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Franco Fortini, Una volta per sempre, Einaudi, Torino 1978 (cliccare per ingrandire) |
Questa poesia è bellissima. Leggere piano, al mattino meglio, dopo il caffè.
Il «piccolo roditore» non è Giuliano Amato.
La domanda se «vuoi sapere cosa sarà di te?» è dispiegata, “naturalmente”, nei versi che seguono. L'uomo riportato dentro le movenze delicate e le piccole, fatue, soddisfazioni del regno animale. Dentro la necessità, chiaro - e il caso, pure.
Però intorno ci sono delle voci, forse di amici che vengono, occorre parlare.
Ed ecco il poeta che, interpellato, parla.
E racconta dell'amore e dell'urgenza della lotta perché i nemici vanno combattuti ora, subito, senza rinvii, senza farsi confondere dal passato e paralizzare dal futuro.
Ma gli amici sono scomparsi, hanno smesso di vociferare.
Il poeta resta tra gli spini e i ragni. Si guarda intorno, tutto è come prima.
Il poeta si è rotto le palle di contemplare e di limitarsi a fare le seghe ai topi (roditori) dello stato di cose presente. Allora volge il capo e non vuole più guardare.
P.S.
Io non sono più un poeta: detti le dimissioni.
1 commento:
addirittura, grazie
un tuo compaesano il franco
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