mercoledì 15 giugno 2016

Siano crocifissi

«Chi volete che vi rilasci: il parlamentare che ha dato la tessera a un collega perché voti al suo posto mentre lui è andato a fare i cazzi sua, o il furbetto che ha timbrato ed è andato a fare la spesa per non perdere la promozione sottocosto?» 
Bizio Capoccetti, Sulle tracce di Tiziano Terziani, Edizioni Stocazzo, Roma 2016.




La storia insegna che in ogni società, nei momenti di crisi, chi è al potere, per ingraziarsi il beneplacito del popolo, dia volentieri luogo a pratiche sacrificali. Ma se una volta si aveva la tragedia dei sacrifici umani dei prigionieri di guerra o nemici del popolo, oggi si ha la farsa del licenziamento dei furbetti.
A me, cristianamente parlando, dispiace che il Consiglio dei ministri del Governo Renzi non abbia preso questi provvedimenti in tempo per la settimana santa. Almeno dopo tre giorni qualche furbetto avrebbe potuto risorgere alla faccia di madonna Madia.

martedì 14 giugno 2016

Pensione revolving

La rata del prestito pensionistico per chi dovesse anticipare volontariamente l'uscita dal lavoro di 3 anni rispetto all'età di vecchiaia potrebbe arrivare al 15% della pensione per i vent'anni nei quali si ripaga il prestito. Lo ha detto il sottosegretario alla presidenza del consiglio Tommaso Nannicini rispondendo ai cronisti su quale possa essere la rata massima per l'anticipo della pensione. [Ansia]
Poniamo che, se va in porto questo progetto, un lavoratore scelga di anticipare di tre anni il congedo pensionistico e che l'importo netto della sua futura pensione sarà intorno alle 1.000/1.200 euro (considero le vacche grasse del sistema contributivo).
In tal modo, dovrà restituire all'Inps i contributi mancanti ricevuti in anticipo, con un piccolo prestito ventennale pari al 15% dell'assegno mensile percepito.

O vediamo: il 15% di 1.000 euro è 150€, mentre di 1.200 è 180€.

Dunque

a) 150€ al mese per 12 che sono i mesi che ci sono in un anno per 20 che sono gli anni = 36.000€
b) 180x12x20 = 43.200€

Un modo da figli di puttana per far pagare la liquidazione ai lavoratori.

lunedì 13 giugno 2016

La fedeltà delle fave

Lo scorso gennaio, in lacrime, il Presidente Obama dichiarò:
«Gli Stati Uniti  non sono l'unico Paese con problemi di violenza dovuti alle armi da fuoco, ma sono l'unico Paese avanzato della Terra che assiste ad eventi così violenti con così tanta frequenza. Ogni anno più di 30mila americani sono uccisi dalle armi da fuoco e centinaia di migliaia di americani hanno perso sorelle e fratelli, seppellito i propri figli». 
Dai dati del 2013 - quelli più recenti che si hanno a disposizione - si rileva che, dei trentamila (33.169 per la precisione) americani uccisi da armi da fuoco, si hanno:
«11.203 omicidi,  21.175 suicidi, 505 incidenti e 281 decessi con motivazioni ancora incerte. Una cifra che è pari a un terzo dei soldati americani morti durante l’intero conflitto in Vietnam.»
Dunque, mi pare evidente che al sedicente (di più noi dicente) Stato Islamico, anziché accollarsi la responsabilità di una menoma percentuale delle morti di infedeli americani dovute a qualche “lupo solitario”, convenga asserire, a posteriori a fortiori, che tutte le morti da arma da fuoco (e io, fossi loro, ci metterei pure quelle dovute alle alluvioni, agli incidenti stradali e al colesterolo alto¹), sono state e saranno compiute dai combattenti islamici fedeli al Califfato (anche e soprattutto i suicidi dovrebbero essere considerati: «Perché ti sei ammazzato?». «Avevo giurato fedeltà all'IS». «Bravo». «Grazie».)
Una fava (vigliacca e assassina) da sola non basta per prendere tutti i piccioni. 

___________
¹ «Il mese scorso Abu Muhammad al Adnani, portavoce dello Stato Islamico, ha esortato i seguaci dell’organizzazione a compiere attacchi all’estero durante il mese del Ramadan, dicendo che "l’azione più piccola che fate nel cuore della loro terra ci è più cara della nostra azione più grande, ed è più efficace e dannosa nei loro confronti". Nel settembre del 2014 Adnani aveva detto che non era necessario chiedere il permesso allo Stato Islamico per compiere attacchi in suo nome, che potevano essere fatti anche senza armi da fuoco, con pietre, coltelli o automobili.» 
Non si capisce perché Adnani non abbia chiamato causa i grassi animali e vegetali più gli zuccheri.

sabato 11 giugno 2016

Vieni Maria Giovanna

Stamani, forse per vincere lo scazzo di un ennesimo giorno nuvoloso (e piovoso) di giugno, mi sono lasciato trasportare da un lieve sussulto civico e, avendo tempo, sono andato in municipio, ufficio elettorale, dove ho chiesto:
«Vorrei firmare per il Referendum contro l'Italicum e quelli contro la Buona Scuola».
L'impiegato, sorridente, mi ha chiesto la carta d'identità, ha riempito le caselle coi dati e mi ha fatto firmare dove occorreva. Alla fine della procedura, egli mi ha chiesto se ero interessato anche a firmare una proposta di legge di iniziativa popolare.
«Quale iniziativa sarebbe?»
«Questa».
«Certo che sì».


venerdì 10 giugno 2016

La differenza tra artistico e responsabile






A chi si lamenta di Carlo Conti nominato direttore artistico della Rai dico solo una cosa: è andata peggio a Repubblica.

giovedì 9 giugno 2016

Natura insomma

Mi ero proposto di farmi fare un massaggio nuru ma ho avuto un attimo di esitazione,  ho pensato di spendere diversamente la pecunia, andare a fare la spesa per esempio.

Sono entrato in un supermercato del biologico, Natura sì. Dato che ultimamente ho ravvisato una certo ristoro intestinale a consumare meno glutine, ho preso dagli scaffali un pacco di Grano Saraceno, made in Cina. E chi lo coltiva da quelle parti, gli uiguri?

Lo lascio debitamente al suo posto. E medito davanti all'amaranto e alla quinoa sudamericani. Costano un botto, neanche un chilo di Setaro o Benedetto Cavalieri arrivano a tanto. L'intestino capirà, stasera glielo spiego (da quando ho appreso della sua intelligenza è tutta una conversazione).

Ho comprato alcune cose che, di solito, non compro mai. Tra queste la crema di arachidi, influenzato dalla scena in cui Saul Berenson (Mandy Patinkin) in Homeland Uno, nel cuore della notte, nel suo ufficio, dopo che la moglie lo ha lasciato per tornare in India, apre il frigo, prende il barattolo della crema (d'arachidi, presumo) e dei cracker sui quali ce la spalma con un righello preso dalla scrivania e mangia nervosamente nella semioscurità. Io amo Mandy Patinkin.

C'era un clima disteso dentro il Natura forse, praticamente c'era più personale che clienti. Un paio di maschi (di cui uno, probabilmente, ero io) e alcune donne di età ragguardevole, tra il giovane e il giovanile. Una in particolare non mi ha impressionato, infatti non l'ho guardata a lungo, anzi, giusto il necessario per schivarla con il carretto della spesa. Aveva i capelli lunghi, più grigi che neri, ondulati, la faccia resa stanca da labbra chiuse coi bordi rivolti verso il mento. Perché c'è tanta tristezza nel mondo? È così difficile prenderlo in giro, il mondo, dato che è lui per primo che ci fa girare, invano?

Va bene, ognuno ha i suoi cazzi. Bisogna che anch'io faccia i miei, rispetti quelli degli altri, non stia qui a sindacare sulla condizione esistenziale di una donna che non conosco e che forse, in cuor suo, era ed è allegra e felice, altro che me.

Esco e piove, come prima che entrassi. Natura un cazzo.

mercoledì 8 giugno 2016

La spremitura

Bisogna fare complimenti a Christan Raimo, giornalista e scrittore (e credo pure professore d'italiano in qualche liceo romano) per l'inchiesta-reportage scritta per Internazionale sui supermercati aperti ventiquattro ore al giorno.

