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sabato 14 gennaio 2023

Trippe per matti

 Stamani, al supermercato, mi è caduto l'occhio sulla


Quand’è che l’ho mangiata l’ultima volta? No, non questa in scatola: quella vera. Anni fa, forse quindici, in una trattoria d’Arezzo, in piazza Porta Crucifera, da Graziella, un giovedì a pranzo (ricordo che la facevano quel giorno). Era la trattoria dove andavo più spesso da studente e quando, dopo gli studi e prima di fare l’insegnante, lavorai come corriere espresso tra le province aretine e fiorentine.

Mia mamma la faceva il sabato, a pranzo, la trippa alla fiorentina, ma non sempre, forse una volta al mese, non di più. Ricordo che andava a comprarla da Finetto, il macellaio sotto casa, colui che teneva l’enorme carcassa scuoiata del bovino appesa al soffitto a una carrucola mobile, che manovrava con delle catene dagli anelli enormi, e io che, bambino, ci infilavo pure dentro la carcassa, a contare le costole chiazzate di sangue raffermo del bovino appeso a testa (mozzata) in giù. 

La trippa, bianca come la lana di pecora, Finetto la teneva immersa in acqua dentro una bacinella azzurra, credo perché diventasse più morbida e perdesse il sapore d’interiora... E poi, quando un cliente la chiedeva, la estraeva e la tagliava con un paio di forbici alla misura richiesta.

Sì, la mangiavo, ma il pensiero che fosse trippa (le frattaglie, in generale, il lampredotto ancor di più) mi faceva un po’ impressione, non certo perché mi facessi all’epoca  delle ubbie etiche... La questione del vegetarianismo l’ho affrontata, di riflesso, più tardi, in particolare leggendo Ceronetti, anche se non sono mai riuscito a diventare vegetariano. Di carne ne ho mangiata sempre poca (pesce, mi si perdoni: quasi mai). Ora è qualche mese che non la mangio e non ne sento la mancanza. Mi dispiace per il simpatico macellaio del paese (non più Finetto), il quale so che alleva con cura gli animali che poi macella, ma in questo momento non riesco più a comprare e cucinare carne. 

E riguardo alla questione del mangiare insetti? Dipende da quali hanno la trippa.  

mercoledì 2 febbraio 2022

Stasera purè

Stasera ho guardato questo documentario. Parallelamente al tema principale, è stato affrontato anche quello, ben più importante, di come è organizzata la produzione alimentare oggi nel nostro pianeta. Ebbene, secondo Olivier de Schutter, giurista, ex relatore speciale all'ONU per il diritto all'alimentazione: 
«abbiamo un sistema alimentare dalla forma di una clessidra: una grande quantità di aziende agricole; un piccolo numero di acquirenti di materie prime (i trader), in particolare di latte e cereali; un numero limitato di grandi industrie di trasformazione (Nestlé, Danone, Unilever, Ferrero e altre); una ristretta cerchia di grandi catene di supermercati, di distributori; infine, chiaramente, un grandissimo numero di consumatori».

Sebbene queste cose siano evidenti da anni e da anni siano oggetto di discussione (anche dei cinquini mezzi seghettati, ricordate?), ho come l'impressione che il dibattito politico italiano e non solo se ne sbatta bellamente le palle; e, non so perché, questo mi chiarifica anche perché riguardo al virusse, la soluzione unica vaccini sia quella preferita non soltanto dai padroni del vapore, ma anche dai miseri fuochisti che scorreggiano decreti a misura del loro meteorismo innato. Quanto mi piacerebbe ingozzarli di purè.

sabato 2 marzo 2019

Bon appétit

Le rare volte che sono invitato a un banchetto, sappiate, sono uno che mangia poco, sono più parco che porco nei confronti delle copiose pietanze che si presentano al cospetto degli astanti, e se uno o una mi dice «Come mangi poco, sei a dieta?», gli o le sputo metaforicamente nel piatto, perché mi sono rotto i coglioni di giustificare ogni volta quanto e cosa mangio e quanto e cosa non mangio, non mangio un cazzo, sono lèrcio, come diceva mia mamma, non in senso proprio, bensì col significato che, sin da piccolo, io schifavo ogni tipo di cibo, tranne il latte, che non bevo più da anni, peraltro, e tutte le volte facevo storie per mangiare quello che si presentava in tavola, ho sempre fatto penare tutti coloro che si prendevano la briga e la cura e gli affetti di offrirmi affettati, fette di mortadella o prosciutto o formaggio o panettone, mangiateli voi che tanto mi basta poco, preferisco stare digiuno anziché ingozzarmi con mortiferi viveri cateringherizzati, sono fatto così, è il metabolismo, il meteorismo, la digestione difficile, il rapporto viscerale con le viscere, aver prima subito, poi presentito e infine scoperto (per quanto sia in grado, da profano, di scoprire), come una rivelazione, la connessione tra cervello e intestino, la differenza tra pensiero libero e pensiero costipato, e dunque, ripeto, non insistete, non forzatemi a mangiare, anzi, mangiate e bevete tutto voi, nella vecchia e mortale alleanza tra la vita e la sussistenza.

