercoledì 3 agosto 2016

E soprattutto di ragazze

« Mi chiedo se l'Italia di oggi – e quindi noi tutti – non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri; non perché avessero ragione, o perché bisogna sposare, per convenienze non ben decifrabili, una sorta di inaccettabile parificazione tra le parti, bensì perché occorre sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze [corsivo mio], quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà. Questo sforzo, a distanza di mezzo secolo, aiuterebbe a cogliere la complessità del nostro paese, a costruire la liberazione come valore di tutti gli italiani, a determinare i confini di un sistema politico nel quale ci si riconosce per il semplice e fondamentale fatto di vivere in questo paese, di battersi per il suo futuro, di amarlo, di volerlo più prospero e sereno. Dopo, poi, all’interno di quel sistema comunemente condiviso, potranno esservi tutte le legittime distinzioni e contrapposizioni». Luciano Violante, maggio 1996


Un episodio: «La Barocci (una fascista marchigiana, condannata a morte, amnistiata, assolta) e altri camerati condussero il militare (un soldato sardo sbandato) nello spiazzo retrostante la caserma della Gnr e lo costrinsero a correre intorno al largo cratere di una bomba, finché cadde esausto. Allora lo fucilarono e lo seppellirono in quella stessa buca coprendolo sommariamente, tanto che una mano del soldato affiorava dalla terra». Corrado Stajano, agosto 2016



Vent'anni dopo, come feci allora, è sempre lecito mandare a fare in culo qualcuno?

martedì 2 agosto 2016

La rabbia e il cancro

Tra la rabbia (Trump) e il cancro (Clinton), Panebianco sceglie il cancro. Lo sceglie perché s'illude che, prolungando la solita politica praticata da alcuni decenni a questa parte, la nave ammiraglia possa trallallero continuare il girotondo intorno al mondo come se niente fosse accaduto, come niente stesse accadendo, come se coloro che già sono stati sul ponte di comando garantiranno, se eletti ammiragli, una migliore navigazione rispetto a quelli che - forti dell'incaglio in cui è stato condotto il bastimento - si dicono sicuri di disincagliarlo con la rabbia propria dei «neo-nazionalisti schiamazzanti di vario colore»¹ (sempre più tendente al tetro e/o all'orrido).
Quel che conta è crederci e restare - mi raccomando! - dentro le categorie dello sfacelo democratico e sempre ben saldi nel campo dei possibili, ovverosia dei più probabili modi per restare nel pantano. 

Bravo Panebianco, bravo testa di professore ordinario dai pensieri ordinari, nel senso che sono diuturnamente ispirati dall'ordine costituito. Un ordine che si va decomponendo, ma ex-cathedra pare di no.

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¹ Tomasz Konicz, Halt ze German advance.

Stati bipolari

«I conoscenti dei terroristi si dicono sempre stupiti: “Non capiamo, era una persona gentile (o un piccolo delinquente), non era un musulmano praticante, beveva, fumava spinelli e frequentava le ragazze. Poi è cambiato, si è lasciato crescere la barba e ha cominciato a parlare di religione”.» Olivier Roy.


«Non è neppure un buon segnale per il generale Khalifa Haftar, che voleva diventare il liberatore dal Califfato per proporsi come l’unico pretendente al potere. Non lo è nemmeno per i suoi alleati, il generale egiziano Al Sisi e la Francia, che qualche giorno fa ha dovuto ammettere la perdita di alcuni uomini delle forze speciali caduti al fianco delle truppe di Haftar. L’Egitto non ha mai rinunciato alle mire in Cirenaica e ad avere il controllo della frontiera orientale, la Francia vede nella Libia una cassaforte energetica e un Paese chiave per estendere la sua influenza sotto il Sahel.
I bombardamenti coincidono con una fase di imbarazzo per le operazioni della Francia in Libia. Il sostegno al controverso generale Haftar, nemico numero uno di Tripoli, ha reso evidente la politica del “doppio binario” intrapresa da Parigi nell’ex colonia italiana: una guerra neppure troppo sotterranea condotta con un nemico dei jihadisti ma anche fiero avversario del governo della Tripolitania, in netto contrasto con il riconoscimento di Parigi dell’autorità del governo di unità nazionale.» Alberto Negri



Perché ci stupisce - e atterrisce  il comportamento bipolare, maniacale depressivo del singolo individuo e, per contro, ci lascia completamente indifferenti, intorpiditi, amorfi, il comportamento a «doppio-binario» di uno Stato bipolare? Perché se giustamente siamo disposti a scendere in piazza e a entrare nelle chiese contro il terrorismo di pochi individui disturbati, non siamo disposti a scendere in piazza, a entrare nei parlamenti contro la politica neolocoloniale che i governanti (rappresentanti della cosiddetta volontà popolare, ricordiamolo) di uno Stato compiono? 

lunedì 1 agosto 2016

Segretare di Stato

«Ovviamente siamo sempre in un’area opaca». Guido Olimpo.

Proviamo per un attimo a credere, insieme a Hillary Clinton, che veramente dei pirati informatici russi, su ordine del Cremlino, abbiano violato la sua casella di posta elettronica.

E allora? Se così fosse, non dovrebbe essere contenta per poter così dimostrare al suo Paese e al mondo intero che lei non  ha niente da nascondere? Per qualcuno che si candida alla Casa Bianca, la trasparenza è tutto, quindi non dovrebbe costarle molto rendere lei stessa pubbliche le mail. O invece lei è preoccupata perché nella sua casella di posta elettronica possono essere scovati contenuti imbarazzanti o, peggio, compromettenti? Mi riferisco soprattutto al periodo in cui, da Segretaria di Stato, fece di tutto affinché Gheddafi fosse detronizzato - provocando così il disastro libico che portò anche alla morte dell'ambasciatore americano Christopher Stevens.