mercoledì 18 ottobre 2017

Il destino dell'artista


«Molte società del passato hanno insistito affinché le loro valutazioni specifiche sulla verità e sulla morale fossero raffigurate dagli artisti. Di conseguenza, l’artista egizio dovette produrre un prototipo prefissato una volta per tutte; l’artista cristiano dovette attenersi alle prescrizioni del secondo Concilio di Nicea o essere colpito da anatema oppure, come il monaco nell’era iconoclasta, lavorare nel pericolo e di nascosto. Potremmo osservare che i nudi di Michelangelo furono alla fine costretti a ricoprirsi con le braghe e con i drappi appropriati. L’autorità formulava le regole e l’artista vi si atteneva. Non tratteremo in questa sede di coloro che, con la loro audacia, hanno dato periodicamente nuova linfa all’arte, salvandola dall’imitazione narcisistica di se stessa. Possiamo sostenere con esattezza, che durante questi periodi, l’artista era costretto a piegarsi a tali regole o a fingere un’aria sottomessa, affinché gli fosse concesso esercitare la sua arte.
Il destino dell’artista oggi è lo stesso: il mercato, rifiutando o rendendo disponibili i mezzi di sussistenza, esercita, come si può osservare, la stessa coercizione. Vi è pertanto una differenza vitale: le civiltà prima ricordate detenevano il potere temporale e spirituale per far valere, per sommi capi, le loro richieste. I Fuochi dell’Inferno, l’esilio e, sullo sfondo, la ruota e il rogo, servivano da correttivi là dove la persuasione veniva meno. Oggi il mordente è la Fame, e l’esperienza degli ultimi quattrocento anni ci ha dimostrato che questa fame non è così impellente come l’imminenza dell’Inferno e della Morte».

Mark Rothko, L'artista e la sua realtà, Skira, Milano 2007

Salvo i pochi, bravi o supposti tali, fortunati che hanno incontrato i gusti del mercato, per il resto degli artisti, blogger compresi, occorre produrre arte senza alcuna pretesa di ricavare da essa i mezzi di sussistenza. Arte libera, quindi - nei limiti di una libertà concessa dalla nostra epoca, dalla nostra società.
Quello che c'è di buono in  tutto ciò è che, almeno, non si tarla la mente con il cruccio dell'incompresione. 
Non capite quello che voglio dire? Importa sega -  e avanti.

Aggiunta.
Il mordente è la Fame... e la fame non è così impellente.
Già, perché è colpa dell'affamato avere fame, sempre per il famoso adagio del merito.

2 commenti:

Marino Voglio ha detto...

sí che si tarla la mente, con il cruccio dell'incompre n sione.

...e a partire dal quarto bicchiere certe volte esce pure fuori!

Olympe de Gouges ha detto...

il ricatto della sussistenza riguarda miliardi di persone