martedì 7 giugno 2016

Onirismi

[Ma niente di che potrebbe indurmi a sporgere l'altra guancia ai fatti opponendola a chi si sentirebbe gratificato oltremodo a favorirne finché uno si mette le scarpe e diventa viaggiatore e vede paesaggi città animali uova dalla padella alla brace moscerini risucchiati dalle pale eoliche mendicanti accartocciati su se stessi come tubetti di dentifricio finito e poi uno la sera dopo cena ancora non ha sonno si siede e descrive quello che ha visto e immagina quello che non ha visto, poi mescola e dà le carte a briscola.]

Può darsi sia stanco, non lo metto in dubbio e la reazione alla stanchezza sia una specie di resa, di spiaggiatura, di lasciatemi stare qui in pace, passate oltre, non abbiate pena o tenerezza, soprattutto non abbiate pazienza, non aspettate che il vento asciughi via la fatica e la brezza e dopo molte ore mi apra gli occhi, faccia ripartire i sensi. Fate finta di niente, lasciatemi qui a babbo morto.
Può darsi anche che i pensieri in circolo non siano in grado di raggrumarsi in sensatezza, stiano sugli appunti a scarabocchiare segni indecifrabili, parole buttate là a casaccio per tentare, invano, di fissare immagini che si muovono velocemente nell'occhio della mente.

Onirismi.

Ci sono tre uomini. Due lo sono, l'altro potrebbe. Ma a tutta prima sembrano tre. I due che lo sono parlano e colui che potrebbe ascolta. Ascolta parlare i due uomini senza interessarsi al contenuto dei loro discorsi, bensì alla forma, alla postura, alla mimica. Colui che potrebbe inizia ad atteggiarsi, con successo. In capo a poche ore è indistinguibile, nonostante ancora resti un uomo in potenza. 

La Basilicata ha due province e lui scelse Matera, da bravo materialista dialettico.

«Tutto questo potrebbe avere un senso», disse - tra sé e sé - uno del pubblico della Repubblica delle Idee. Poi si sputò tra i piedi, casomai prendesse loro voglia di mettersi a fare dei reportage-vintage.


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