lunedì 18 ottobre 2010

Odiosi cognati cercansi

Il vero distinguo di fondo tra Fini e Berlusconi è che, quest'ultimo, non ha nessun cognato che si gode i molteplici, sfarzosissimi immobili, sull'isola di Antigua. Propongo quindi al presidente del consiglio dei ministri di procurarsene qualcuno - di cognati alla Tulliani intendo -, in modo che costui faccia le figure di merda al posto suo. Io mi candido però, in cambio, oltre a un lauto compenso, voglio anche una Ferrari da lavare a mano sul bordo della piscina tondeggiante. Isabella sarebbe meglio.

Tutto e niente


«Alla domanda: “Insomma, che cos'è che ci rende servi nel sistema conformistico?” potremmo rispondere altrettanto bene con “tutto” e “niente”.
Con “tutto”. Infatti, basta che usciamo di casa, anzi, basta anche solo che ci svegliamo, per trovarci subito circondati da sciami di quelle sirene seduttrici che ci comandano e che costituiscono oggi il nostro mondo: dai milioni di apparecchi, modi di dire, usanze, opinioni e beahaviour patterns che mettono in mostra il loro fascino, che ci chiamano in coro assordante: “Prendimi!”, “Obbedisci alle mie voglie!”, “Lasciati coinvolgere!”, e che, ancor prima che sappiamo dove si va, già ci hanno trascinati nella loro corrente. E noi alle loro voglie ci stiamo, noi ci lasciamo trascinare, noi andiamo con loro, senza restare minimamente sorpresi dalla violenza della loro accoglienza, al contrario: nulla ci sembra più naturale che lasciarci trascinare in questo groviglio; nulla più naturale che vedere, in queste creature sireniche, il “nostro mondo”; e ci pare persino giusto che chi oppone resistenza finisca per sentire dalla bocca della psicologia, che sta sempre dentro questo groviglio, nel ruolo di giudice, ch'egli è inabile, poorly intergrated o addirittura sleale.
E tuttavia possiamo anche rispondere con “niente”. Ma ovunque tendiamo l'orecchio, non sentiamo mai la voce di un’istanza centrale, che pretenda incondizionatamente da noi che nuotiamo con gli altri in questa corrente. E se talvolta protestiamo, sbattendoci per la disperazione, che non vogliamo lasciarci trascinare con gli altri nella corrente, che non ne abbiamo bisogno, che non lo dobbiamo, che nessun dio ce l'ha ordinato – dove poi starebbe scritto che dovremmo credere, gridare e comprare insieme a tutti gli altri –, allora non abbiamo solo pienamente ragione, a volte accade persino che ci venga data ragione, che quelli che come noi vengono trascinati senza far resistenza ci diano ragione.
Cosa che tuttavia non dobbiamo fraintendere o magari approvare. Quelle vittime infatti ci applaudono non perché anch'esse si sentano inquietate dalla mancanza della voce che comanda in ultima istanza, ma al contrario perché in questa mancanza vedono la giustificazione della loro incapacità di resistenza e la fonte giuridica della loro buona coscienza. In altre parole: per quanto lo facciano senza scrupoli né freni, le vittime si agitano con gli altri solo perché vivono nella certezza di agitarsi spontaneamente; e sono così certe di questa loro illusione solo perché da nessuna parte si mostra una istanza centrale di comando, perché il deus del loro sistema resta muto e absconditus, e perché fraintendono come non-esistenza questa impercettibilità del loro dio, dunque proprio così come il loro dio si augura di essere frainteso. Infatti, in verità, quest'ultimo resta absconditus e quindi impercettibile perché sa di essere al colmo della potenza se resta celato dietro le quinte; e che, se non si fa percepire, assicura nel modo migliore la totalità del suo dominio.
Dunque:
Quanto più totale è un potere, tanto più muto il suo comando.
Quanto più muto un comando, tanto più naturale la nostra obbedienza.
Quanto più naturale la nostra obbedienza, tanto più assicurata la nostra illusione di libertà.
Quanto più assicurata la nostra illusione di libertà, tanto più totale il potere.
Questo è il processo circolare, o a spirale, che la società conformistica mantiene e che, appena essa si è messa in moto, continua automaticamente a perfezionarla».