Ho fame. Cosa c'è da mangiare?


martedì 10 maggio 2016

La palma va alla Coop


Sono stato a far la spesa alla Coop e alcuni scaffali presentavano questo scenario apocalittico che nemmeno ai tempi di Cernobil (vabbè, ero giovane e un po' di latte e insalata radioattivi mi avranno fatto senz'altro bene).
In seguito alla pubblicazione del dossier EFSA che evidenzia la presenza di alcuni composti contaminanti nell'olio di palma, il cui consumo con percentuali importanti viene sconsigliato soprattutto a bambini e adolescenti, il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha chiesto al Commissario Europeo per la salute e la sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis di avviare una verifica urgente ed approfondita.
In base a questi nuovi elementi Coop, coerentemente con il "principio di precauzione" da sempre applicato, ha sospeso la produzione dei prodotti a proprio marchio che contengono olio di palma.
Ora, siccome sino al 6 maggio tali prodotti erano presenti sugli scaffali e quindi in vendita, si potrebbe sapere che fine hanno fatto? Sono stati posti sotto sequestro? Sono stati incarcerati? Confinati a Guantanamo? Oppure sono stati lanciati, sotto l'egida dell'Onu, nelle zone controllate dallo Stato Islamico di Siria e Iraq?
E ancora: chi avesse in dispensa qualche prodotto Coop che contiene olio di palma che se ne fa? Lo riporta indietro che glielo cambiano? Oppure, da bravo samaritano, li dona ai banchi di raccolta alimentare organizzati nelle varie città? È da stronzi? E allora, che fa, ci pastura i cavedani? O i pesci siluro? I cinghiali?

Infine: e tutto l'olio di palma spremuto e immagazzinato che adesso andrà fuori commercio, che cazzo ce ne facciamo? Ci si friggono i coglioni dell'umanità?

giovedì 7 aprile 2016

Disaffezioni

Durante le conversazioni con il prossimo che sporadicamente mi occorrono, sto facendo fatica a mantenermi dentro i margini della ragionevolezza e del senso comune. Quando ci riesco, obbedisco a una sorta di costrizione, più che altro per troncare quanto prima il discutere, dando ragione allo stereotipo nella stessa misura in cui si dà ragione agli stolti. Ma stolto - beninteso - non è l'interlocutore, bensì il discorso comune, la cosiddetta vulgata, quella che ci rende compartecipi della narrazione storica e politica che caratterizza la nostra epoca.

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Ci sono vari modi per dimostrare la propria impotenza e, nelle moderne società liberal-democratiche, uno dei più peculiari è quello di credere che la propria opinione possa qualcosa contro l'opinione comune. Averne una, anche originale, contrastante, eccentrica, è un po' come indossare l'elmo di Mambrino. Finché si rimane nell'incanto, disputare conviene, anche nel caso di rimanere scornati, gambe all'aria. Il problema è non guardare troppo fissa la realtà, sì da accorgersi che
«l'ordine esistente, è il disordine messo in leggi». Saint Just (via Olympe de Gouges).
perché in questo caso, come mi succede in questo periodo primaverile, si può essere assaliti dallo scazzo, dalla voglia di non pensare o pensare che questo sia il migliore dei mondi possibili, perché è il mondo che più assomiglia nostra testadicazzo.