A margine di essa, in ispecie dopo certi passaggi:
«Quel giorno entrando in diversi Carrefour si faceva difficoltà a trovare un addetto, sembrava veramente che fosse uno sciopero riuscito. Ai pochi che c’erano ho chiesto: “Quanti hanno scioperato qui?”.
“Tutti”.
“E tu perché non hai scioperato?”.
“Perché ho un contratto per una società esterna”. 
Al banco dei salumi, o a quello del sushi lavorano per esempio persone che non sono assunte da Carrefour ma da agenzie interinali: sono stati chiamati apposta a lavorare per sostituire il personale in sciopero il 28.
Una di loro mi ha detto: “Che dovevo fare? Ho un contratto che mi rinnovano di settimana in settimana da ormai un anno, una figlia piccola…”. Un’altra donna, anche lei madre, l’avevano chiamata la settimana prima quando lo sciopero era stato confermato: “A me fanno dei contratti giornalieri. Gli potevo dire di no, per solidarietà ai colleghi? Non mi avrebbero più chiamato”.
I dirigenti di Carrefour sostengono che sempre più lavoratori sono contenti di lavorare in modo flessibile, di fare esperienza, di poter gestire il proprio tempo. Praticamente però tutto quello che mi raccontano i lavoratori mi dice il contrario: desiderio di stabilità, bisogno di certezze, e stanchezza, moltissima stanchezza – l’esasperazione di questi contratti di lavoro che sono spesso brevissimi o intermittenti.»
mi viene da chiedergli se, in quanto professore, quando parla (se parla anche) di questi argomenti in classe, soprattutto agli studenti più grandi e vicini al diploma, che effetto ottiene con la scolaresca? Straniamento lunare? Disperazione? Pungolo (stimolo allo studio)? Ribellione? Rassegnazione? Indifferenza?

Come si preparano, insomma, i giovani al futuro? Non certo con queste domande retoriche
«Possiamo accettare che qualcosa non serva a niente? Possiamo immaginare che ci sia una parte del nostro tempo che non è dedicata al consumo e all’accumulazione di capitale? Possiamo dare un senso al perdere tempo? Alla gratuità della pura riflessione, di un’esistenza che almeno per un momento non abbia nulla di funzionale?»
Giacché, anche rispondendo affermativamente a tutte, Raimo non mette mai in discussione il fatto che il sistema economico e produttivo capitalistico - responsabile di queste nuove forme di schiavitù - sia l'unico modo che gli umani hanno per organizzare la produzione, l'economia, tout court: la vita.

Finché per vivere la stragrande maggioranza degli umani dovrà vendere la propria capacità lavorativa a una minoranza che la compra per estrarre dal pluslavoro, plusvalore, finché tutto ruoterà intorno a quella cazzo di merce prodotta per essere venduta e quindi consumata scartata in un ciclo produttivo che si crede infinito, non riusciremo a immaginare che ci sia una parte del nostro tempo che non sia dedicata al consumo e all'accumulazione, non potremo dare un senso alla perdita di tempo, alla gratuità della pura riflessione (si calcoli il numero dei disoccupati che frequentano le biblioteche), non vivremo neanche per un momento senza pensare in funzione di come riuscire a pagare il nostro sopravvivere.

martedì 7 giugno 2016

Onirismi

[Ma niente di che potrebbe indurmi a sporgere l'altra guancia ai fatti opponendola a chi si sentirebbe gratificato oltremodo a favorirne finché uno si mette le scarpe e diventa viaggiatore e vede paesaggi città animali uova dalla padella alla brace moscerini risucchiati dalle pale eoliche mendicanti accartocciati su se stessi come tubetti di dentifricio finito e poi uno la sera dopo cena ancora non ha sonno si siede e descrive quello che ha visto e immagina quello che non ha visto, poi mescola e dà le carte a briscola.]

Può darsi sia stanco, non lo metto in dubbio e la reazione alla stanchezza sia una specie di resa, di spiaggiatura, di lasciatemi stare qui in pace, passate oltre, non abbiate pena o tenerezza, soprattutto non abbiate pazienza, non aspettate che il vento asciughi via la fatica e la brezza e dopo molte ore mi apra gli occhi, faccia ripartire i sensi. Fate finta di niente, lasciatemi qui a babbo morto.
Può darsi anche che i pensieri in circolo non siano in grado di raggrumarsi in sensatezza, stiano sugli appunti a scarabocchiare segni indecifrabili, parole buttate là a casaccio per tentare, invano, di fissare immagini che si muovono velocemente nell'occhio della mente.

