sabato 3 dicembre 2016

Il messo (3)

Non sapeva più da che parte cominciare per definire questo stato: stasi? Ne dubitava: nessun muro, pochi segreti, molte brecce aperte nel suo cuore o nei capelli che si elettrizzavano dopo ogni shampoo ristoratore. Per fortuna il cappello. Anche per i pensieri, certo, che altrimenti sarebbero fuggiti via in sospensione, nell'ozonosfera.
Scese le scale senza molta convinzione, indugiando a ogni gradino per ricordare dove avesse parcheggiato la macchina. La sera prima era ritornato a casa mezzo sbronzo, la colombiana non lo aveva reso felice, solo più aperto. Ubriacarsi fu solo un goffo tentativo di richiudersi in se stesso, del tutto inutile. Dove poteva trovare qualcuno che lo capisse nel profondo? Si ricordò di un prete di campagna che aveva aperto una fraternità cristiana informale, dove mescolava logoterapia e cristianesimo sapienziale. Caso volle che il fine settimana venturo fosse previsto un corso, due giorni, una full immersion di gruppo per meditare sul significato della propria esistenza.
Si trovò in mezzo a quattordici persone, più o meno a lui coetanee, tranne una, una quasi cinquantenne con un neo sul naso e i capelli rossi e ricci lunghissimi. Con lui gli uomini raggiungevano otto unità. Le donne, fate il conto. Tranne tre o quattro, nessuno si conosceva e presentarsi davanti a tutti fu subito una delle prime prove che il corso prevedeva.


1 commento:

Anonimo ha detto...

Post interlocutorio, in attesa dei risvolti che potrà apportare la "logoterapia".
Detto bene in apertura, una "stasi".
Sarebbe interessante conoscere il numero dei gradini, e le pause.

caino