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Quanto tempo, quanta energia, quanto denaro si perdono per nutrirsi: sinceramente, non vedo l'ora di essere abbastanza grasso per poter digiunare. Con il cibo ho un rapporto che adesso, per ragioni di tempo, non qualifico. Posso dire di aver provato vari tipi di diete, tranne il respirianesimo (a proposito: se un respiriano ha ospiti per cena, sapete cosa prepara per dessert? Io sì, ma mi taccio per ovvi motivi di buona creanza). 
Accenno a questo tema dopo aver visto una parte del pregevole servizio telegiornalistico di SkyTg24 Un piatto di salute. Brava Sarah Varetto. Solo un appunto. Io, al professor Veronesi che con la pacatezza e l'autorevolezza che lo contraddistinguono, quando ha detto che, da un punto di vista scientifico,
«la carne fa male, l'abbiamo visto, io l'ho detto vent'anni fa quando mi ero accorto, facendo il giro del mondo come presidente dell'Unione mondiale contro i tumori, che i paesi dove non si mangia carne, non esistono, o esistono molto poco, i tumori dell'intestino, più carne si mangia, più ci sono tumori intestinali».
e poi dopo anche quando decantava la virtù della pratica del digiuno, avrei domandato:
«Ma perché professore non si candida a presidente del WFP?».

mercoledì 28 ottobre 2015

Fate la nanna coscine di pollo.

Mi dà una certa ebbrezza con l'auto fare tunnel ai rospi che attraversano la strada, sì come tanta tristezza mi prende se disgraziatamente ne arroto qualcuno, soprattutto udendo quel rumore sordo e goffo che non rende grazia all'élan vital del rospo in circolazione.

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La carne di rospo com'è classificata? Verde? E quella umana è carne rossa? Dipende dalla razza? I visi pallidi sono come polli da batteria? 

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Gente che fa dell'ironia indignata sul fatto che abbiano hanno dato 24mila euro a Varoufakis per l'intervista a Fazio. Ché li ha estorti con un diktat?

lunedì 26 ottobre 2015

Carni riposate


Sarebbe interessante sapere dai supermercati che andamento avranno le vendite delle carni lavorate la settimana ventura; e altrettanto interessante sarebbe che questo dato venisse confrontato coi risultati ottenuti dallo stesso comparto la settimana precedente.

Siccome è facilmente prevedibile un calo delle vendite, sarebbe curioso dipoi conoscere verso quali diversi generi alimentari si orienteranno i consumatori. Energia cosmica compresa.


sabato 23 maggio 2015

La rivoluzione a tavola (senza antipasti)

Alcune sere or sono, in una trasmissione di chiacchiere su La 7, ho sentito il professor Umberto Veronesi affermare che, in un futuro prossimo, essere vegetariani diventerà una necessità per far fronte alla sostenibilità ambientale, in quanto l'aumento demografico e di esseri umani e di animali da allevamento comporterà il problema di come sfamare gli uni e gli altri, dati i limiti intrinseci della produzione agricola possibile sul nostro (nostro?) pianeta.

Il ragionamento, frutto dell'armamentario ideologico borghese, offre l'idea che se la specie umana diventasse vegetariana, la questione alimentare e il rischio ambientale sarebbero presto un ricordo. Ma siamo sicuri che cambiare «tipo di consumo» mantenendo lo stesso «modo di produzione»¹ sia la panacea di tutti i mali che affliggono l'umanità?

A tale proposito, con garbo e dovuto rispetto, vorrei porre al professor Veronesi le seguenti domande:

1. Perché la presenza umana sul pianeta aumenta così considerevolmente e, soprattutto, perché aumenta in certe zone del mondo e non in altre? Detto altrimenti: perché nel terzo mondo figliano come bestie, mentre nel primo v'è una più rarefatta inseminazione?
2. L'agricoltura e l'allevamento, attività del settore primario, hanno come obiettivo il soddisfacimento dei bisogni alimentari dell'intera umanità e a questo sono indirizzate le tecniche produttive, oppure sono anch'esse attività teleologicamente orientate verso il mero profitto? In breve: qual è la ragione sociale delle industrie agro-alimentari, nazionali o multinazionali, del settore?
3. Il cannabalismo (ammazzare un Adinolfi o un Ferrara all'anno) potrebbe essere più risolutivo?

