sabato 10 dicembre 2016

Il messo (6)

Proseguendo nelle presentazioni, fu il turno di Carlo, ingegnere trentunenne, il quale, dopo aver superato l'esame di Stato, fece domanda di assunzione presso una multinazionale di idrocarburi, ebbe un colloquio e, immediatamente, una proposta di lavoro: due anni in Arabia Saudita, responsabile tecnico in seconda di un importante giacimento petrolifero.
E questa era la ragione per cui si trovava lì a questo corso: capire se accettare o meno quell'incarico, anche alla luce del fatto che Irene no, non l'avrebbe seguito: lei era stata chiara, «io non ci vengo in quel paese di beduini dove tocca mettersi il velo e vivere perennemente dentro stanze con l'aria condizionata. Mi dispiace, solo l'idea mi atterrisce: non voglio chiudermi in un carcere nonostante ti voglia bene e forse anche di più. Vai da solo; io diciamo che ti aspetto, quando tornerai nei giorni di permesso che ti saranno concessi».

Carlo amava Irene, sicuramente più di quanto lei amasse lui. Lui la incontrò in un periodo per lei triste, da depressione: era stata lasciata dopo otto anni di fidanzamento da uno che faceva teatro, sia come attore che come regista. Costui aveva messo incinta una ragazza più giovane che partecipava ai suoi corsi di recitazione, e l'unico modo che ebbe per salvarsi la coscienza e la reputazione fu sposarla (tale ragazza, tra l'altro, apparteneva a una famiglia facoltosa che in qualche modo - pensava, da bravo stronzo - avrebbe agevolato le sue velleità teatrali). 
Fu in quel periodo che Irene si prefissò l'obiettivo di incontrare qualcuno che con le fisime e le finzioni artistiche non avesse niente a che fare, uno concreto, che costruisse ponti e non facesse il buffone alle inaugurazioni degli stessi, o li decorasse con banderuole che stanno appiccicate con lo sputo.

Carlo, quando i raggi del sorriso triste di Irene si posarono sul suo viso, decise che era tempo di spuntare dal sottosuolo del calcolo differenziale, completare veloce la tesi, dare quanto prima l'Esame di Stato, avviarsi nella professione e chiederle di... Ma adesso c'era di mezzo l'Arabia Saudita: una proposta difficile da rifiutare per la prospettiva di carriera e lo stipendio che concedeva; ma altrettanto difficile era per lui staccarsi da Irene, forse perché dentro sé presentiva che, partendo, anche lei sarebbe partita: in un'altra direzione.


«Decidersi», poi, era uno degli argomenti oggetto del corso cui aveva aderito.

8 commenti:

Marino Voglio ha detto...

me sto a appiccica'. gioco di ruolo de gente de qualche prospettiva. verigù.

Luca Massaro ha detto...

spero no con lo sputo... ;-)

scherzi a parte, grazie. Mo ce provo.

siu ha detto...

io praticamente so' ggià vinaville.

Anonimo ha detto...

Ma non è che tutti "questi" personaggi terminati le confessioni ,ti fanno una "comune" agricola e si dedicano alla "decrescita felice " ?

caino

Luca Massaro ha detto...

Vedremo. Non escludo nulla per il momento, neanche M. Latouche. :-)

Anonimo ha detto...

Sinceramente, fossi donna, neanche io andrei in Arabia Saudita tra i nomadi del deserto, alla mia famiglia è bastata ed avanzata la Bosnia Erzegovina e dintorni per capire che aria tira........vero che sui gusti non si sputa.....

Luca Massaro ha detto...

Curiosità romanzesche: alla tua famiglia «è bastata e avanzata la Bosnia Erzegovina» perché sei di origine bosniaca o perché avete vissuto per un periodo da quelle parti?

Anonimo ha detto...

Perché ho vissuto mio malgrado da quelle parti, anche in Macedonia......