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domenica 29 dicembre 2019

ll borseggio dei contenuti

Su Twitter ho letto di alcuni (giornalisti?) che si lamentano contro la ministra Bellanova perché ha riportato sul sito di Italia morta l'intervista che ella ha concesso a la Repubblica e che figura, in tale quotidiano online, come contenuto a pagamento.

Scrive un twittatorolo: 
«Teresa Bellanova è il ministro più scorretto ed irrispettoso della storia della Repubblica: ennesimo articolo riservato agli abbonati pubblicato, con metodi da borseggio, sul sito di Italia Viva». 
Cazzarola, se proprio denunciarla in quanto senatrice e ministro non si può, allora la magistratura dia mandato alla polizia postale di mettere i sigilli al sito del partito.
Ma siamo proprio sicuri che abbia borseggiato un articolo? E che questo eventuale borseggio la qualifichi come ministro irrispettoso e scorretto?

Chiudendo l'occhio sinistro e la narice destra, sono andato a vedere la malefatta sul sito morto di Italia Viva e, nella sezione notizie (non linko niente, se volete, cercate - sennò fidatevi), tra le ultime pubblicate, v'è appunto l'intervista che la ministra ha concesso alla giornalista Giovanna Casadio e pubblicata (credo) sul giornale in edicola e sul sito Repubblica it come contenuto a pagamento.

In tale intervista, dopo una premessa con domanda retorica che la ministra da sola si fa: «Come giudico il bilancio di fine anno del premier Conte?» per rispondersi come le torna comodo, si contano sei domande (ficcanti come i pugni di uno sparring partner) e relative risposte. Ora, le sei domande (in grassetto) contano circa 18 righe, le risposte invece ne contano circa 40. Ebbene, se di borseggio si tratta, la Bellanova, alla giornalista Casadio e quindi a Repubblica, dovrebbe restituire soltanto i manici (e i punti interrogativi).

Quale danno economico tale borseggio avrà provocato? Ovverosia, chissà quanti internauti avranno letto a sbafo l'intervista, sebbene fossero stati lì, con la carta di credito o via paypal, pronti a sborsare quattrini come davanti a una bbw di Chaturbate? Infatti, come perdersi lo spettacolo della Bellanova che per due volte due (!) dice: «Facciamoci una domanda e diamoci una risposta»? Per gli amanti del genere, sono momenti di pura eccitazione, che portano gli utenti a godere come davanti a uno squirt.

E che diamine, quindi, signori e signore delle redazioni, considerato che vi battete indefessamente in difesa della libertà d'informazione per noi lettori e per tutti coloro che hanno a cuore i principi della democrazia e della convivenza civile: lasciateci un un po' divertire a sbafo coi vostri contenuti altrimenti a pagamento.

lunedì 24 novembre 2014

Nel frattempo

[*]

Apprezzo molto quando qualcuno si rivolge ad altri in prima persona plurale in modo che l'interlocutore non si senta coinvolto e non partecipi assolutamente all'azione prevista dal soggetto. 

«Noi nel frattempo cambiamo l'Italia».

Ecco, io non c'entro, finalmente sono loro che cambiano l'Italia, io sto fermo, al massimo, come oggi pomeriggio, cambio le gomme dell'auto (ho messo le invernali) e dipoi, dopo la palestra e la doccia, cambio le mutande sudate.

Nel frattempo io, da italiano, ho altro da fare, deresponsabilizzarmi in primo luogo non votando più, come non votai alle europee, tripudio del renzismo. Ci ho messo anni, e tuttavia ho imparato la lezione, nel frattempo. Sono cambiato io? È cambiata l'Italia?

Cambia todos cambia, affinché tutto resti come prima (GTdL): ti conosco mascherina.

Cambiamo l'Italia, gli italiani mi raccomando no, lasciateli tali e quali Minzolini, 600 milioni di euro l'anno per il suo lavoro di giornalista dirigente Rai in aspettativa. Perché ho fatto un nome? Perché? Perché eventualmente, in caso di rivoluzione (ah, ah, ah), per la decapitazione hanno bisogno di nomi. Ho fatto la spia, nel frattempo.