Günther Anders, L'uomo è antiquato. Sulla distruzione della vita nell'epoca della terza rivoluzione industriale, Bollati-Boringhieri, Torino 1992 (pag. 130-132, traduzione di Maria Adelaide Mori).

È indubbio, Lucas è dentro tal processo circolare, sia concedendosi che rifiutandosi. D'altra parte il mondo è questo, non esiste un sopramondo, una posizione totalmente diacronica ove osservare, da aiuto-deus-absconditus, il procedere del mondo. Le sue tre anime si danno e si ritraggono in misura differente un po' come un geranio, un epagneul breton, o un monaco buddista. Esistere è già cosa perfetta di per sé per cercare ulteriori perfezioni.

«Tutto ciò che la mente intende sotto specie di eternità, non lo intende perché concepisce la presente esistenza attuale del corpo, ma perché concepisce l'essenza del corpo sotto specie di eternità».
B. Spinoza, Etica, Parte V, Prop. 29.

Ecco, ci siamo quasi, ci voleva un vero Benedetto a ricordare che, in questo passaggio qui, nel transuente, tutto è già presente. Ed ecco allora, affidandosi al suo intramontabile pensiero, osare di nuovo chiamare un nome senza tema di legarlo ad una religione. Così:

«La nostra mente, in quanto conosce sé e il corpo sotto specie di eternità, in tanto ha necessariamente la conoscenza di Dio e sa di essere in Dio e di essere concepita attraverso Dio».
Ibidem, Parte V, Prop. 30.

«Io credo, o Signore, aiuta la mia incredulità. Cioè, aiutami a credere o aiutami a discredere? Chi aiuta a credere? Egomen. Chi a discredere? L'altro».
James Joyce, Ulisse.

Il mondo resterà antiquato finché raggrupperemo l'altro dentro un fattore collettivo (potere, società, principi, potestà, economia, struttura, grande fratello). Dietro ogni altro c'è un volto. Aiutiamolo a togliersi la maschera per riconoscerlo, per riconoscersi face to face.

domenica 17 ottobre 2010

La voce della noce


«La mattina dopo il pittore tolse dalla cartella i suoi paesaggi, e ne cadde fuori per primo tutto un autunno, poi un inverno, gli umori diversi della natura tornavano a vivere. “Come questo è poco, rispetto a tutto quello che ho visto! Tanto veloce è l'occhio di un pittore, tanto lenta e pigra è la sua mano. Quanto devo ancora lavorare! Spesso mi sembra di impazzire”».
Robert Walser, I fratelli Tanner, Adelphi, Milano 1977 (traduzione di Vittoria Rovelli Ruberl).







No, Lucas non impazzisce. Definisce nel suo lento camminare – le mani dietro col pollice come segnalibro in uno dei racconti della Flannery O'Connor – i contorni delle nubi che, invano, cercano di celare il sole dietro l'orizzonte.
Noci che cominciano a denudarsi dal fogliame; fogliame che ammorbidisce il passo; il passo che ora si sveltisce, aiutato da un improvviso spiro alcalino.
La presenza di una voce mai udita cammina insieme a lui per registrare il respiro dell'autunno. Uno scoiattolo scappa, poco distante, sale su un cipresso affaticato dalla polvere della strada. Rumori zero. Odori milioni.
«La vita che salvi può essere la tua». Lucas ride della sua scarsa intelligenza morale. L'Aquinate gli è sempre rimasto indigesto dato che non ha mai tentato di mandarlo giù con un nocino.

Tre sono le anime.

«Dico che le potenze dell'anima sono di cinque generi; tre le diverse anime e quattro i modi distinti di vivere. La ragione di tale diversità sta in questo che le diverse anime si distinguono a misura che la loro operazione trascende l'operare della natura corporea. La natura corporea, infatti, soggiace all'anima e a lei si paragona come la materia e lo strumento. C'è quindi, un'operazione dell'anima la quale trascende talmente la natura corporea da non aver bisogno neppure dell'organo corporale per esercitare la sua funzione, e tale è l'operare dell'anima razionale. C'è, peraltro, un'altra operazione q questa inferiore, la quale si esercita mediante l'organo corporeo, ma non attraverso una qualità corporea, quale sarebbe l'operare dell'anima sensibile; giacché, sebbene le qualità corporee siano richieste per l'operazione dei sensi, tuttavia, perché l'anima sensitiva proceda nel suo operare non ha bisogno di esse, le quali, invece, sono richieste unicamente in funzione dell'organo come debita disposizione di questo. L'infima, peraltro, delle operazioni dell'anima è quella che si esercita attraverso l'organo mediante l'energia della qualità corporea. Però, anche questa trascende l'operare della natura corporea, giacché le mozioni, o i movimenti, dei corpi sono impressi da un principio esterno, mentre queste ultime operazioni (essendo vitali) procedono da un principio intrinseco: ciò che è comune a tutte le operazioni dell'anima. Ogni animato, o vivente, muove in certo qual modo se stesso; e tale è l'operare dell'anima vegetativa. La digestione, invero, e tutto ciò che l'accompagna, avviene strumentalmente per l'azione del calore».
S. Tommaso d'Aquino, Summa teologica, I, q. 78, a. 1

Lucas pensa che sarebbe stato meglio rileggere Tommaso durante il solleone. Ma non importa. L'importante è la conferma che le anime sono tre. Ma se esse sono realmente tre, quante probabilità ci sono di ricongiungerle con un altro tris d'anime perso nel mondo indifferente? Da quale anima poi far partire la conoscenza per cercare di intrecciarle, le anime, di fonderle, per entrare in contatto, realmente, con un'altra vita?
La voce... Lucas si china e raccoglie una noce. La rompe, ne estrae il seme, lo mangia masticando lentamente; nel mentre, avvicina alle orecchie le due metà del guscio. Riecco la voce, la voce delle anime, una noce.

Buona domenica

In questo momento, da qualche parte in Italia, qualcuno sta scrivendo una poesia, sta fotografando una quercia, sta mettendo appunto una formula matematica, sta dando un bacio alla propria amata o al proprio amato, sta mettendo le ultime note alla sua tesi di filologia romanza, sta traducendo un carme catulliano, sta portando avanti la ricerca su un farmaco, sta progettando una biblioteca, sta organizzando un vernissage, sta eseguendo il Concerto in mi bemolle maggiore n. 5, sta facendo interviste ad Avetrana, sta guardando alla televisione le interviste in diretta da Avetrana.
In questo momento.

sabato 16 ottobre 2010

Sul prato

Con raffiche di vento così pazze,
imprevedibili,
ci scommetto che una o due formiche
saranno capitombolate sulla schiena
mentre qui sediamo sotto il portico.


I loro piedi ora pedalano
biciclette immaginarie.
È una battaglia di scaltrezza contro
diverse leggi della fisica,
per non parlare del Fato, del...
e allora che c'è di nuovo?


Si chiedono se qualcuno verrà loro in aiuto
con briciole di torta,
edizioni della Bibbia in miniatura,
uno o due fili perduti
un capo annodato all'altro capo.

Charles Simic, Hotel Insonnia, Adelphi, Milano 2002 (traduzione Andrea Molesini)

L'anomalia della civiltà moderna

«La civiltà moderna appare nella storia come una vera e propria anomalia: fra tutte quelle che conosciamo essa è la sola che si sia sviluppata in un senso puramente materiale, la sola altresì che non si fondi su alcun principio di ordine superiore. Tale sviluppo materiale, che prosegue ormai da parecchi secoli e va accelerandosi sempre più, è stato accompagnato da un regresso intellettuale che esso è del tutto incapace di compensare. Intendiamo qui, beninteso, parlare della vera e pura intellettualità, che si potrebbe anche chiamare spiritualità, e ci rifiutiamo di dare questo nome a ciò a cui si sono specialmente applicati i moderni: la cultura delle scienze sperimentali, in vista delle applicazioni pratiche alle quali esse sono suscettibili di dar luogo».

René Guénon, Simboli di una scienza sacra, Adelphi, Milano 1975 (pag. 15, traduzione di Francesco Zambon)

Ok, ci sono periodi in cui il mondo sembra rotolare verso una tenebrosa apocalisse. A volte è per cause ambientali, ma sempre più per cause umane (troppo umane).
Il punto è: si continua così, laicamente, ad andare avanti per prove ed errori, cercando piccoli rimedi a grandi problemi, oppure si cerca una bella soluzione d'antan, di tipo teocratico magari (l'Iran insegna), una bella restaurazione che faccia contento il capitale e le masse adoranti e forcaiole? 
La Lega, fenomeno religioso prima ancora che politico, garantisce un perfetto connubio tra i due componenti, anche perché ha legittimità politica piena non essendo mai stata considerata realmente eversiva la sua azione. La Lega, che si fonda sul mito grottesco della padanità, è – politicamente parlando – il regresso intellettuale per eccellenza che la modernità non è stata capace di compensare. È difficile rimanere freddi cittadini, soprattutto soli, di fronte alle spinte mediatiche di massa. È facilissimo cadere nella rete del “ritorno alle tradizioni”, o della “protezione del territorio”. Il salto è facile, la caduta è morbida, ma sotto a raccoglierti c'è la prigione mentale del mito, del dogma, della tradizione.
L'individuo moderno, invece, se vuole perseverare realmente nella sua modernità, deve diuturnamente tradire la tradizione, conservando soltanto le “conserve della nonna”. Conservare o ripristinare il resto, la favola bella della società chiusa in cui la domenica mattina si va a messa con la propria bella famigliola, con la cravattina verde come distintivo e una lingua che vuole escludere anziché coinvolgere il resto del mondo nella comprensione, è il sintomo sicuro di un prossimo rincoglionimento planetario. Siate soli, o uomini, non abbiate più questa smania del gruppo, del gregge, della biada con la quale i vostri pastori vi governano. 
Sciogliete i legami, stracciatevi le vesti. Forza, figli dei leghisti duri e puri: sappiate che una volta i vostri padri erano democristiani e i vostri nonni dei fascisti. Nulla di male, il mondo cambia: cambiate anche voi, ma non in peggio, vi prego.

venerdì 15 ottobre 2010

Il filo delle intenzioni

«Nella vita, che cos'era che volevo veramente? Il mio conscio e apparentemente indivisibile Sé stava diventando qualcosa di molto diverso da ciò che avevo immaginato e io non ho bisogno di provare così tanta vergogna per la mia autocommiserazione! Sono stato un ambasciatore mandato all'estero da una fragile coalizione, un portatore di ordini conflittuali, dati da padroni impacciati di un impero diviso […]. Nello stesso momento in cui scrivo queste parole, anche per il solo fatto di essere in grado di scriverle, mi aggrappo a un'unità che, nella profondità del mio animo, so ora che non esiste».

William Hamilton, Narrow Roads of Gene Land, Oxford, 1996

«Una persona deve essere in grado di rimanere in contatto con le intenzioni passate e con quelle future, e uno dei più importanti compiti dell'autoillusione dell'utente del cervello, illusione che chiamo il Sé come centro di gravità narrativa, è quello di fornirmi dei modi per interfacciarmi con il me stesso di un altro momento temporale».

Daniel C. Dennett, L'evoluzione della libertà, Cortina, Milano 2004, (traduzione Massimiliano Pagani, pag. 338).