Onirismi.

Ci sono tre uomini. Due lo sono, l'altro potrebbe. Ma a tutta prima sembrano tre. I due che lo sono parlano e colui che potrebbe ascolta. Ascolta parlare i due uomini senza interessarsi al contenuto dei loro discorsi, bensì alla forma, alla postura, alla mimica. Colui che potrebbe inizia ad atteggiarsi, con successo. In capo a poche ore è indistinguibile, nonostante ancora resti un uomo in potenza. 

La Basilicata ha due province e lui scelse Matera, da bravo materialista dialettico.

«Tutto questo potrebbe avere un senso», disse - tra sé e sé - uno del pubblico della Repubblica delle Idee. Poi si sputò tra i piedi, casomai prendesse loro voglia di mettersi a fare dei reportage-vintage.


lunedì 6 giugno 2016

Piccolo pensum

«Molti scrittori possono automatizzare a tal punto il processo dello scrivere da essere in condizione, evitando un soverchio dispendio di energie, di sbrigare un pensum quotidiano; altri sono capaci di comporre solo di getto, in una enorme tensione interiore, con “furore”.»
Ernst Fischer, Kraus, Musil, Kafka, La Nuova Italia, Firenze 1974


Bella questa idea dello «sbrigare un pensum quotidiano».

E qual è il pensum quotidiano? No, non sulle elezioni amministrative. Gnafò. Certo, godimenti minimi, da mezza sega. Per l'intera credo convenga aspettare autunno.

La notizia odierna che più mi ha incuriosito è quella dell'arresto di un cittadino francese in Ucraina 

Gregoir M., 25 anni, è stato fermato alla frontiera tra l’Ucraina e la Polonia il 21 maggio scorso dalle autorità di Kiev. Aveva 5 kalashnikov, più di 5.000 proiettili, due lanciagranate anticarro, 125 chilogrammi di tritolo e 100 detonatori.
I servizi di sicurezza lo seguivano dal suo arrivo nel Paese, nel dicembre 2015. L’uomo, un militante di estrema destra, era arrivato in Ucraina per contattare diversi gruppi armati nell’est del Paese e commissionare degli attentati.
Voleva attaccare “la politica del suo governo per la presenza massiccia di stranieri in Francia, la diffusione dell’Islam e la globalizzazione”, spiega il capo dei servizi segreti ucraini, secondo il quale i suoi obiettivi erano “una moschea, una sinagoga, una sede dell’Agenzia delle entrate e la polizia”.
Si possono notare due cose:
  1. se tra gli obiettivi del l'aspirante terrorista vi fosse stato compreso anche una  chiesa, probabilmente si potrebbe parlare di primo caso di potenziale terrorista sincretista.
  2. il nome dell'arrestato è Gregoir: un destino segnato da scarabeo stercoario.

domenica 5 giugno 2016

Io no


Per un attimo mi sono sentito come pare si sentì Nietzsche quando - leggenda vuole -, nel freddo gennaio torinese, abbracciò un cavallo preso a frustate dal cocchiere.
Io mi sono limitato a una carezza all'abete che mi ha lasciato lacrime di resina sui polpastrelli. Dopodiché ho guardato su, tra i rami, nel caso improbabile vi fosse stato appeso qualcuno, specialmente l'autore che così avrebbe dato un senso alla sua richiesta.
Macché. Non si impicca più nessuno per amore. 
Purtuttavia, per amore si continuano a fare notevoli stronzate, molte delle quali meriterebbero un contrappasso. Dato che i cocchieri torinesi di fine Ottocento si sono estinti, io pensavo a un soggiorno (obbligato) in Austria: dite che sono troppo cattivo?

