La vita mi passa
la voglia di capirla:
«Lassa perde»
direbbe un amico sapiente
silente nel vento di Roma
che scioglie i capelli
e la chioma di lei
e di quell’albero accanto
soli in attesa di un tram.
Soli non è un eufemismo
a Roma se non si è
innamorati giacché
la gente che passa
come la vita di sopra
passa la voglia di capirla
la gente incazzata
e indifferente
nei quadri che Roma non regge
e non appende.
Io le parlo a Roma
come a un’amante lontana
conosciuta in un giorno
d’aprile il più dolce dei mesi
lo stesso che un poeta
precoce scelse
definire crudele
nella solitudine
di un treno e di un albergo
di un sottopasso
e una panchina di marmo.
Roma mi accolse come
una prostituta accoglie
il primo cliente al mattino
quando ha voglia di lavorare
e gli fa credere che
lui è l’unico uomo
che l’abbia saputa
soddisfare.
C’è chi ci crede
come io ci credetti,
per le strade di Roma
camminando e sentendo
una strana aderenza delle suole
al suolo, tutta una storia
consumata di passi morbidi
cadenzati in si bemolle d'amore.
Qualsiasi cosa tu faccia a Roma
da innamorato la fai bene:
entrare in una chiesa e lasciare
che qualcuno preghi
e qualcuno se ne freghi
entrambi esempi di fede
corretta della quale il Dio improbabile
terrà conto.
Poi Roma fece
la sua parte: si rese complice
di quei due che si sospettavano
che aspettavano solo di guardarsi
per capire che Roma
li avrebbe eternizzati
affrescati alle pareti di quella camera
come i colori nelle stanze
del marchigiano.
E Roma aggiunse alla collezione
un’altra storia breve
facilmente dimenticabile
e sotterrabile senza tema
che incauti archeologi la estraggano
trovandoci significati diversi
da quelli qui raccontati
di amore sussurrato
trattenuto dentro sguardi
e sorrisi d'intesa.
La vita mi ritorna
la voglia di capirla
senza capire perché.
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