Il vero Lucas non esiste, o esiste moltiplicato per tutti i suoi se stesso sparsi per il tempo, diffusi nello spazio (non sono molti, il suo nome non è Legione). «Spazio, tempo: misure della stessa eternità» (Nabokov). Lucas vive giorni in cui cerca, per quanto possibile, «di rimanere in contatto con le intenzioni passate e con quelle future». Compito difficile, soprattutto per uno come lui, che non è mai stato un malintenzionato (o, perlomeno, non ha mai cercato di esserlo). Già: sono le modalità delle intenzioni a dare l'illusione di avere un'effettiva presa sul reale. Per esempio: se Lucas fosse un apologo

«risibile del fare e dell’agire, del realizzare e del costruire, del ‘[essere] operativo’ assurto a demenziale dogma dell’uomo/donna perennemente in carriera e competizione, dello slogan mietivoti e distruggipaesaggio»

tutto sarebbe più facile, il filo delle sue intenzioni seguirebbe una linea retta. E invece Lucas le intreccia le intenzioni, le confonde, le infrena, ma non ne perde certo le estremità: chi è intenzionato solo a diffondere una certa modalità di bene senza imporre al centro della trama il suo Sé illusorio, ma anche e soprattutto le intenzioni degli altri, potrà, con diritto, avere l'impressione di costruire la sua vita come narrazione. Per la narrazione, infatti, la linea più breve che congiunge due o più Sé persi nel tempo o nello spazio, non è la linea retta, ma il gomitolo.

Duro come un drappo


Matteo Renzi, sindaco di Firenze: «La politica è sexy».
Ecco perché, ultimamente, mi sento tanto impotente.
Politicamente, beninteso.

giovedì 14 ottobre 2010

Everybody Needs Somebody To Love

«La vera e unica virtù è dunque di odiarsi, poiché si è odiosi per la propria concupiscenza, e di cercare un essere veramente amabile, per amarlo. Ma poiché non possiamo amare ciò che è fuori di noi, bisogna amare un essere che sia in noi e che non sia noi. E ciò è vero di ognuno singolarmente per tutti gli uomini. Ora non vi è che l'essere universale che sia tale. Il regno di Dio è in noi. Il bene universale è in noi, è noi stessi e non è noi»
Blaise Pascal, Frammenti, 564-485, Rizzoli, Milano 1994 (traduzione di Enea Balmas).

Io Pronto Dio?
Dio Si, sono io. Chi parla?
Io Sono io.
Dio Ah, sei tu.
Io Si, sono io.
Dio Ho capito: sei tu.
Io Va bene, si. Sono uno dei tuoi supposti figli.
Dio Figli di Dio?
Io Tu l'hai detto.
Dio No, io l'ho domandato.
Io D'accordo, Signore. Stasera sei in vena di scherzi?
Dio No, affatto. Sei tu che non capisci. Sputa il rospo. Dimmi cosa vuoi.
Io Volevo lumi...
Dio Difficile: è notte.
Io Dio bono, Signore: ho letto Pascal.
Dio E allora?
Io Volevo farti una domanda sul pensiero che ho su riportato.
Dio Su dove?
Io Su, cioè qui, sul blog. Ma lasciamo perdere.
Dio Tu vuoi sempre lasciar perdere. Lascia vincere, qualche volta.
Io Dio, vuoi che attacchi il telefono?
Dio Ma cosa attacchi! Con tutti questi nuovi telefonini non si attacca. Si pigia sul rosso tuttalpiù.
Io Oddio Signore! È un modo di dire mutuato dalla precedente tecnologia telefonica.
Dio I modi di dire vanno rinnovati, sennò ammuffiscono.
Io Signore, stasera mi dài filo da torcere.
Dio Eccone un altro, di modi di dire del cazzo. Chi vuoi ci sia più a torcere fili? Rinnovare, gente, rinnovare.
Io Dio, ma tu non ti rinnovi mai? Sei sempre lo stesso in sempitérna sæcula sæculorum?
Dio Mio caro, io e l'è un po' che mi son rinnovato. Se badassi a quei rintronati dei miei cosiddetti rappresentanti terrestri, starei in filo. Avrei ancora la barba e una veste tipo pigiama party. Una barba eterna. Invece adesso porto le basette e un vestito nero alla John Belushi: Everybody Needs Somebody To Love.
Io Ecco! Ci sono! Dio, grazie. Ho capito Pascal, ho capito cosa intende[va].
Dio Vedi? le mie vie sono infinite.
Io Mi pare che Roberto Gervaso, in sua battuta, disse: «ma non ancora asfaltate».
Dio Può essere, ma – concederai – mi sembrano ben più lunghe della Salerno-Reggio Calabria o della Due Mari.
Io Sei in una forma splendida, stasera, Signore.
Dio Grazie, riferirò.
Io E a chi?
Dio Beh, al mio specchio.
Io Lo specchio di Dio? E che immagine vi si riflette? La tua?
Dio Sì, più o meno. Si vede il Tutto.
Io E com'è questo Tutto? E soprattutto: come può essere il Tutto contenuto in un semplice specchio?
Dio Niente, non si vede nulla.
Io Il Nulla?
Dio Ecco, appunto.
Io E come può il Tutto essere contemporaneamente il Nulla?
Dio Giovinotto, sono o non sono Dio?
Io Si, credo, più o meno.
Dio Ecco, appunto.
Io Buonanotte Signore.
Dio Buonanotte figliolo.
Io Grazie.
Dio Prego.

Physis kryptesthai philei


«Io so che la vita reale è triste, ma di sognare abbiamo sempre bisogno.
La poesia non è guerra, morte, malattia, essa vive tra i fiori, gli uccelli, la natura. Altri hanno scelto di darsi alla politica, io ho scelto di disegnare l'amore, la gentilezza, la tenerezza».
RAYMOND PEYNET







«L'esperienza sensibile di per sé non è errata, ma ci dà un mondo chiuso, isolato, che non ci permette di uscire da noi stessi e riconoscere le cose nella loro realtà. E l'errore gnoseologico è una stortura metafisica, un frantumarsi della realtà senza comunicazione, che nel mondo umano si riflette come presunzione e violenza dell'individuo. Tale è il valore del frammento 46 [di Eraclito]

l'opinione, mal caduco

e del frammento 43:

la tracotanza, è necessario estinguerla ancor più che il divampare di un incendio

Concludendo l'esperienza sensibile, dalla vita comune di tutti gli uomini alla “ricchezza di esperienze” dei poeti e dei tiranni, che si arrogano la loro “tracotanza” e la loro “opinione”, soltanto su una preminenza quantitativa – e meritano perciò lo stesso disprezzo da parte di Eraclito – costruisce un mondo di oggetti accentrato e dislocato attorno al soggetto, e pur possedendo una sua validità fenomenica è superata dalla conoscenza dei singoli oggetti in se stessi, nella loro realtà intrinseca ed individuale, che si coglie attraverso i dati sensibili, ma per l'intervento di una facoltà interiore, che stabilisce un'affinità con le cose, avvicinandole ed al tempo stesso lasciandole sussistere nella loro pluralità essenziale»

Giorgio Colli, La natura ama nascondersi, Adelphi, Milano 1988 (pag. 197-199).


Pare che la natura ami nascondersi (Eraclito dixit). Lucas allora chiude gli occhi, conta fino a trenta e dice: «Vengo a prenderti». Così di buon umore, cerca in un vecchio armadio un Borsalino nero, a tesa larga, tipo quello del Presidente Napolitano. Oggi Lucas vuole essere Presidente di se stesso, per troppo tempo si è dato l'impeachment da solo. Tale splendido cappello gli fu regalato, un tempo, da una dolce fanciulla d'oltremanica che voleva impedire che la sua tête en l'air disperdesse continuamente i pensieri dei quali si era innamorata. Li vedevi camminare, Lucas e lei, che sembravano i fidanzati di Peynet. Oh quanto tempo, quanto Berlusconi: eppure qualcosa è rimasto che nessuno potrà cancellare. Lucas ride, sa che lavagna ove ha scritto e scrive la propria incerta vita, è fatta di strati di ardesia che conservano necessariamente ogni dato, ogni segno, ogni graffio. Basta uscire, basta camminare, per mettersi nella predisposizione giusta per accogliere il mondo. Ma, a differenza dei tiranni, Lucas rigetta (perlomeno cerca di rigettare) ogni tipo di tracotanza dato che per lui non conta, non ha mai contato la quantità dei vissuti, delle esperienze, degli oggetti posseduti. Sopravvivere alla storia è soprattutto questo: vedere come, nonostante tanti anni siano trascorsi, quello che per lui conta è l'affinità col mondo, un certo tipo di mondo; con le cose, un certo tipo di cose; con le persone, un certo tipo di persone. E mondo, cose e persone sono sì a lui vicine, vicinissime, ma – allo stesso tempo – sono libere, libere di «sussistere nella loro pluralità essenziale». Ecco, adesso Lucas può uscire, può arrivare sereno in cima al passo spazzato dal vento, levarsi il cappello e lanciarlo, come un frisbee, nella valle sottostante come accompagnando il volo di un falco pellegrino.