La frattempistica esaurisce tutta l'azione politica di Renzi: un fare per stare a galla come certe cose stanno a galla. Il frattempo è la carota davanti all'asino popolo votante che, appunto, non ci sta più a farsi dire cornuto da buoi della politica. Votatevi da soli, finché dura, finché sarete abbastanza per fare numero, per fare massa, per fare bolo. Digerirvi, nel frattempo, sarà difficile.

domenica 3 agosto 2014

Siamo tutti puttane reloaded




Sia vero o no, Clinton e Blair (ma anche altri, D'Alema compreso) hanno fatto il loro lavoro di servitori del comitato d'affari capitalista, quindi cosa vuoi che siano 500mila euro a conferenza, mica ne tengono una al giorno e poi ci devono campare le proprie fondazioni, think thank della politica moderna e io sono sicuro che Renzi contribuirà col suo pensiero a fare della Terra un pianeta peggiore, nel suo piccolo sforzo di facitore 'e 'mmerda, ponza che ti riponza, non si fanno mai bastare la settimana enigmistica al cesso, certe persone.
Nondimeno mi sembra d'uopo segnalare al giovane politico andato avanti senza bisogno di concorsi, né di televisioni, che i suddetti Clinton, Blair (e anche D'Alema) per avere i 500mila euro a conferenza una guerrettina a cranio l'hanno fatta, così tanto per espellere qualche missiluccio aria terra sopra Belgrado o Bagdad per fare degli esempi che iniziano con la B di bestie. E quindi, esimio presidente del consiglio si dia da fare, in questo semestre europeo, per promuovere una guerrettina umanitaria, in Ucraina il casus belli è alla portata persino di mia zia che ha quasi ottantacinqu'anni e se gli dico Donetsk mi risponde: «Salute».

domenica 4 maggio 2014

Fascisti su twitter


Io resto comunque contrario alla fustigazione. 
Nondimeno, per l'uso incorretto dell'unica preposizione articolata presente nell'articolo Uno della nostra Costituzione (‘su’ in luogo di ‘sul’ è un vero e proprio vilipendio della Repubblica), potrei fare un'eccezione.

martedì 29 aprile 2014

La campagna elettorale del Vac.

Non per replicare, dacché non ci tengo molto ad avere l'ultima battuta; soltanto per specificare meglio, compreso – a lui piacendo – all'acuto Zucconi, che la mia risposta al suo tweet cercava ben altro che sapere cosa che già tutti sanno, ossia che la televisione è, da sempre, il più influente e persuasivo dei media, altresì oggi, in piena voga da social network.
Il mio fallimentare rilievo (fallimentare perché non è riuscito nel suo intento) aveva il solo scopo di invitare Zucconi a riflettere su quanto sia nocivo per i giornali dare spazio in prima pagina (e in seconda e in terza) a quel tipo di eventi che accadono in tv, soprattutto a quelli di carattere politico, nella fattispecie far da eco alle flatulenze che Berlusconi scorreggia sullo schermo in forma differita: possibile che i direttori dei quotidiani non sentano il puzzo?
Aprite le finestre in redazione, cazzo! Non vi rendete conto che il vostro luogo di lavoro ha un terribile bisogno di ossigenazione?
Sono vent'anni (e più) che fate da sponda a qualcuno a cui è stato concesso di essere, insieme, padrone del biliardo e giocatore che spedisce tutti gli altri in buca.
La storia è arcinota e ripeterla è arcinoioso. E la peggior cosa è entrare nel ginepraio della contestazione delle sue enormità, lo stupirsene o, ancor più, lo scandalizzarsene.

In poche occasioni mi trovo in sintonia con Beppe Grillo e una è questa: «Berlusconi è l'oltretomba e [voi giornalisti] siete dei medium che parlano con l'oltretomba». Sono abituati, in fondo, visto tutto lo spazio che hanno dato anche ai santi. Berlusconi vive e lotta insieme a noi. Gli fanno le domande e ascoltano le risposte. E nessuno che gli sputi in un occhio, quello malato.

N.B.
Vac., va da sé, è abbreviativo di vaccaro - chissà se i mammiferi de Il foglio se ne sono accorti.

giovedì 20 febbraio 2014

Non sono un animalista


Sono stato precipitoso: manca un much, cioè: much more shins of his wife.

