martedì 15 marzo 2011

Polvere che pensa


Ci sono giorni in cui occorre attaccarsi a qualcosa. Un gancio appeso al cielo non serve a niente, non più. E allora la mente corre tra gli scaffali e apri le pagine di un libro di qualcuno che ha pensato qualcosa di definitivo e consolatorio insieme.  È come subire uno schiaffo e una carezza, contemporaneamente. Spinoza fa bene (e anche i suoi epigoni non scherzano). Leggiamolo ricordando che 334 anni fa venne dato alle stampe la sua Etica dimostrata secondo l'ordine geometrico. Spinoza era un geometra. Misurava gli uomini, i quali
«stabilirono che gli Dei indirizzano tutto a uso degli uomini, per legarli a sé ed essere da loro tenuti in sommo onore: onde avvenne che tutti escogitassero diverse maniere di adorare Dio, secondo la loro indole, affinché Dio li preferisse agli altri, e dirigesse tutta la natura ad uso della loro cieca cupidità e insaziabile avidità. E così questo pregiudizio si mutò in superstizione, e mise profonde radici nelle menti: e questa fu la causa per cui ognuno si studiò, col massimo sforzo, di capire e di spiegare le cause finali di tutte le cose. Ma mentre cercavano di dimostrare che la natura non fa niente invano (che cioè non sia ad uso degli uomini), sembra che non abbiano dimostrato, se non che la natura e gli Dèi delirano proprio come gli uomini. Guarda dunque a che punto si è arrivati! Tra tanti vantaggi della natura hanno poi dovuto trovare non pochi svantaggi, come tempeste, terremoti, epidemie, eccetera, e hanno stabilito che queste cose avvengono per il fatto che gli Dèi si adirano per le offese loro arrecate dagli uomini, ossia per i peccati commessi nel loro culto: e sebbene l'esperienza ogni giorno protestasse e mostrasse con infiniti casi che vantaggi e svantaggi capitano egualmente ai giusti e agli ingiusti senza distinzione, non per questo hanno abbandonato quell'inveterato pregiudizio. Infatti per loro è stato più agevole annoverare tali cose fra quelle di cui ignoravano l'uso, e ritenere così il loro stato presente e innato di ignoranza, anziché distruggere quella costruzione ed escogitarne una diversa. Onde hanno stabilito come cosa certa che i giudizi degli Dèi superano di gran lunga la comprensione umana; per questa unica causa certo la verità sarebbe rimasta celata in eterno agli uomini»
e invece
«non abbisogna molto per dimostrare che la natura [ovvero Dio, secondo la concezione spinoziana] non si è prefissa alcun fine, e che tutte le cause finali non sono che finzioni umane […] Se infatti Dio agisce per un fine, necessariamente appetisce qualcosa di cui manca».
E ce lo vedete voi un Dio imperfetto, affamato, bisognoso di fini? Secondo Spinoza, coloro che assegnano dei fini alle cose, agli accadimenti della natura (uomo compreso) introducono un «nuovo modo di argomentare» che riduce le cose «non all'impossibile, ma all'ignoranza». Ed ecco Spinoza all'attacco:
«Infatti, se per esempio, da un tetto cade una pietra in testa a qualcheduno e lo uccide [se arriva uno tsunami e uccide diecimila persone], dimostreranno che la pietra è caduta per uccidere l'uomo in questo modo: se non è caduta a tal fine, per volontà di Dio, come mai hanno potuto convergere per quel caso tante circostanze (giacché spesso ne concorrono appunto molte insieme)? Forse risponderai che soffiava il vento e l'uomo passava di là, e che perciò è avvenuto. Ma domanderanno: perché il vento soffiò in quel momento? Perché in quel medesimo tempo l'uomo passava di là? Se rispondi ancora che il vento era sorto in quel momento per il fatto che il giorno precedente il mare, col tempo ancora tranquillo, aveva cominciato ad agitarsi; e per il fatto che l'uomo era stato invitato da un amico; chiederanno di nuovo – giacché non c'è fine al domandare – perché il mare era agitato, e perché l'uomo era stato invitato per quel giorno. E così via, non cesseranno di chiedere le cause delle cause, finché non ti sarai rifugiato nella volontà di Dio, cioè nell'asilo dell'ignoranza».
Per questo chi cerca di studiare da saggio le vere cause delle cose naturali è stato in passato (ma anche adesso, in parte) ferocemente osteggiato e «proclamato ora eretico e ora empio» dai chierici prima e dagli atei devoti oggi (in compagnia dei primi, beninteso).
«Essi sanno infatti, che, tolta l'ignoranza, vien meno lo stupore, l'unico mezzo che abbiano di sostenere e difendere la loro autorità».
Bento de Spinoza, Etica, 1677 postumo, Bollati Boringhieri, (traduzione di Sossio Giametta), Parte Prima, Dio, Appendice.

Ecco, adesso posso leccarmi le ferite, bermi un vin brulé per contrastare questo cazzo di raffreddore che mi rompe (ma perché l'ho preso? Perché mi sono scoperto. E perché mi sono scoperto? Perché mi faceva caldo. E perché mi faceva caldo? Perché si è alzata la temperatura. E perché si è alzata la temperatura? Perché piove. E perché piove? Perché Berlusconi. Perché Berlusconi? Perché l'Italia non è il Giappone. E perché l'Italia non è il Giappone? Perché siamo musi marroni. Marroni? Perché marroni? Color merda. Ah.), andare a letto. Buonanotte in Italia, buongiorno in Giappone.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie della dedica. Ma io condivido le parole di Spinoza. E il mio "siamo solo polvere" era un pensiero squisitamente nichilista.
Sì è vero siamo polvere che pensa ma basta un meteorite o un sole diventato supernova per non farci più pensare per l'eternità.