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¹Suggerisco la seguente lettura.

venerdì 6 dicembre 2013

Cercasi maiali

Poco fa, a cena, mangiando quasi settanta grammi di San Daniele tagliato fine fine, mi domandavo perché i coldirettori, in tenuta gialla, l'altro giorno ar Brennero, accompagnati dalla ministra De Gerolamo Limoni, anziché fermare i bastimenti carichi di cosce di maiale senza timbro d'origine di provenienza e mostrarle, dipoi, alle telecamere, ignude e senza sale, appese alla cella frigorifera del rimorchio, non abbiano chiesto all'autista trasportatore delle stesse il luogo di destinazione ove esse sarebbero diventate, previa salatura e stagionatura, dei prosciutti made in italy a tutti gli effetti.
Già, perché non l'hanno fatto? O forse l'hanno fatto, ma io non me ne sono accorto? Chiedo venia nel caso in cui.

È chiaro che l'iniziativa era volta alla salvaguardia del cibo italiano e contro coloro che fanno passare per italiano del cibo che non lo è. Tuttavia, il concetto del made in Italy in campo alimentare è da rivedere, dato che ci sono dei prodotti fatti in Italia, che si pregiano persino di dirlo con il tricolore sulla confezione della merce, la cui materia prima italiana non è. Basti il solo esempio della pasta. È notorio, infatti, che i più grandi produttori di pasta italiani si riforniscano di semola grano duro dall'America del Nord (USA, Canada) o da altre nazioni (Russia? Ucraina?), però in etichetta si guardano bene dallo scriverlo.


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Beppe Grillo fa di tutto per stare dentro il copione che, in pochi mesi, dopo la sorpresa, gli hanno scritto addosso. Egli - di sé sostiene - incanala la rabbia della gente, rabbia che, altrimenti, si esprimerebbe chissà come. Sarà. A mio avviso incanala la stupidità e il rincoglionimento, giacché, se incanalasse veramente la rabbia, a lui non resterebbe che girare questo film

sabato 12 ottobre 2013

¡Ya Pasta!


Ho appena comprato questo chilogrammo di pasta perché fa rima con Massaro.
L'ho pagata 4,60 euro, più o meno quanto un e-book, «con un prudente margine d'incerto».

Pagata poco? Pagata troppo? Pagata il giusto?
Spero solo che, unitamente alle pregiate miscele di grano duro selezionato, sia stata effettivamente usata “acqua purissima”, magari non del Sarno. 