mercoledì 13 ottobre 2010

Involuzioni

A
B


L'umano è un fenomeno insondabile.
Di una cosa si può essere sicuri: non ci sarà mai un'evoluzione dal punto A al punto B.

Parte del discorso

Da nessun luogo con affetto, addì
martembre, caro egregio diletta, ma non importa chi,
perché i tratti del volto, a dire il vero, a dire il vero,
non li ricordo più, il non vostro
certo, ma neanche di nessuno
fedele amico vi saluta da uno
dei cinque continenti, fondato sui cow-boys; io
ti ho amato più degli angeli e di Lui
e perciò ora sono lontano da te più che da loro;
ad ora tarda, in fondo a una valle che dorme,
in un paese con la neve a mezza porta,
torcendomi di notte sul lenzuolo,
(così come in ogni caso qui sotto non è detto)
sprimaccio il mio cuscino, «tu» mugghiando,
oltre mari finiti, con tutto il corpo i tuoi tratti
nel buio, come uno specchio folle, ripetendo.

Iosif Brodskij, Poesie, Adelphi, Milano 1986

martedì 12 ottobre 2010

Qualcosa accade

Scusatemi, ma da un po' di giorni non riesco a commentare la realtà. Non riesco a seguire giornali, vedere tv, inseguire le notizie... I fatti del mondo non mi accadono, eppure qualcosa accade.

Stamani Lucas si è alzato, ha aperto le finestre, è andato incontro a un mattino freddo e caldo insieme. Ha deciso di indossare una camicia bianca, evento raro per le sue abitudini. Prende l'auto e parte e, lungo la strada, si ferma ai bordi di una banchina per cogliere un particolare colore all'orizzonte. Col cellulare cattura l'immagine, la riguarda, ma quel colore non c'è più né sul piccolo schermo, né più all'orizzonte. Un turbine improvviso di vento gli sfila il berretto di testa e i pensieri volano via, come uno stormo di tortore. Né freddo né caldo il vento spira a tutta forza; le lontane pale eoliche sembrano impazzite e delle nubi bianche fanno panna: un cielo di fiordilatte precipita la sua agitazione. Lucas sente che deve risalire in auto, ripigliare la strada. Ma ecco che, tra rovi di rosa di canina e cespi di pino silvestre, appare qualcosa, qualcosa che sapeva essere con lui da giorni: una presenza, una fiducia, una partecipazione. E allora prova, prova a chiudere gli occhi, e lei è lì, quella presenza, più vera del vero. Lucas si precipita in auto, cerca dentro al cruscotto un ancora di salvezza, deve capire prima di prendere il volo. C'è Auden, conforto degli angeli

Dicono alcuni che amore è un bambino,
e alcuni che è un uccello,
alcuni che manda avanti il mondo,
e alcuni che è un'assurdità,
e quando ho domandato al mio vicino,
che aveva tutta l'aria di sapere,
sua moglie si è seccata e ha detto che
non era il caso, no.
Assomiglia a una coppia di pigiami,
o al salame dove non c'è da bere?
Per l'odore può ricordare i lama,
o avrà un profumo consolante?
È pungente a toccarlo, come un pruno,
o lieve come morbido piumino?
È' tagliente o ben liscio lungo gli orli?
La verità, vi prego, sull'amore.

I manuali di storia ne parlano
in qualche noticina misteriosa,
ma è un argomento assai comune
a bordo delle navi da crociera;
ho trovato che vi si accenna nelle
cronache dei suicidi,
e l'ho visto persino scribacchiato
sul retro degli orari ferroviari.

