venerdì 30 ottobre 2015

Ricordati di ricordare

« La missione dell'uomo sulla terra è ricordare... Perché ridemmo così sgangheratamente quando gli uscì di bocca questa frase? Fu l'aria che aveva quando la pronunciò, la bocca mezza piena e la forchetta sospesa a mezz'aria come un lunghissimo indice? Era troppo sentenziosa per quella tranquilla giornata di pioggia, per quel sordido, insignificante ristorante ai margini del tredicesimo arrondissement?
Ricordare, dimenticare, decidere quale dei due. Non abbiamo scelta, ricordiamo tutto. Ma dimenticare per ricordare meglio, ah! Passare da una città all'altra, da una donna all'altra, da un sogno all'altro, senza curarsi né di ricordare né di dimenticare, ma sempre ricordando, eppure non ricordando di ricordare […]
A volte mi basta toccare il guanciale perché riaffiorino le scene più incantevoli. Si formano dietro la retina come ragnatele. Dalla cantina al solaio sono tutto una tela scintillante d'incanto visivo. Chiudendo gli occhi, mi lascio strangolare da autentici festoni di ricordi. Li porto già perché siano rimessi a posto dal tirannico psicopompo chiamato Metamorfosi […] »

Henry Miller, Ricordati di ricordare, (1947), Einaudi, Torino 1965 (traduzione di Vincenzo Mantovani).

Una volta, diciamo all'inizio, quando cominciai per la prima volta a riflettere sui vissuti, pensavo anch'io che ricordare fosse uno dei compiti principali del vivere. Poi, gradualmente, ho cambiato idea, non tanto sul ricordare quanto sulla missione. Una parola che non mi piace. Mi sa tanto di religioso e di militare, due attività umane che ingabbiano i vissuti nei perimetri della fede.
Ricordare non è dunque una missione, né un compito. È una vana lotta contro il secondo principio della termodinamica. Tipo respirare. Finché esiste aria per farlo, si ricorda. Ho cambiato verbo apposta perché i vissuti si inspirano e i ricordi si espirano. Anidride carbonica, c'est tout. Si potrebbe metaforicamente proseguire con la fotosintesi, ma non è il caso, no, ora che è autunno.


Nessun commento: