giovedì 21 aprile 2011

Sradicatori di ravanelli

«Leggere “Un cuore intelligente” di Alain Finkielkraut (tradotto da Francesco Bergamasco per Adelphi) per capire la durezza dello scontro in atto tra i paladini di un’astratta virtù, di un’idea assoluta di bene, morale, civiltà e democrazia da opporre al simbolo vivente di corrotti e corruttori, alias Silvio Berlusconi, e i miti, pazienti, scettici difensori dei dettagli particolari di quel legno storto dell’umanità dalla furia di chi vorrebbe raddrizzarlo. Finkielkraut, certo, non parla di Berlusconi e nemmeno del giudice Ingroia che arringa le piazze; non credo abbia mai letto i sermoni puritani di Barbara Spinelli. [...]
Per questo Ingroia e la Spinelli hanno tanta presa. Sono residui rivoluzionari che lottano per sradicare il male, ma esprimono, senza saperlo, la volontà esaltata di una società perfetta e invivibile» (Marina Valensise, Il Foglio 21 aprile 2011).
E se invece di sradicare il male per fondare una società perfetta e invivibile, il magistrato Ingroia (va bene, ha fatto una sciocchezza ad andare sul palco. Vediamo quante volte lo rifarà) e la intellettuale Spinelli (e quando mai un'editorialista ha potuto dire che le sue parole son diventate leggi?) volessero semplicemente tentare di far conoscere ai cittadini che il "bene" prodotto dall'azione di governo riguarda uno solo?
E poi, a parte: se provassimo al posto della Valensise a domandare direttamente a Finkielkraut cosa ne pensi di Berlusconi, non avete il sospetto, secondo me fondato, che occorrerebbe portare un secchiello affinché egli, fine intellettuale francese, non ci vomiti in faccia?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Chiedere alla signora Valensise di avere un sospetto? su uomini di potere poi? suvvia, non sia tanto ingenuo Lucas.

Luigi

Luca Massaro ha detto...

Il fatto è che io, di fronte a questa paradossale, indefessa difesa di Berlusconi (e del potere in generale quando si manifesta nei termini del berlusconismo), non riesco più a incazzarmi, o forse non voglio più farlo - non serve.
E allora subentra in me, necessariamente, quella sorta di «stupore infantile» di cui parlava E. Zolla, di meraviglia di fronte a siffatti fenomeni della natura umana.