venerdì 2 agosto 2019

Cardiologia

Quando la vampata di calore provocata dal liquido di contrasto lo investì in tutto il corpo, Egidio ripensò per un attimo allo splendido ramarro visto la mattina prima, bello verde e lucente, che rimase fermo una decina di secondi davanti a lui finché, appena mise mano al cellulare per fotografarlo, rapido, fuggì via, inoltrandosi in una siepe. «Se fosse stato dieci volte più grande, a scappare sarei stato io», pensò banalmente Egidio, più che altro perché avrebbe voluto scappare da quella posizione oltremodo scomoda, fredda, con tutti quelli infermieri vestiti da rettili (dieci volte più grandi di lui) che si apprestavano a fargli la tac.

«Cardiopatia. Dobbiamo tenerlo in osservazione qualche giorno», gli disse la dottoressa di turno del pronto soccorso. Ma Egidio non pensava al cuore, no. Aveva troppo male alla schiena per pensare a un organo che era battuto sempre per i fatti suoi, soprattutto in amore: «Quanto sarebbe stato opportuno non gli avessi dato retta: adesso, invece di ritrovarmi solo, forse avrei accanto a me Lara che mi ha sempre voluto bene, era innamorata di me e io invece, niente, il cuore, dicevo, il cuore: il cuore un corno».

L'osservazione andò bene. Fu dimesso l'indomani, dopo la visita del mattino. Poco prima di uscire dall'edificio, Egidio si fermò per prendere un caffè al bar dell'ospedale. Mentre era in fila alla cassa, due dita delicate gli sfiorarono una spalla: era Lara. (Ma tu guarda, pensò). Presero, dunque, un caffè insieme, seduti in mezzo al via vai continuo. Lei si trovava lì per via di suo marito, che aveva subito un intervento al cuore. (Ma tu guarda, pensò). Anche lui si trovava lì per via del cuore, un cuore al quale non avrebbe dovuto dar retta, le disse. Senza capire la ragione, Lara sorrise e gli accarezzò una mano. Forse fu l'unica volta in vita sua che a Egidio il cuore batté come avrebbe voluto.