Mica mi manderà un drone?

giovedì 13 giugno 2013

«Per restare sospesi da un'altra parte»

La ragione fondamentale per cui un vip dell'informazione come Mentana ha abbandonato un social network come Twitter ce la spiega qui Luigi Castaldi con un post magistrale.
Per parte mia, ne intravvedo un'altra: i vip dell'informazione, ne siano consapevoli o meno, fanno da filtro tra chi esercita il potere e chi lo subisce. Essi sono mediatori, mezzani che cercano di accordare la voce del padrone e la voce del popolo, nella corale del sistema dove tutto è sapientemente organizzato perché tutto cambi affinché tutto resti come prima (cit.).
Spesso, i prosseneti, dopo aver consumato opulente libagioni ai banchetti top del top dei Signori, scendono in piazza a far due passi, per digerire: e subito vanno a braccetto col popolo, perché loro sono dalla parte della gente, dell'informazione, del cittadino che dev'essere informato sui fatti della politica e dell'economia. E quanto sono disposti a convenire col pubblico che il sistema è da riformare, che lo Stato non funziona a causa dei politici ladri e buoni a niente, che parassitano denaro pubblico per i loro viaggi alle Maldive o case a Montecarlo! Come sono brutti questi politici qua, arrivano a dire dalle loro tribune, come non riescono a risolvere i problemi della gente, come bisognerebbe fare piazza pulita, per dare al paese un efficiente Servizio Pubblico.
Pensiamoci bene: da quanti anni in Italia vengono denunciati i misfatti della pubblica amministrazione, della malagiustizia, malasanità, malaistruzione, della criminalità organizzata e affini, dell'evasione fiscale? A che pro? Perché tutto cambi affinché tutto resti come prima (ricit.)
Ma per ritornare alla mia idea su Mentana e il suo abbandono di Twitter:  se usato in modo intelligente (non alla Pigi Battista, per intenderci), Twitter consente un migliore feedback tra informatore e informato, tra battitore e ricevitore: cosa c'è di meglio che fare una battuta, scrivere un tweet veloce che vieppiù dimostri ai miei follower la brillantezza e l'acume che certificano il mio essere vip? Il problema è che le battute non vengono solamente ricevute, applaudite ed emendate, ma anche criticate, controbattute, a volte, con delle risposte che offuscano la brillante intelligenza del professionista dell'informazione. Ed ecco: non sono gli insulti e le offese ad infastidire il vip, no: è lo scoprire che niente giustifica il fatto che lo sia.

mercoledì 6 febbraio 2013

Avviso di garanzia


Poco fa ho letto una mail in cui twitter mi avvisa che, dalle 5:04 di stamani, Antonio Ingroia mi sta seguendo.
Adesso vado fuori in giardino a vedere se ci fossero i carabinieri.
Giuro di non aver commesso il fatto.

Comunque, d'ora innanzi lo seguo anch'io: ci controlleremo a vicenda, per vedere chi spara più cazzate.

mercoledì 9 gennaio 2013

Il prezzo del sublime


Mi domandi se potrai.
Mi domando se potrò.
Io sarò – non sarai.
Tu sarai – non sarò.

Per noi sarà quello che non potremo.
Quello che non saremo su noi potrà.

Non-tu non-io noi -remo.

Ma contro la specie che siamo orgoglio estremo
verbi avvento al cliname[n]
che ci rotola a previste tane
umanamente inumane
persone del futuro seconde e prime.

Io -rò.
Tu -rai.

Il niente

è il prezzo del sublime.

Giovanni Giudici, O Beatrice, Mondadori, Milano 1972

Ci sono vicino, anche se il mio niente è pieno di cose da fare. Cose che reputo piene di sostanza, come andare al lavoro, o l'andare in palestra, o in biblioteca, o al supermercato, o al bagno turco, mi nientificano costantemente, in una continua dispersione di cellule. Certo ho uno stipendio, il culo sodo, la mente acculturata, la dispensa moderatamente piena, la pelle detersa, tutte cose che mi accompagnano serenamente verso un sano niente invecchiante.
Poco fa, su twitter, mi sono nuovamente incantato davanti ai tweet e alle foto di Flavio Briatore:

Ecco, Briatore è già a letto a Malindi e io invece son qui, più o meno all'altezza del 43° parallelo Nord, che invece di far crescere palme, brucio querce e castagni, per scaldare il mio niente e sentirmi lo stesso sublime ad un prezzo nettamente inferiore.