venerdì 13 settembre 2013

La catena cristiana

Per quanto Papa Francesco stia operandosi per restituire alla Chiesa cattolica e al cristianesimo in sé un'impronta più trendy, più spendibile mediaticamente e, sia concesso, anche umanamente (la sua vicinanza ai poveri, agli emarginati, ne è prova), la teoria e la prassi cristiane restano sempre classiste e favorevoli al perpetuarsi dello status quo.
Un esempio è fornito da un editoriale di Giovanni Ruggero pubblicato ieri su Avvenire. Bene, in tale articolo cristianamente accorato, che parla dello «scandalo degli sperperi alimentari», Ruggero mostra come il cristiano non vada a cercare le vere cause che determinano una simile catastrofe - e questo perché, se lo facesse, scoprirebbe che esse non sono individuali, non riguardano tanto la coscienza personale, quanto precise ragioni storiche e sociali legate al modo di produzione capitalistico. Per il cristiano le ragioni del male nel mondo sono sempre soggettive: è il diavolo che tenta l'individuo, puttana Eva - e, così, egli critica, di più: giudica i comportamenti peccaminosi del singolo, considerato il principale responsabile dello spreco (in questo caso alimentare).
«Le cause di questa dissipazione sono oggetto di studio, perché è da qui che si possono immaginare i rimedi. Nel mondo industrializzato siamo noi consumatori i principali responsabili perché compriamo e poi buttiamo ciò che non mangiamo. Cultura dell’opulenza? Ostentazione del benessere?»
Digressione, ma non tanto.
Familiari acquistati d'intorno hanno pollai. Le galline, veramente allevate a terra, razzolano e mangiano lombrichetti, insettucoli e, dipoi, granaglie varie che vengono loro date. E anche pane secco in copiose quantità. Pane che, taluni, raccolgono, invenduto, da forni. Per dire: ogni settimana, raccogliendo il pane avanzato, mi rendo conto che, come minimo, se potessi rimetterlo insieme otterrei un pane intero da un kg. Fine digressione.
Dunque, anch'io sono responsabile della dissipazione e dello spreco alimentari? 
Esimio signor Ruggero, mi spiace contraddirla: manco per il cazzo mi sento responsabile. Certo, non sono un tipo molto misericordioso, come Madre (Santa) Teresa di Calcutta, la quale - lei riporta - disse:
«Quello che mi scandalizza non sono i ricchi e i poveri: è lo spreco»
Beh, a me invece, tutto il contrario: non sono scandalizzato dallo spreco, anzi: lo trovo una mera conseguenza del sistema di produzione dominante (in altri termini: esso rientra nelle leggi insiste al sistema capitalista dove sovrapproduzione e maladistribuzione, di necessità, imperano); piuttosto, ciò che mi scandalizza è proprio l'esistenza dei ricchi e dei poveri. Vale a dire: pur tenendo conto dei talenti, delle attitudini, delle diversità insite al genere umano (intendo di quelle “chi ce l'ha più lungo se lo tira”), da un punto di vista dei diritti umani, il divario tra i ricchi pezzi di merda e i poveri morti di fame è lo scandalo per eccellenza che non dovrebbe far dormire le religioni e la politica. 
E, invece, per i politici (comitati d'affari, ecc.) e per i religiosi come Madre Teresa, i poveri sono il miglior affare per il mantenimento del proprio potere (banalmente e ingenuamente: se non ci fossero più i poveri che bisogno ci sarebbe dei “politici” che, tramite campagna elettorale, promettono questo e quello; che bisogno ci sarebbe dei volontari misericordiosi se non ci fossero più disperati da consolare e feriti da sanare?)
Continua Ruggero:
«Nel Paesi in via di sviluppo, invece, gli sprechi sono dovuti a un’agricoltura poco efficiente o alla mancanza di modalità di conservazione adeguate. Lo spreco è dunque inserito in una catena alimentare non più virtuosa, e ogni anello della catena – è anche l’invito della Fao – dovrebbe adoperarsi per spezzare questo meccanismo impazzito. Riutilizzare e riciclare, sono le parole d’ordine per i consumatori. Ma tanto e di più può fare l’industria alimentare, invitata – finalmente – a chiare lettere a donare quello che non può più vendere, quanto sta per marcire e dovrà essere buttato via.»
Inutile girarci intorno: per rendere efficiente l'agricoltura e la filiera della conservazione annessa, occorre più scienza - ma una scienza svincolata dal capitale. Inoltre, è inutile “invitare” l'industria alimentare «a donare quello che non può più vendere», giacché l'invito cadrà, giocoforza, nel vuoto. In buona sostanza: occorre un ripensamento (rivoluzione?) dell'attuale sistema economico che, oramai da circa duecento anni, è sempre lì, più o meno lo stesso, costretto nella sua ferrea logica dello sfruttamento degli umani e delle risorse del pianeta. Ma questa sì che è una bestemmia per i cristiani, in particolar modo per i cattolici.

Per concludere: riciclare e riutilizzare il cibo - in questo caso il pane - sì, ma dopo un po' anche basta, giacché col pane duro ci posso fare la panzanella o la pappa al pomodoro una volta o due, poi, galline o natura - e non per questo mi sono sentito mai, né mi sentirò colpevole come quel coglione di Adamo.

venerdì 9 novembre 2012

L'emendamento Nutella

La Nutella® è buona, ma io non la posso mangiare perché, fin da piccolo, tutte le volte che addentavo e addento pane e nutella avverto una strana, fastidiosa sensazione ai denti, una specie di freddo che sale e tocca il nervo, boh, sono strano. Tuttavia, mi piace la crema di cioccolato Novi (che non ha olio di palma) e la biologica Rigoni (sono cose altre, certo, ma se le mangio non sento tale fastidio). Una volta, persino, nel periodo macrobiotico, me la facevo in casa una sorta di nutella: alla crema di nocciole bio aggiungevo cioccolato fuso e mescolavo: una bontà, ok, ma che rottura di palle mettersi lì e farla.

Ieri, su Libération, ho letto questa notizia:


Beh, io “amo” la Francia, ma in questi casi i (governanti) francesi fanno proprio ridere il cazzo. Non che i cittadini belgi Ferrero mi stiano simpatici, ma in questo caso, fossi loro, cercherei una soluzione per aggirare tale emendamento, sostituendo, per il mercato francese, l'olio di palma con l'olio da motori: Total o Elf, beninteso.
Scherzi a parte, invece di fare tale tassa proibizionista, il governo francese non potrebbe su certi alimenti che contengono oli vegetali dannosi per la salute, imporre ai produttori di mettere sull'etichetta un'avvertenza al consumatore sul modello di quello dei pacchetti di sigarette?