lunedì 12 novembre 2012

I mercati sono una bella bestia fatta di compassionevoli investitori

Dal loro punto di vista essi hanno perfettamente ragione a non
«trovare alcuna differenza etica tra chi investe con un orizzonte temporale breve e chi investe con un orizzonte temporale lungo»
giacché - sempre dal loro punto di vista -
«i mercati non sono una brutta bestia fatta di cinici speculatori. Chiunque sia sul mercato ci sta per fare soldi, e cerca di farlo a seconda delle proprie capacità».»
Per chi mantiene la mente, rigorosamente, dentro i parametri economici del capitalismo, mica s'interroga sul fatto che, in quel “chiunque”, ci stanno pochi, pochissimi esseri umani, il cui modo di «fare i soldi» secondo le «proprie capacità» alluviona il pianeta di miseria e infamia.
E non s'interroga perché crede ancora nella favola della buona borghesia 

«Durante il suo dominio di classe appena secolare la borghesia ha creato forze produttive in massa molto maggiore e più colossali che non avessero mai fatto tutte insieme le altre generazioni del passato. Il soggiogamento delle forze naturali, le macchine, l'applicazione della chimica all'industria e all'agricoltura, la navigazione a vapore, le ferrovie, i telegrafi elettrici, il dissodamento d'interi continenti, la navigabilità dei fiumi, popolazioni intere sorte quasi per incanto dal suolo - quale dei secoli antecedenti immaginava che nel grembo del lavoro sociale stessero sopite tali forze produttive?
Ma abbiamo visto che i mezzi di produzione e di scambio sulla cui base si era venuta costituendo la borghesia erano stati prodotti entro la società feudale. A un certo grado dello sviluppo di quei mezzi di produzione e di scambio, le condizioni nelle quali la società feudale produceva e scambiava, l'organizzazione feudale dell'agricoltura e della manifattura, in una parola i rapporti feudali della proprietà, non corrisposero più alle forze produttive ormai sviluppate. Essi inceppavano la produzione invece di promuoverla. Si trasformarono in altrettante catene. Dovevano essere spezzate e furono spezzate.
Ad esse subentrò la libera concorrenza con la confacente costituzione sociale e politica, con il dominio economico e politico della classe dei borghesi.
Sotto i nostri occhi si svolge un moto analogo. I rapporti borghesi di produzione e di scambio, i rapporti borghesi di proprietà, la società borghese moderna che ha creato per incanto mezzi di produzione e di scambio così potenti, rassomiglia al mago che non riesce più a dominare le potenze degli inferi da lui evocate. Sono decenni ormai che la storia dell'industria e del commercio è soltanto storia della rivolta delle forze produttive moderne contro i rapporti moderni della produzione, cioè contro i rapporti di proprietà che costituiscono le condizioni di esistenza della borghesia e del suo dominio. Basti ricordare le crisi commerciali che col loro periodico ritorno mettono in forse sempre più minacciosamente l'esistenza di tutta la società borghese.
Nelle crisi commerciali viene regolarmente distrutta non solo una parte dei prodotti ottenuti, ma addirittura gran parte delle forze produttive già create. Nelle crisi scoppia una epidemia sociale che in tutte le epoche precedenti sarebbe apparsa un assurdo: l'epidemia della sovrapproduzione. La società si trova all'improvviso ricondotta a uno stato di momentanea barbarie; sembra che una carestia, una guerra generale di sterminio le abbiano tagliato tutti i mezzi di sussistenza; l'industria, il commercio sembrano distrutti. E perché? Perché la società possiede troppa civiltà, troppi mezzi di sussistenza, troppa industria, troppo commercio. Le forze produttive che sono a sua disposizione non servono più a promuovere la civiltà borghese e i rapporti borghesi di proprietà; anzi, sono divenute troppo potenti per quei rapporti e ne vengono ostacolate, e appena superano questo ostacolo mettono in disordine tutta la società borghese, mettono in pericolo l'esistenza della proprietà borghese. I rapporti borghesi sono divenuti troppo angusti per poter contenere la ricchezza da essi stessi prodotta. -Con quale mezzo la borghesia supera le crisi? Da un lato, con la distruzione coatta di una massa di forze produttive; dall'altro, con la conquista di nuovi mercati e con lo sfruttamento più intenso dei vecchi. Dunque, con quali mezzi? Mediante la preparazione di crisi più generali e più violente e la diminuzione dei mezzi per prevenire le crisi stesse.»

Dal 1848 a oggi sono trascorsi 164 anni. Eppure quanto più moderna, attuale e capace di penetrare la realtà delle cose è ancora tale lettura rispetto a quella che offrono coloro che si premurano nel dare istruzioni su come sia meglio predare il mondo. Per pochi.

Cazzo gliene ne frega a miliardi di esseri umani se poi il più capace, il migliore di questa banda di predatori autorizzati dalla favola della democrazia, dichiara al mondo intero che metà del suo patrimonio sarà devoluto in beneficenza e che ai figli non lascerà un cazzo, camminassero sulle loro gambe e imparassero a macinare ricchezza da soli. Cazzo gliene ne frega alla moltitudine se tale fortuna è fatta grazie alle magie della “previsione”, quando, parallelamente nel mondo, persino nel primo mondo qualcuno che, non ha previsto bene, salta giù dal quinto piano perché, non potendo pagare il mutuo, gli è arrivato lo sfratto e preferisce “volare” piuttosto che atterrare sulla merda capitalista?

Ok, ci avete dato la formula magica: 
«un investimento "vero" è uno che genera, almeno potenzialmente, una rendita. Per cui investire a lungo termine in azioni che pagano (o si prevede che pagheranno) dividendi è l'unico modo di essere investitori. »
Saggio consiglio, anche per chi ha da investire soltanto rabbia, giacché la rabbia, a lungo termine, sarà il dividendo che vi seppellirà.

2 commenti:

Fahrenheit451 ha detto...

Approvo.
Parola per parola.

Un'unica cosa aggiungerei...

Un bel pò di terra, oltre alla rabbia, che il seppellimento sia profondo, e definitivo...

Luca Massaro ha detto...

Cominciamo a scavare? ;-)