Lettera al direttore

«I libri di storia parleranno di noi come di quella generazione di europei che rimase indifferente mentre una strage avveniva sotto i suoi occhi.»
«Noi». Noi chi? Me e lei, stimato direttore? E, se sì, potrebbe specificare meglio perché «noi» (io e lei) restiamo indifferenti (anche se lei, in questo caso, dimostra di non esserlo, occupandosene, seppur con carta e penna, anzi: con tastiera e schermo)?
In concreto, oltre a parlarne, che altro potremmo fare per non restare indifferenti?
Ragionare? Mi consenta, da par mio, di provarci.
«La migrazione è uno degli elementi che caratterizza la nostra specie, è parte di quello che siamo. L’umanità è stata in movimento per millenni.»

Per quanto attiene alle questioni umane, rifugiarsi nel naturalismo equivale quasi sempre a rifugiarsi in una stalla, con le vacche e i porci. Nella fattispecie, la migrazione è «uno degli elementi» che ci caratterizza e ci apparenta ad altre specie animali, come la peristalsi: un altro genere di movimento che dura da millenni.
«E oggi ci troviamo davanti al paradosso di paesi industrializzati che devono affrontare una gravissima crisi demografica, con conseguente scarsità di manodopera, e al tempo stesso impediscono l’ingresso a persone che cercano disperatamente un lavoro. Tutto questo perché molti cittadini europei, spesso istigati da politici senza scrupoli che fanno leva sulla paura e sull’ignoranza per raccogliere più voti, pensano che i migranti gli faranno perdere il lavoro e mineranno la sicurezza sociale. Ma non è vero: i migranti aiutano l’economia.»

«Paradosso». Perché, stimato De Mauro, da tempo non si espongono le reali ragioni che spingono la popolazione dei paesi industrializzati a non proliferare più come una volta? Forse perché ci sono più distrazioni nel tempo libero? Perché si usano i contraccettivi? O semplicemente perché il cosiddetto proletariato europeo s'è rotto le palle di fare figli per la patria, in quanto ha consciamente o inconsciamente capito che il movimento del capitale ha molto meno bisogno di forza lavoro rispetto a una volta e quindi...
Infatti, in quali settori lavorativi la manodopera scarseggia? Detto altrimenti (per restare in campo naturalistico): quali nicchie ecologiche i migranti hanno occupato e andranno ad occupare dal terziario all'industria, dall'artigianato all'agricoltura? Si potrebbe sostenere, con scarsissima probabilità di essere smentiti, che nel 99% dei casi, i migranti «che cercano disperatamente un lavoro», hanno trovato e troveranno un lavoro da disperati.
I migranti aiutano l'economia a completare il lavoro sporco, quello sottopagato, ai limiti della schiavitù di fatto e di diritto.
«In uno studio su quindici paesi europei pubblicato sul settimanale scientifico New Scientist, l’Organizzazione internazionale del lavoro ha calcolato che a ogni aumento dell’1 per cento della popolazione di un paese dovuto ai migranti, il prodotto interno lordo cresce tra l’1,25 e l’1,5 per cento. E la Banca mondiale ha stimato che se la forza lavoro dei paesi più ricchi crescesse del 3 per cento con i migranti, il pil mondiale aumenterebbe di almeno 356 miliardi di dollari entro il 2025. Chi alimenta la xenofobia non si rende solo complice di una strage: ci sta anche sottraendo ricchezza, benessere, sviluppo.»

Curiosità: è mai accaduto che l'autorevolissima rivista New Scientist abbia mai effettuato una ricerca scientifica seria e dettagliata su come funziona il movimento del capitale? Sa, esimio De Mauro, che questo potrebbe fornire delle risposte al movimento dei migranti paragonabili a quelle della scoperta dell'acqua calda assolutamente non alimentata da alcun fuoco xenofobo?
Sbaglierò, ma io penso che le preoccupazioni della Banca mondiale per i migranti siano dello stesso tenore di quelle che avevano gli spartiati nei confronti degli iloti. Infatti, come scrisse qualche mese fa Olympe de Gouges
«in una società sedicente libera e democratica, in cui non sia consentita legalmente la schiavitù, la ricchezza più sicura consiste in una massa di poveri laboriosi, e cioè bisognosi. È esattamente l’antico principio secondo cui la ricchezza non vale nulla se non c’è chi lavora per te. Ed è un principio essenziale che qualunque borghese – a partire dalla signora con la sua colf – ha inculcato bene in mente, per educazione e per interesse pratico, di classe.»

