martedì 15 febbraio 2011

Nessun atto va perduto

Ad Alessandro Bottoni, alle sue conclusioni




«Ma in generale a questo punto non ci sono più molti ostacoli, per l'imputato è arrivato il momento della maggiore fiducia che dopo l'assoluzione. Ora non occorre più darsi molto da fare. Con la dichiarazione il giudice ha la garanzia di un certo numero di giudici, la può assolvere senza timore e senza dubbio lo farà, per un piacere a me e ad altri conoscenti, dopo aver però espletato varie formalità. Ma lei esce dal tribunale ed è libero». «Così sono libero» disse K. Esitante. «Sì,» disse il pittore «ma libero solo in apparenza o, diciamo meglio, in libertà provvisoria. I giudici di grado inferiore, tra cui sono i miei conoscenti, non hanno infatti il diritto di assolvere in maniera definitiva, questo diritto l'ha soltanto il tribunale supremo, irraggiungibile per lei, per me, per noi tutti. Come sia fatto non lo sappiamo e neppure, tra parentesi, vogliamo saperlo. I nostri giudici non hanno dunque il grande diritto di liberare dall'accusa, ma hanno il diritto di sciogliere dall'accusa. Ciò significa che quando lei è assolto in questo modo, per il momento è sottratto all'accusa, ma questa continua a pendere sopra di lei e, non appena arriva un ordine superiore, può tornare subito in essere. Poiché sono in rapporto così buono con il tribunale, posso anche dirle come nei regolamenti degli uffici del tribunale si definisce esteriormente la differenza tra assoluzione reale e quella apparente. In un'assoluzione reale tutti gli atti processuali debbono essere eliminati, scompaiono tutti dal procedimento, non solo l'accusa, anche il processo e persino l'assoluzione vengono distrutti, tutto viene distrutto. Con l'assoluzione apparente è diverso. Con questo atto non è avvenuto nessun cambiamento, esso è stato solo arricchito della dichiarazione d'innocenza, dell'assoluzione e della motivazione dell'assoluzione. Ma per il resto rimane attivo, come esige il movimento ininterrotto degli uffici del tribunale, viene trasmesso ai tribunali superiori, ritorna agli inferiori, continuando a oscillare in modo più o meno accentuato, con arresti più o meno bruschi. Queste strade sono imprevedibili. Viste le cose dal di fuori, a volte possono dare l'impressione che tutto sia dimenticato da un pezzo, che l'atto sia perduto e l'assoluzione perfetta. Un iniziato non lo crederà. Nessun atto va perduto, il tribunale non dimentica nulla. Un giorno, quando nessuno lo aspetta, un giudice prende in mano l'atto con maggiore attenzione, si avvede che in questo caso l'accusa è ancora viva e ordina l'arresto immediato. Ho qui supposto che tra l'assoluzione apparente e il nuovo arresto trascorra molto tempo, la cosa è possibile, e personalmente so di questi casi, ma è anche possibile che l'assolto arrivi a casa dal tribunale e ci trovi già chi lo aspetta per arrestarlo di nuovo. Allora, naturalmente, la vita libera è finita».

Franz Kafka, Il processo, Adelphi, Milano 1973 (traduzione di Giorgio Zampa. Pag 160-162).

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