domenica 27 febbraio 2011

La retorica perniciosa

La «retorica perniciosa ricorre anche, in forma rudimentale, nelle discussioni estemporanee. Chi cela un pregiudizio, un articolo di fede, o un segreto interesse, difenderà la propria posizione snocciolando argomenti sempre più disperati e logori, invece di farsi guidare dalla ragione o dai fatti. Ancora più spesso, forse, il deterrente è semplicemente un orgoglio testardo: la riluttanza a riconoscere l'errore. L'uomo non scientifico è assillato da un deplorevole desiderio: poter sempre dire: avevo ragione. Lo scienziato, invece, si distingue per un altro desiderio, quello di poter dire: ho ragione».
Willard Van Orman Quine, Quidditates. Quasi un dizionario filosofico,  a cura di Luca Bonatti, Garzanti, Milano 1991 (ed. orig. 1987).

A chi ogni giorno deve intervenire, al telefono o di persona, alle varie adunate dei vari piccoli movimenti (di corpo) politici, per dare giustificazione dell'esborso finanziario di responsabilità nazionale, è comprensibile - ma non giustificabile - possa capitare di dire qualcosa di inopportuno e sbagliato; insomma, può succedere a tutti di sparare un cazzata, è chiaro. L'importante però è rendersene conto, non tanto per fare ammenda e riconoscere l'errore (non chiediamo questo), quanto almeno per stare zitto e trincerarsi in un più onesto no-comment.
Tuttavia, se uno ieri ha detto «"picche"» (e tutti i media hanno riportato la sua voce dire: «"picche"»), non può oggi dire, «mi avete travisato: ho detto "cuori"» senza che, chi dovere (ovvero un équipe medico-scientifica competente), intervenga per verificarne l'idoneità psicofisica nell'esercitare un compito tanto delicato quanto quello di presidente del consiglio dei ministri della Repubblica Italiana attualmente in carica.

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