Non è un caso quindi che, fatto salvo coloro che fuggono la barbarie della guerra che ha loro devastato le condizioni minime di sopravvivenza (e sono tanti), tutto il resto del movimento migratorio consista in un mero movimento legato alla forma elementare del capitale: la merce. Tuttavia, in questo caso, la “merce” sono i migranti stessi, o meglio: la loro forza lavoro, particolarmente conveniente in momenti in cui il capitale ha l'urgenza di reperire, oltre alla manodopera necessaria alla produzione, anche manodopera di riserva, concorrente, disoccupata, indispensabile per mantenere basso il livello del salario. 
Per questo, gentile direttore, le confesso che non credo minimamente alle stime della Banca mondiale, né tantomeno reputo attendibile lo studio di New Scientist. Di più: senza affatto sentirmi xenofobo e razzista, temo invece che la caccia al lavoro di merda (di schiavi o controllori degli schiavi) provocherà maggior conflitto tra poveri e diseredati e che il conflitto sociale, alimentato dai populismi, dai nazionalismi e dal refugium peccatorium della fede (in ispecie l'islamica) mineranno eccome la sicurezza sociale. 
Sappia, comunque, caro direttore, che spero tanto di sbagliarmi.

Un abbonato

venerdì 3 giugno 2016

Giubbate ovunque

«La politica economica applicata in Francia negli ultimi trent'anni ha fallito, in particolare per quanto riguarda la lotta alla disoccupazione di massa, diventata un veleno economico e sociale. La Francia ha raggiunto dei primati assoluti in tema di pressione fiscale, spesa pubblica e disoccupazione. Credo che i francesi abbiano capito. E si aspettino il ricorso a soluzioni che funzionano ovunque e che noi non abbiamo mai sperimentato: lavorare più a lungo, ridurre il ruolo dello Stato e migliorare la sua efficacia, diminuire il peso della burocrazia, delle norme e dell'amministrazione pubblica, liberalizzare il mercato del lavoro, abbassare il costo del lavoro e le tasse in generale. Il mio obiettivo è fare della Francia una terra accogliente per l'impresa e l'investimento. Il che non significa che lo Stato non debba rimanere forte nelle sue funzioni fondamentali.» Alain Juppé

Eccone un altro.
Le soluzioni che funzionano ovunque e che loro - i francesi - non hanno mai sperimentato... 
Ordunque, io sarei curioso di sapere dove si trova questo ovunque, quantunque sia evidente che tali soluzioni, inaugurate decenni or sono dal duo Reagan Thatcher con effetti devastanti sul lato del welfare e della disparità sociale,  là dove abbiano dato l'illusione di funzionare - aumento del Pil e diminuzione della percentuale di disoccupati - è stato perché, per un po', tali misure “liberiste“, hanno fornito ossigeno al capitale togliendolo al lavoro, ai lavoratori.
E comunque, nonostante queste soluzioni siano state adottate ovunque, l'economia mondiale è in permanente crisi e dal 2008 la produzione di ricchezza si è affidata sempre più alla finanziarizzazione, mediante la creazione arbitraria di denaro delle banche centrali che ha consentito di salvare le banche e, tramite queste, sostenere il debito pubblico, e mantenere elevati gli indici borsistici.
E questo avrebbe diminuito la pressione fiscale, la spesa pubblica e la disoccupazione di massa ovunque?

