mercoledì 13 febbraio 2013

I limiti della satira



La contestazione isolata subita da Maurizio Crozza – benefica per certi versi, dacché sconfigge in sé l'unanimismo scipito di un Benigni – dimostra una cosa sola: che l'imitazione ch'egli fa di Berlusconi non è satira, e cioè normale stravolgimento della realtà del personaggio imitato, ma suo specchio riflesso, una sua fotografia. In fondo, cosa ha detto di diverso Crozza da quanto dice e promette Berlusconi in campagna elettorale? Coloro che s'indignano e fanno gli offesi e si ergono a paladini della presunta vittima, poverini, che volete, quel minimo d'intelligenza che gli resta gli palesa e amplifica la merda che loro, a spada tratta, sostengono e sosterranno fino a un minuto prima che la storia lo vedrà appeso ciondoloni in un qualsivoglia benefico piazzale Loreto (la soluzione migliore) o ritirato in una delle sue dimore. Chi s'incazza, insomma, perché Crozza ripete pari pari quello che Berlusconi grida in ogni angolo televisivo (e radiofonico) disponibile (perché Berlusconi non va ancora in piazza? Ve lo siete domandati? Per via delle madonnine volanti?), lo fa non perché viene “deriso” il suo eroe valoroso, ma perché gli si presenta davanti agli occhi la prova della propria malafede. In altri termini: a forza di manipolare la realtà delle cose e di indottrinare col proprio verbo i propri sostenitori, Berlusconi riuscirebbe persino a sdoganare l'incesto – e uno come Crozza, davanti a una platea nazional popolare, rischia, ripetendo tale verbo, che contiene in sé una quantità di nefandezze da ricovero psichiatrico, di far capire al popolo la necessità della catarsi (o se volete, molto più prosaicamente, della purga – dato che Berlusconi mai sarà abbastanza saggio, come Edipo, da autoespellersi da Tebe-Italia).
E il punto resta sempre uno: Berlusconi tocca le corde dell'Italia più fetente, di quella disposta a vendere il proprio buco del culo per cento euro o un iPad. E, per questo, occorre dire e ridire con forza che votare Berlusconi, aldilà di uno schifoso e reale interesse di parte (soldi, fottuti dannati soldi che lui dispensa a iosa ai più zelanti lacchè o alle più disponibili puttane), è da imbecilli o da pezzi merda, basta scegliere.

3 commenti:

Fahrenheit451 ha detto...

Giusto.
Giustissimo e condivisibile fino all'ultima virgola.
Resta, purtroppo, il fatto che di simili fetenti questo paese pulluli, anche grazie al seme di quella fetenzia sparso con tanta cura e raffinata dedizione per l'etere mediatico.
Ed anche il fatto che un imbecille spesso non sceglie di esserlo, un pezzo di merda sì.
E ne va pure fiero...

Anonimo ha detto...

°°°

rimborsi ! - condoni ! - detassazioni !
e poi ?
è come farsi subito una bella focaccia, con i grani destinati alle prossime semine.

l’italico medio, comune, medio-alto, medio-basso, mezzano, modesto, mediocre, ha perso la memoria della saggezza contadina (che pure gli è appartenuta)

per seguire l’ultimo uomo della provvidenza, l’ennesimo pifferaio, l’incantatore di allocchi.
che il suo-dio-lo-strafulmini


Claudio

°°°

Massimo ha detto...

Questo paese è alla frutta. Banane e fichi d'India.