«I salari», dice J. St. Mill, «non hanno forza produttiva; sono il prezzo d’una forza produttiva; i salari non contribuiscono alla produzione delle merci assieme al lavoro, più che non contribuisca il prezzo delle macchine stesse. Se si potesse avere lavoro senza acquistarlo, i salari sarebbero superflui»[49]. Ma se gli operai potessero vivere d’aria, non si potrebbero neanche comprare a nessun prezzo. La gratuità degli operai è dunque un limite in senso matematico, sempre irraggiungibile, benché sempre più approssimabile. È tendenza costante del capitale di abbassare gli operai fino a questo punto nichilistico.
Karl Marx, Il Capitale, Libro I, Cap. 22.
La fase nichilistica, nella nostra epoca, conosce una fase piuttosto avanzata.
Ma non fraintendiamo: tale tendenza costante del capitale sottende l'indole filantropica del capitale stesso di insegnare, a tutti coloro i quali, per vivere, debbono vendere la loro forza lavoro, a vivere d'aria, visto l'andazzo del poco “lavoro” disponibile, molto del quale precario, sottopagato e, a tratti, persino gratuito.
«Dato che stanno rassegnandosi a vivere con poco, insegniamogli pure a vivere con niente», propongono i Mill odierni, dagli Herald Tribuni online coi contenuti a pagamento o dalle comode poltrone di ospiti dei talk show.
Alcuni suggeriscono che a fare da guida alle moltitudini su come imparare a vivere d'aria siano quei politici che, dai bar Casablanca delle Camere basse della repubblica, ogni tanto si avventurano in scioperi della fame a tempo assai determinato, nutriti di schiumosi cappuccini zuccherati che lasciano, sulle loro labbra superiori, tracce di resistenza alle avversità della vita.
Altri, invece, i giuslavoristi, parlano di merito e di riqualificazione della professionalità, di educazione agli adulti, prodigandosi, da parte loro, di togliere lacci e lacciuoli a una legislazione che concede ancora troppi privilegi a chi lavora, tipo le ferie, i permessi, la cassa mutua e gli scatti di anzianità. Al grido di «Lo stipendio è un privilegio: lavorare gratis, lavorare tutti», si ergono a paladini della parità di diritti tra i proletari.
Ultimi, ma non ultimi, i padroni del vapore assistono silenziosi alla piega giusta che ha preso il rapporto tra capitale e lavoro (nel senso di zitti tutti e inchinati al volere del padrone) - e tacciono, facendo finta di non sapere che ciò che è dal sistema reso superfluo o espulso per ragioni di produttività, è l'unica cosa che aggiunge valore al capitale. Così si ingegnano per «abbassare gli operai fino a un certo punto nichilistico». E intanto ne approfittano loro per campare non d'aria, ma in aria, come dèi benevolenti o capricciosi.
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