domenica 6 gennaio 2013

sabato 5 gennaio 2013

Animal capax gaudium

Geoffroy de Boismenu, A short history of sex
I blog hanno perso consistenza e due blogger (un giornalista professionista, Vittorio Zucconi, e uno no, anche se scrive editoriali per testate online, ma bravo, molto bravo, Leonardo Tondelli) scrivono che i blog sono destinati a morire, dato il loro declino in termini di chiusure o inattività (del blog).
Sarà vero? Sarà vero.
Twitter adesso la fa da padrone nello spazio memetico del dire.
Twitter è più immediato, veloce e dà l'illusione, mediante la brevità del dire, che una sentenza, aforisma, massima, battuta (tweet) riesca a definire, a catturare, a sputtanare il mondo là fuori, che si subisce o si osserva. Ogni tweet è un giudizio sommario, a volte anche geniale, sulla realtà.
Anch'io uso twitter, con parsimonia, soprattutto per rimandare ai miei post, compiendo così atti di autocompiacimento (uso meno facebook, se non per rimandare automaticamente quanto condivido su twitter).
Non mi piace la costrizione delle battute, non mi piace la rincorsa alle battute.
Il mezzo non è il messaggio.
I blog destinati a scomparire sono quelli che si prefiggono uno scopo che vada aldilà del mero principio di piacere  (piacere inteso come godimento personalissimo).
I blog servono a dare voce a una concatenazione di pensieri che sarebbero destinati o a non essere espressi, o a esserlo, però sotto forma di quaderni o moleskine o documenti di testo elettronici.
Ma se sono e rimangono luogo di letture piacevoli, di argomentazioni che vanno di palo in frasca, di opinioni che cercano volutamente di sfuggire al canone degli editoriali giornalistici, i blog conservano il loro fascino, la loro attrattiva.
I blog come luogo di pensiero che si fa corpo, di pensiero che si vuole cosa, oggetto, «sostanza godente» (J. Lacan, Le Sèminaire, Livre XVIII).
«Il desiderio, afferma Lacan, “viene dall'Altro nel senso che la sua è una dialettica che per quanto “infinita” implica l'Altro come destinatario fondamentale. Diversamente, afferma sempre Lacan, il godimento “viene dalla Cosa”. Siamo dunque messi di fronte a una opposizione binaria netta: desiderio/Altro, godimento/Cosa. Il godimento, infatti, in contrasto con il desiderio, non manca di nulla. La sua esperienza è piuttosto quella di una abolizione della mancanza». Massimo Recalcati, “Il fondo oscuro del desiderio. Note su Sartre e Lacan”, Aut Aut, n. 315, anno 2003, pag. 113
Capisci a me, direbbe Di Pietro. Io continuo a scrivere perché, me tapino, scrivendo godo. Seghe mentali, ordunque. Ma scrivendo do corpo al godimento e tengo a bada il desiderio (che non è definibile se non al prezzo di una seria auto-analisi che non è il caso di fare ora), quindi faccio finta di non avere l'Altro che mi scandalizza e mi rompe le balle con la sua bella vita realizzata, mentre la mia, la mia, piena di contraddizioni e compromessi, di uggie e ubbie, di vuoti e di pieni, Parmenide aiuto, fammi diventare un eleatico.

