I blog sono così marginali, ininfluenti, simili alle collane di poesia, vox populi essendo finita nelle finestrelle dei social pieni di tag, sentenze e immagini in cui, se va bene, vi si trova intelligenza condensata come latte in polvere, grandemente utilizzata dall'industria mediatica, per far sì che tra chi produce la notizia e chi la commenta si crei un circolo vizioso che ammansisca la realtà, e la renda sopportabile perché commentabile.
I blog, per contro, per quanto possono, escono dalla timeline, dal flusso del discorso corrente e quando parlano di attualità cercano di immobilizzarla per qualche attimo, come se fosse un modello davanti a un pittore. Si ricomponga e torni domani, la prego: stessa ora.
Si fa così tanta fatica a star dietro alle parole, a quelle che si leggono e a quelle che si dicono. Le parole hanno bisogno di un fermo, di una sosta, un hotel meublé perché richiedono un corpo a corpo prolungato e non delle pugnette di pensiero che fanno godere un secondo e mezzo e poi via daccapo a farsene un'altra, che una sola non basta mai perché non dà la stessa soddisfazione di un rapporto completo.
Avrei tante cose da dirti e te le dico, mille parole a raffica, dolci, suadenti, spiccate, così tante che, a un certo punto, mi dici: basta parole, indirizza la lingua ad altri usi, più persuasivi e meno retorici, a misura di parola che si farà ricordo bello impresso, sì da non disperdere il silenzio di certi momenti.
1 commento:
discorso che non vale solo per i blog, ma per tutta la comunicazione. e non può essere che così, laddove ognuno ritiene di avere qualcosa da dire urbi et orbi
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