C’era
un libro che aspettavo da anni e finalmente Gianluigi Simonetti l’ha
scritto, La letteratura circostante. Narrativa e poesia
nell’Italia contemporanea, Il
Mulino.
L’aspettavo
perché desideravo che qualcuno, in
modo autorevole, sia pure nei
limiti della sincronicità, compisse
un’analisi critica che
avesse il merito di offrire
un quadro “clinico” imparziale del corpo letterario italiano,
senza dire – e qui
sta il pregio – se a esso
serva, o meno, una cura.
Sono
soltanto al primo capitolo («I nuovi assetti della
narrativa italiana»), ma credo
– senza tema di sbagliarmi,
date anche le premesse di una splendida introduzione – che il
libro confermerà un
mio pregiudizio di non
lettore della letteratura
italiana (e non solo italiana) contemporanea. Pregiudizio,
che è questo: la narrativa
odierna è perlopiù costituita da
libri
brutti, che non dicono nulla di che, inutili in gran parte, ovvero
utili soltanto a chi li pubblica e chi li scrive se riescono
a vendere bene, se
hanno successo, se diventano film o serie tv. Libri che segneranno l’epoca come una delle più
insulse della storia, come è
stata insulsa e spregevole
anche la politica, nevvero, e la società in generale. Libri che
restituiscono, come uno schiaffo, la condizione passiva
della letteratura (dell’arte,
in generale) faccia al
potere: anche quando tentano di denunciarne gli abusi, lo scimmiottano. Libri
autocompiaciuti,
che non spingono
la mente oltre il dato, l’attualità schifa, la menzogna. Libri che
non rivelano, anzi coprono di carta igienica
la merda prodotta dal mondo circostante e, peggio ancora, non tirano
lo sciacquone. Libri a galla, dunque, vaganti
tra le onde, nutrienti come
plastica per i pellicani.
«Più
nessuno verifica per noi ciò che leggiamo».
Beh, Simonetti lo ha fatto e a lui va il mio sincero grazie.
1 commento:
«Più nessuno verifica per noi ciò che leggiamo»
ah, io nun ciobbisogno, comunque grazzie.
(sarà perché nun leggo più gnente?)
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