Senza entrare nel merito delle singole proposte contenute nel suo discorso (non ho voglia di parlarne come i simpatici (?), nonché prezzolati (!) commentatori televisivi che si susseguono nei vari canali nostrani), a me Enrico Letta non è disgarbato.
Mi sembra una persona in gamba, determinata, che dà l'impressione di riuscire a compicciare qualcosa, nei limiti della situazione offertagli. Impressione, ci tengo a precisare, dovuta al fatto ch'egli è - dei dirigenti del Pd - uno dei più esperti e navigati, figlio di un democristianismo di sinistra tra i più apprezzabili e meno ottusi. Di sicuro, a pelle, preferisco Letta a Renzi.
Del discorso in sé mi sono piaciuti i riferimenti frequenti alla Costituzione (in particolare agli articoli 2 e 3) e, soprattutto, l'aver detto con chiarezza, davanti a tutta l'assemblea parlamentare, che il primo partito italiano*, con undici milioni di elettori, è il partito dell'astensionismo (e da qui i pericoli, eccetera). Che un Presidente del Consiglio dei ministri non nasconda questo dato di fatto è per me sinonimo d'intelligenza politica - anche se lo avesse ha detto per meri interessi di salvaguardia della partitocrazia.
Infine, auguro a Letta di riuscire a dar luogo alle politiche senza rimanere prigioniero della politica**.
*Al momento, sono decisamente orientato ad iscrivermi
**In riferimento a una parte del suo discorso che richiamava la lezione del suo mentore, Beniamino Andreatta.
N.B.
Il titolo del post richiama, con gratitudine, la pedagogia politica di Olympe de Gouges.
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