Ha il latrato di un alsaziano a dieta,
o il bum-bum di una banda militare?
Si può farne una buona imitazione
su una sega o uno Steinway da concerto?
Quando canta alle feste, è un finimondo?
Apprezzerà soltanto roba classica?
Smetterà se si vuole un po' di pace?
La verità, vi prego, sull'amore.
Sono andato a guardare nel bersò;
lì non c'era mai stato;
ho esplorato il Tamigi a Maidenhead,
e poi l'aria balsamica di Brighton.
Non so che cosa mi cantasse il merlo,
o che cosa dicesse il tulipano,
ma non era nascosto nel pollaio,
e non era nemmeno sotto il letto.

Sa fare delle smorfie straordinarie?
Sull'altalena soffre di vertigini?
Passerà tutto il suo tempo alle corse,
o stimpellando corde sbrindellate?
Avrà idee personali sul denaro?
E' un buon patriota o mica tanto?
Ne racconta di allegre, anche se spinte?
La verità, vi prego, sull'amore.

Quando viene, verrà senza avvisare,
proprio mentre mi sto frugando il naso?
Busserà la mattina alla mia porta,
o là sul bus mi pesterà un piede?
Accadrà come quando cambia il tempo?
Sarà cortese o spiccio il suo saluto?
Darà una svolta a tutta la mia vita?
La verità, vi prego, sull'amore.

W.H. Auden, La verità vi prego sull'amore, Adelphi, Milano 1994 (traduzione di Gilberto Forti).

Dobbiamo vedere Lucas lì, adesso, con un sorriso che gli arriva alle orecchie, con il vento che scivola via le lacrime che gli rigano il volto, con la sensazione unica che la solitudine non esiste.

Un «candido» bersaglio


Leggete questo post e poi ditemi in quale altro luogo si può trovare un simile esercizio di stile: una perfetta caccia al bersaglio ove, alla fine del percorso, la parola da trovare si ritrova trafitta da un'inesorabile freccia.

Due marroni


Stamani, per la prima volta quest'anno, sono stato a cercare castagne. È uno dei momenti di massimo contatto con la terra. Uno dei miei preferiti. Sapore e odore di sottobosco, col manto d'erba che ti invita a poggiare la testa come fosse un guanciale: solo i ricci impediscono di farlo... Io, in questi momenti (ma non solo per questo), mi sento come visitato, sento presenze. Mi è difficile commentare la realtà: la vivo. E sento intorno che i rumori di sottofondo della vita bassa, della vita di quelli che sono persi nel viavai frenetico del potere, della lotta vana e assurda per imporre il proprio ego agli occhi degli altri, sento, dicevo, che questi rumori sono perduti nel nulla, non significano nulla per me, perché nell'interno di quello che un tempo che avrei chiamato anima (ma in fondo sì: anima in senso aristotelico mi va ancora bene) vibra un altro tipo partecipazione, di presenza nell'hic et nunc. Non fraintendetemi: nessuna via di Damasco, ma ritrovamento, questo sì, spaesamento, ebbrezza, abbraccio con la vita.
Io sono qui (come direbbe il caro Gians) come una castagna, un nobile marrone caduto e poi raccolto. Eccomi di nuovo, dunque, a formulare ennesime vaghe definizioni sul mio essere qui: il blogger è come una castagna, è un frutto che cade dal cielo, prima chiuso nell'inespugnabile riccio. Ma poi, un giorno d'ottobre particolare, si schiude, si apre e precipita dolcemente su un materasso di timo ed erba fragola. Eccolo lì (qui) disteso, alcuni attimi sperso tra le essenze e gli aromi della rete (fertile terreno); qualcuno lo raccoglie, per forza lo raccoglie: è così bello e buono da farne poi nutrimento: il blogger come pane (quasi) quotidiano dei poveri, ma ricchi di spirito. Sentite com'è dolce senza essere stucchevole, sentite come si scioglie e presta a numerose trasformazioni, interpretazioni. Il blogger è un'anima versatile...