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Alla
fine della Seconda guerra mondiale molti tra i piú alti vertici
militari delle Forze armate italiane avrebbero dovuto rispondere di
crimini di guerra. Nessuno venne mai processato in Italia e
all'estero. A salvarli furono gli equilibri della Guerra fredda e il
decisivo appoggio degli alleati occidentali grazie a cui l'Italia
eluse ogni forma di sanzione per i suoi militari. Diversi di loro
furono reintegrati negli apparati dello Stato come questori,
prefetti, responsabili dei servizi segreti e ministri della
Repubblica e coinvolti nei principali eventi del dopoguerra: il
referendum del 2 giugno; la strage di Portella della Ginestra; la
riorganizzazione degli apparati di forza anticomunisti e la nascita
dei gruppi coinvolti nel «golpe Borghese» e nel «golpe Sogno» del
1970 e 1974. Il loro reinserimento diede corpo a quella «continuità
dello Stato» che rappresentò una pesante ipoteca sulla storia
repubblicana. Attraverso documenti inediti, Conti ricostruisce
vicende personali, profili militari, provvedimenti di grazia e nuove
carriere nell'Italia democratica di alcuni dei principali funzionari
del regime di Mussolini.
Nel corso degli ultimi anni la storiografia si è occupata approfonditamente dei crimini di guerra italiani all'estero durante il secondo conflitto mondiale e delle ragioni storiche e politiche che resero possibile una sostanziale impunità per i responsabili. Meno indagati sono stati i destini, le carriere e le funzioni svolte dai «presunti» (in quanto mai processati e perciò giuridicamente non ascrivibili nella categoria dei «colpevoli») criminali di guerra nella Repubblica democratica e antifascista. Le biografie pubbliche dei militari italiani qui rappresentate sono connesse da una comune provenienza: tutti operarono, con funzioni di alto profilo, in seno all'esercito o agli apparati di forza del fascismo nel quadro della disposizione della politica imperiale del regime, prima e durante la Seconda guerra mondiale. La gran parte di loro venne accusata, al termine del conflitto, da Jugoslavia, Grecia, Albania, Francia e dagli angloamericani, di crimini di guerra. Nessuno venne mai processato in Italia o epurato, nessuno fu mai estradato all'estero o giudicato da tribunali internazionali, tutti furono reinseriti negli apparati dello Stato postfascista con ruoli di primo piano. Le loro biografie dunque rappresentano esempi significativi del complessivo processo di continuità dello Stato caratterizzato dalla reimmissione nei gangli istituzionali di un personale politico e militare non solo organico al Ventennio ma il cui nome, nella maggior parte dei casi, figurava nelle liste dei criminali di guerra delle Nazioni Unite.
1 commento:
e tutto ciò nel quasi totale silenzio dei partiti antifascisti, dei Togliatti (ministro dell'amnistia), di Nenni, Pertini, Parri, ecc.
"Nessuno venne mai processato in Italia e all'estero". Non proprio. Un generale fu fucilato dopo un processo farsa dagli inglesi: Bellomo, l'unico generale antifascista!
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