mercoledì 21 novembre 2012

Sono un anthropos stravolto

I cattolici italiani tengono molto al che, in Francia, la bozza di legge, che prevede il diritto di sposarsi anche per gli omosessuali, venga accantonata. Ci tengono molto perché, se diventasse legge dello Stato, a quel punto, dopo la Spagna, un altro paese a maggioranza “cattolica” avrebbe, nella propria legislazione statale laica, una legge che cozza di  brutto contro i principi religiosi della Chiesa.
Spinto da questa motivazione, Avvenire intervista figure di spicco del panorama culturale francese (e non solo) per trovare una sponda “laica” e “ragionevole” che dia credito intellettuale alle ragioni del no al matrimonio tra gay. Per esempio, oggi è possibile leggere questa intervista al filosofo e teologo Xavier Lacroix «membro del Comitato consultivo francese d’etica e studioso di fama internazionale».
Tuttavia, nonostante il suo prestigio, non riesco a trovare, nelle sue risposte a domande capziose, alcuna motivazione intellettuale convincente riguardo alla questione.
Addirittura, a volte, è il mio limite da pseudo intellettuale di provincia, non riesco proprio a capire cosa voglia dire:

C’è chi sottolinea il rischio di uno stravolgimento antropologico più che morale. Che ne pensa?
«La misura riguarda apparentemente un numero molto ristretto di persone. Una minoranza di persone omosessuali chiedono questa riforma e dunque essa riguarda una minoranza nella minoranza. Nei Paesi che hanno istituzionalizzato le nozze omosessuali, l’1,5% dei matrimoni riguardano persone dello stesso sesso. Ma gli argomenti avanzati toccano tutti, poiché si sente dire sempre più spesso che la famiglia non poggia più sulla “biologia”, cioè sulla nascita, ma che poggerebbe invece sulla volontà e su un quadro giuridico. Penso che se la famiglia non poggiasse più sulla nascita, quest’ultima non avrebbe più accesso alla dimensione simbolica, mancando la relazione fra nascita e legame filiale. È questa relazione fra nascita e legame filiale che mi sembra la principale posta in gioco antropologica».

Scrive l'intervistatore: «C'è chi sottolinea» - senza dire “chi” sottolinea - «il rischio di uno stravolgimento antropologico più che morale» - e dovrebbe avere il coraggio di andare fino in fondo e dire quale tipo di stravolgimento occorrerebbe all'antropos qualora gli omosessuali avessero il diritto di sposarsi.
Ma peggio risponde il Lacroix, il quale, pur riconoscendo che in fondo si sposerebbe solo una minoranza di coppie omosessuali, impanca un discorso che questo sì stravolge la mente. Ciò che fa più specie è vedere come, a fronte di un onesto riconoscimento della questione («Una minoranza di persone omosessuali chiedono questa riforma e dunque essa riguarda una minoranza nella minoranza»), egli pensi che «se la famiglia non poggiasse più sulla nascita, quest'ultima [la nascita? ho perso il soggetto] non avrebbe più accesso alla dimensione simbolica, mancando la relazione fra nascita e legame filiale». Come a dire (se ho capito, chiaro): se il nascituro nasce e cresce e si sviluppa all'interno di una coppia gay, venendogli a mancare il legame tra il suo essere nato e il come sia nato (inseminazione o adozione), questo sarebbe una posta in gioco da non osare permettersi di giocare, pena uno stravolgimento antropologico. Ah sì?
Più avanti si legge:

Alcuni oppositori evocano la Convenzione internazionale sui diritti del bambino. A ragione?

«Penso anch’io che dovremmo far riferimento molto di più a questa Convenzione del 1989 e soprattutto al suo articolo 7, che stipula che “il bambino ha il diritto, nella misura del possibile, di conoscere i suoi genitori e di essere educato da loro”. Tenendo in maggior considerazione i diritti del bambino interpretati in questo senso, si ragionerebbe in modo diverso. Ma il problema è che oggi il bambino è soprattutto percepito come un oggetto di diritto e dunque le coppie omosessuali affermano che hanno diritto al bambino come si potrebbe aver bisogno di un bene di consumo. In una trasmissione, un avvocato evocava persino un “mercato dei bambini”. Trovo ciò molto preoccupante".


Il diritto di conoscere i suoi genitori non vieta ai genitori di essere dello stesso sesso. Stop. E poi è sicuro il filosofo-teologo che il bambino sia percepito come un oggetto di diritto, anziché un soggetto  di diritto? E poi anche lui, così, per non farci mancare la puntura anonima: «In una trasmissione (quale?), un avvocato (chi?) evocava persino un mercato di bambini (dove?). Trovi ciò preoccupante? E basta? Chiama la polizia citrullo!
Infine la perla, con domanda e risposta conclusive

Alcuni cristiani esprimono il proprio timore di essere bollati come “omofobi”. Come coniugare le proprie convinzioni e il dovere cristiano di accogliere l’altro?

«Da una parte, affermando semplicemente che distinguiamo la questione dell’omosessualità da quella del matrimonio. Non giudichiamo l’orientamento omosessuale quando affermiamo che il matrimonio è un’istituzione che non dipende solo dalla volontà. In secondo luogo, mettendo molto più in evidenza tutto ciò che si fa all’interno della Chiesa per accogliere le persone omosessuali».


Non siete omofobi: siete religiosi e volete imporre i vostri dogmi come legge, questa è la verità. E se poi, o filosofo-teologo, il matrimonio non dipende solo dalla volontà, mi saprebbe spiegare da cosa altro dipende? Da qualche divinità? E se sì, quale? Me lo dice per favore? Sa, avrei bisogno di parlarci.

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