giovedì 2 giugno 2016

La libertà nella lingua

« [704] L'uomo dev'esser libero e franco nel maneggiare la sua lingua, non come i plebei si contengono liberalmente e disinvoltamente nelle piazze, per non sapere stare decentemente e con garbo, ma come quegli ch'essendo esperto ed avvezzo al commerzio civile, si diporta francamente e scioltamente nelle compagnie, per cagione di questa medesima esperienza e cognizione. Laonde la libertà nella lingua dee venire dalla perfetta scienza e non dall'ignoranza. La quale debita e conveniente libertà manca oggigiorno in quasi tutti gli scrittori. Perché quelli che vogliono seguire la purità e l'indole e le leggi della lingua, non si portano liberalmente, anzi da schiavi. Perché non possedendola intieramente e fortemente, e sempre sospettosi di offendere, vanno così legati che pare che camminino fra le uova. E quelli che si portano liberalmente, hanno quella libertà dei plebei, che deriva dall'ignoranza della lingua, dal non saperla maneggiare, e dal non curarsene. E questi in comparazione [705] degli altri sopraddetti, si lodano bene spesso come scrittori senza presunzione. Quasi che da un lato fosse presunzione lo scriver bene (e quindi l'operar bene, e tutto quello che si vuol fare convenientemente, fosse presunzione); dall'altro lato scrivesse bene chi ne dimostra presunzione. Quando anzi il dimostrarla, non solamente in ordine alla buona lingua, ma a qualunque altra dote della scrittura, è il massimo vizio nel quale scrivendo si possa incorrere. Perché in somma è la stessa cosa che l'affettazione; e l'affettazione è la peste d'ogni bellezza e d'ogni bontà, perciò appunto che la prima e più necessaria dote sì dello scrivere, come di tutti gli atti della vita umana, è la naturalezza. (18 febbraio 1821). »

Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri.


mercoledì 1 giugno 2016

Vaccini anti influenzabili



A margine del pippone che Luca Sofri ha postato sui possibili effetti mimetici che le serie televisive - nel caso specifico: Gomorra - possono provocare nel pubblico più sprovveduto («i soggetti più influenzabili [dai protagonisti di Gomorra] sono i più giovani»), domando se, per caso, vi sia qualcheduno tra gli influenzabili che, prima di provare ad arruolarsi nella criminalità organizzata, si chieda: ma tutta quella droga venduta, messa in circolo capillarmente nel corpo della società, chi la compra? Da chi sono composte quelle “piazze” (mercati), più o meno redditizie, che permettono alla merce di contrabbando di trasformarsi alchemicamente in denaro? In buona sostanza: ogni aspirante droghiere, è abbastanza arguto da fare un'indagine di mercato per conoscere, in linea di massima, le potenzialità della sua futura professione? 
Sarà perché sono un'ingenua anima pia di campagna, ma io, a parte il cosiddetto mercato dei giovani “bene” (Roma bene, Milano bene, Napoli bene, eccetera), non vedo proprio chi altri al momento possa spendere molti quattrini per drogarsi. Anche perché poi, a quanto mi risulta, la fiction non mostra alcun interesse per gli acquirenti e quindi per i diretti finanziatori del mercato narcotici, quindi non si capisce chi compri la roba, non si vedono code come alla cassa dei supermercati...

(Se non ricordo male, nella prima serie, in una breve sequenza, c'è un momento in cui si assiste sì allo smercio, al passaggio della dose di droga dalle mani del clan malavitoso a quelle del compratore, che esiste e basta, ma resta invisibile e indispensabile: come l'ossigeno).

Vero che per la criminalità organizzata la voce droga è un solo un capitolo dell'enorme giro d'affari da essa gestito, composto anche dal gioco d'azzardo, dalla prostituzione, dallo smaltimento di rifiuti tossici, dalla sofisticazione alimentare, dall'estorsione, eccetera.

Nondimeno, in Gomorra, la droga è la merce principalmente trafficata. Orbene, c'è stata mai qualche indagine seria che abbia fatto un calcolo abbastanza attendibile a quanto ammonti il giro d'affari in tale settore sì da rendere verosimile l'enorme quota milionaria che le Sante Alleanze camorriste si spartiscono per, di poi, comprarsi lussuosi appartamenti, auto fuoriserie, pantere nere di vario tipo? 

Dato che sono i benefici (la ricchezza) dell'azione criminale ad essere sognati dai giovani influenzabili, mi pare probabile che i possibili emulatori, anche quelli più suggestionabili, un minimo di domande sulla scaturigine della ricchezza se le pongano, in quanto non è soltanto con il controllo prepotente e capillare del territorio, con gli spari in faccia, le bastonate tra capo e collo, le minacce e le violenze di ogni tipo, che i soldi - e quindi il potere - arrivano.

Infine: è ovvio che, in Gomorra, i modelli da emulare siano i boss. Bene, è plausibile i soggetti influenzabili non si siano accorti che ad ogni capo corrispondono un centinaio di gregari?

____________ 
p.s.
Sofri cita anche la serie televisiva Transparent. Dopo aver visto la prima puntata, m'è presa voglia di diventare prima un transessuale e poi una lesbica.