Se avessi qualcosa da dire, oggi, sul 25 aprile, lo direi, ma temo di non averlo, sicché sto zitto, al riguardo, e, come ai Tempi di Bellosguardo, me ne sto «nella corusca distesa che s'inarca verso i colli», lontano dal celebrare distorto delle museruole FFP2, dai gomiti alzati delle autorità ubriache di potere securitario, e dalla gente (troppa, tanta) che li applaude perché rassicurata dai protocolli delle Fave di Sion.
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Ai critici progressisti
Non mi parlate di primavere avvenire
le vostre bocche acide le disseccano.
Non dite che domani la giustizia vi farà vivi,
che sarà vendetta nei figli la schiena piagata dei padri.
Non consolate nessuno non toccate nessuno
non spostate le pietre pazienti delle macerie.
Lo sappiamo, ma molto più forte di voi:
i nostri fratelli verranno con picchi e badili
a rovesciare neve e cenere. Nei cortili
sarà spezzato il gelo che ai gennai passati fu eterno
la fogna renderà le scarpe all'assassinato
la calce cancellerà lo sgorbio stralunato
sarà dimenticato dimenticato l'inverno.
Ma oggi ancora la vendetta è al poeta
più dolce del vino e della dimenticanza.
E per farvi crepare, ottimisti,
oh colarvi dentro tanto cemento
quanto basti per un monumento
alla Salubrità dei Popoli Progressisti.
Franco Fortini, in Poesia e errore, 1948
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Oh, colarvi dentro tanto cemento
quanto basti per un monumento...