lunedì 22 aprile 2019

Aggiungere un fatto alle parole

Io sono dell'avviso, poi, te, fa' un po' come ti pare, sii pure dell'abbraccio, ognuno metta la parte di corpo camuffata che vuole, purché si accorpi, giacché accorparsi è importante, vedi le multinazionali o le partecipate statali, in particolare coloro che occupano i posti della dirigenza, tanti ducetti, tante ducette, ognuno di loro che sa comandare a modino, fa' questo, ordina quest'altro, sembrano nati, tagliati fini fini come la mortadella coi pistacchi iraniani (sempre che non se ne abbiano a male, i pistacchi, di stare a stretto alla carne di porco).
A proposito dei prodotti agroalimentari del medio (o mignolo?) oriente, un inciso. Un paio di giorni or sono ho comprato un avocado israeliano, uno, a 1,78€, duro come un sasso dell'Intifada, che per mangiarlo mi sa dovrò aspettare che in Israele perda le elezioni o vada in galera Netanyahu.

- Ho inciso bene, Albrecht? 
- Così così, però si vede che sei un tipo melanconico.

Salvini... Non lo rammento quasi mai, anche meno che di di di di di di di di Di Maio. Comunque, Salvini lo evito perché a pensarci mi si bloccano le sinapsi davanti a certi tipi umani, nonostante la di loro presenzialità, loquacità, facciadiculità, incredulità, baccalà alla livornese. E selfami sto mitra.

Ma soprattutto - e senza con questo far paragoni storici, ma solo per fare un passo o due sulle spalle di un gigante - come disse Karl Kraus: «Su Hitler non mi viene in mente nulla» (luglio 1934), così io pure, nel mio piccolo, ripeto: su Salvini non mi viene in mente un cazzo (aprile 2019). Ma più ancora desidero ripetere quanto Kraus scrisse vent'anni prima, nel dicembre 1914, a Prima Guerra Mondiale in corso:

«In quest'epoca rumorosa che rimbomba dell'orribile sinfonia dei fatti che producono notizie, e delle notizie che sono colpevoli dei fatti: in quest'epoca non attendetevi da me alcuna parola particolare. Nessuna fuorché questa, che serve appena a preservare il silenzio dal fraintendimento. Troppo profondo è in me il rispetto per l'immutabilità, la subordinazione della lingua alla sventura. Nei regni della povertà di fantasia, dove l'uomo muore di carestia spirituale, dove le penne sono intinte nel sangue e le spade nell'inchiostro, ciò che non è pensato deve essere fatto, ma ciò che è solo pensato è inesprimibile. Non si aspettino da me una sola parola. Né potrei dire alcuna parola nuova, dato che nella stanza in cui uno scrive il rumore è così forte; e se provenga da animali, da bambini o soltanto da mortai, non è cosa da decidersi ora. Chi aggiunge parole ai fatti, deturpa la parola e il fatto, ed è doppiamente spregevole. Questa professione non si è estinta. Quelli che ora non hanno nulla da dire, poiché il fatto ha la parola, continuano a parlare. Chi ha qualcosa da dire si faccia avanti e taccia».

Dunque, al fatto è meglio aggiungere i fatti, al mitra, un mitra che spara nella direzione giusta. 

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Le citazioni sono tratte da Karl Kraus, Elogio della vita a rovescio, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1988.

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