martedì 18 dicembre 2012

Spollinarsi i tweet di dosso

«Poi, a un certo punto, moriremo. E sarà bellissimo, perché avremo il tempo di capirci. E capire che saremo stufi delle maree di conformismo da social media come di quelle tutte incessantemente anticonformiste, ma allo stesso modo. Che non ne potremo più di morderci la lingua per non rischiare che una parola di troppo ci costi il posto di lavoro oggi o tra trent’anni. Che ciò che stiamo rincorrendo, sia la fama o l’autocelebrazione, è in realtà raggiungibile quanto la vena che apre le porte della percezione all’eroinomane. Come le mura di casa sembrano un’oasi di ristoro dopo una lunga assenza, torneremo a immaginare la solitudine, il distacco, la concentrazione, la bestemmia, il rigetto, la sporcizia come qualcosa di desiderabile.»
C'è questo post di Fabio Chiusi che, in parte, ha dato voce a qualcosa che, ieri sera, dopo l'orgia mia twitteriana (e, altresì, bloggeristica) contra Benigni, mi aveva nauseato, ovvero lo stare imbambolato davanti allo schermo del compùtero ad ascoltare (più che a guardare: avevo tirato giù la tendina del mio mplayer) Benigni portare in scena i principi fondamentali della Costituzione – e, parallelamente, a cercare io di cogliere (facilmente, devo dire) i punti di debolezza, gli sproloqui detti e ridetti, la retorica nazionalpopolare che oramai lo caratterizza, per farne macinato satirico abbastanza scontato.
Dicevo della nausea, netta, la percezione di aver esagerato, di aver perso totalmente tempo, la consapevolezza di ciò che addolorava, la fatica di addormentarsi dipoi nonostante la fatica, il cazzo ritto, l'occhio spento, i denti da lavare controvoglia, il freddo ai piedi, uf.
Allora mi sono detto che twitter non mi fa niente bene, che questa storia degli hastag # è abbastanza patetica, che forse ha ragione Serra senza avere del tutto ragione (quando scrivi per mestiere occorre una maggiore accortezza parlare di chi no), che ci sono ottimi battutisti laureati in twitterologia, che forse anche Karl Kraus o Ennio Flaiano avrebbero usato twitter, chi lo sa, non è questo il punto, è della mia nausea che io stavo parlando, e devio, e mi distraggo, ri-uf.

- Mi scusi signor Luca
- Prego, mi dica.
- Che diamine va raccontando?
- Ora mi spiego.

Io non sono né un apocalittico né un integrato, non riesco più a vedere il nero e il bianco (a parte Berlusconi, il Vaticano, il capitalismo e i pezzi di merda) e quindi non demonizzo più un cazzo, sono a favore ma non sono entusiasta, vivo e lascio vivere, uomo senza qualità, ma credo che tutta questa serie di tweet mirati a colpire i personaggi pubblici non servano a granché se, alla fine, non arriva un tweet che dia loro la mazzata finale. Mi spiego meglio: twitter è come essere dentro una corrida dove noi followi siamo banderilleros che lanciano banderillas che quasi sempre vanno a segno, sì, ma la testa di toro di turno gira nell'arena in permanenza, si dimena, arranca, alza la polvere, e noi giù di freccette acuminate, non riusciamo a dare la morte neanche con un colpo di spada finale. Mai. 
Potrà esserci un tweet regicida? Temo di no.
Solo i più deboli periscono e alla fine i deboli – è anche a questo che Fabio Chiusi accenna – siamo noi. I potenti, cip cip, anzi: tweet tweet, come se i nostri tweet fossero pidocchi, si spollinano, si danno una grattata, e tutto finisce nel  buco nero della rete.

domenica 25 novembre 2012

Tweet storico-poetico


Vi prego di essere buoni e non dirmi che ho commesso una forzatura ermeneutica del sopracitato distico (?) di Keats.

giovedì 15 novembre 2012

sabato 3 novembre 2012

Prendete dell'olio

«Sta' accanto alla tomba del martire e lì versa fiumi di lacrime. Abbi pensieri di contrizione; eleva una preghiera di ringraziamento dalla sua tomba. Adottalo come patrocinatore nelle tue preghiere e immergiti assiduamente nella storia delle sue lotte. Abbraccia la bara, stringila con forza al petto. Non solo le ossa, ma anche le loro tombe e le loro bare tracimano di benedizioni. Prendi dell'olio santo e ungiti tutto il corpo: la lingua, le labbra, il collo, gli occhi.»
Giovanni Crisostomo, “Omelia”, trovata in Charles Freeman, Sacre reliquie, Einaudi, Torino 2012

- Posso dire una cosa anch'io - marginale, molto marginale - riguardo alla polemica sorta ieri per una risposta, via twitter, data da un agit-prop di Renzi a un tweet di Vendola, il quale criticava Renzi di avere come modello politico «Tony Blair, la figura più fallimentare della sinistra europea»?
- E vabbè, dilla.
- Blair, Vendola e Renzi: tutti e tre sono cattolici.
- E con ciò?
-  Niente, era solo per lubrificare gli attriti.

P.S.
Non so perché, ma ho come il sospetto che l'elenco delle parti del corpo, che il santo di Antiochia suggerisce di ungere, non si fermi solo alla testa, ma scenda, lentamente, ma scenda.