giovedì 26 ottobre 2017

-tellum

Quand'ero bambino, sapevo tante cose sul calcio, lo seguivo con passione, leggevo la Gazzetta, guardavo la Domenica Sportiva. Gradualmente, crescendo, la passione si trasformò prima in un moderato interesse che, successivamente, si evolse in disinteresse accentuato, fino al totale menefreghismo. Del calcio, infatti, da più di dieci anni oramai, sento soltanto un'eco lontana, quella che rimbalza sulla pareti dei media e si ripete, talvolta, nelle voci delle persone che incontro. Sulla mia parete normalmente - questa è un'eccezione - tale eco si frange e cade a terra.
Non è snobismo, per carità, è che, in prima istanza, il gioco in sé che non mi dice più niente, di più: mi annoia profondamente, anche i dribbling di Messi - e ho detto tutto; in secondo luogo, il contorno del calcio, e cioè: squadre, bandiere, società, tifosi, direttori sportivi, presidenti, costume, copertura mediatica, eccetera, lo trovo abominevole, intollerabile, rivoltante - ma lo dico per me, e non ho nessuna pretesa di convincere nessuno, anche se, come esperimento sociale, mi piacerebbe, per magia, che gli stadi fossero deserti, che gli abbonamenti alle pay tv sul calcio si riducessero sino a scomparire, giusto per scoprire dove si convoglierebbero tutte le attenzioni che tale attività umana, totalmente asservita ai dettami tardocapitalistici, desta.

Parimenti, la politica, che - convengo - non è uno sport (sarebbe meglio, forse, ché almeno un pallone d'oro all'anno qualcuno lo meriterebbe). Una volta mi interessavo agli accadimenti, leggevo editoriali, mi schieravo - soprattutto a sinistra - ero preso, insomma, da una accesa passione politica, che mi faceva persino leticare coi parenti e amici prima democristiani o socialisti e poi berlusconiani.

Poi ho letto Marx - anche e soprattutto tramite la mediazione di interpreti impareggiabili, quali Olympe de Gouges e altri autori della WertKritik (critica del valore), e di quella roba chiamata politica, che appare sui giornali o in tv, che si dibatte e starnazza in stanze di partito o in parlamento, io provo un enorme disprezzo e irrecuperabile disinteresse. 

Tutto questo soltanto per dire che io delle merde secche di vacca che se, inavvertitamente, ci cammini sopra fanno puf!, io, dicevo, non parlerò più (o, almeno, mi prometto di non parlarne e saprò smentirmi - e smerdarmi - da solo se lo farò).