martedì 14 aprile 2020

E facciamo la barriera

Segnalo, nell'uggia decretata d'urgenza, la lettura di due articoli di Bruno Latour che, in questi tempi decrescenti, potrebbero risultare interessanti. 

Del primo, evidenzio questo passaggio:

«...le crisi sanitarie non sono una novità, e l’intervento rapido e radicale dello Stato non sembra finora particolarmente innovativo. Basta vedere l’entusiasmo del presidente Macron nell’assumere la figura di capo di Stato che finora gli mancava in modo così flagrante. Molto più degli attentati – che in fondo si riducono a una questione di polizia –, le pandemie risvegliano, tra i governanti come tra i governati, una sorta di evidenza – “noi dobbiamo proteggervi”, “voi dovete proteggerci” – che rinsalda l’autorità dello Stato e gli permette di pretendere ciò che, in qualsiasi altra circostanza, sarebbe accolto con una rivolta »
Mentre del secondo, invito a leggere e a rispondere a “una piccola lista di domande” che Latour pone a coloro i quali credono (o sperano) che, dopo l'emergenza, nulla sarà come prima, che vi saranno cioè dei mutamenti radicali, anche se non riescono a immaginare quali. Ebbene, le domande di Latour possono dare uno stimolo all'immaginazione, ma non per
«esprimere le prime opinioni che vi vengono in mente, ma piuttosto di descrivere una situazione e se possibile di trasformarla in una breve inchiesta.»
Perché in fondo, per quanto possa risultare un vuoto esercizio fine a sé stesso, e per quanto la critica di Latour sia certamente una critica laterale del sistema economico e produttivo (per esempio: mai ch'egli nomini, neanche una volta, la parola capitalismo... il solo ‘nemico’ per lui è la globalizzazione), è interessante una cosa che Latour nota, questa:
« Ciò che rende la situazione attuale così pericolosa non sono solo le morti che si accumulano ogni giorno di più, ma è la sospensione generale di un sistema economico che offre, a coloro che vogliono andare molto più lontano nella fuga fuori dal mondo planetario, una meravigliosa opportunità per “rimettere tutto in discussione”. Non dobbiamo dimenticare che ciò che rende i globalizzatori così pericolosi è che sanno evidentemente di aver perso, che la negazione del cambiamento climatico non può durare all’infinito, che non esiste più possibilità di conciliare il loro “sviluppo” con le varie sfere del pianeta in cui sarà necessario finire per inserire l’economia. Questo è ciò che li rende pronti a tentare qualsiasi cosa per ottenere, un’ultima volta, le condizioni che permetteranno loro di durare un po’ più a lungo, di proteggere se stessi e i loro bambini. Il “blocco del mondo”, questa frenata, questa pausa inaspettata, offre loro l’opportunità di fuggire più velocemente e più lontano di quanto abbiano mai immaginato. I rivoluzionari, al momento, sono loro. »
Ecco, l'idea che 
« La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali. »
mi sembra ancora un'idea da tenere di buon conto.

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