giovedì 7 aprile 2011

Primavera radioattiva

Oggi sono stato sospeso, in disparte. Non ho partecipato, se non marginalmente, agli accadimenti dati in pasto dai giornali, dalle agenzie, o da altri organi di informazione. Ho come bisogno di disintossicarmi dal commentare la realtà: la subisco, come questo caldo strano anticipato, non comprendendo bene le ragioni di questa prepotente primavera.
Mi sono messo un giubbotto rosso di cotone poco più spesso d'una camicia, tale da sembrare una specie di garibaldino post-moderno se non fosse per il colletto interno fiorito di pensieri e di fiori di ciliegio, molto frou frou. Mi sento in imbarazzo, alzo il bavero. Incrocio lo sguardo di una russa coi capelli bruni, in gonna e senza calze, che sale accanto a me sul tapis roulant di un supermercato. Credo sia russa da come parla, a voce alta, ad un'amica bionda forse più carina, ma dallo sguardo meno intenso. Ecco: guardarsi così tra due che non si conoscono, indipendentemente dal fatto che uno è uomo e l'altra no, certifica, almeno per dieci secondi, la propria esistenza più di quanto faccia una frenetica ricerca degli incontri e degli inviti (Kavafis). Perché? Perché se ci penso io me lo ricordo quello sguardo, anche se è durato dieci secondi. Me lo ricordo e la mente parte, per un viaggio veloce che ci vuole più a scriverlo che altro. Riassumo: vedi se io le avessi offerto un caffè alla russa, vedi se lei avesse accettato. Vedi se lei mi avesse portato a casa sua. Vedi se io avessi scoperto che lei non è russa ma ucraina. Vedi che poi, oltre che Ucraina, fosse nata nei giorni terribili di Cernobil. Vedi che ce l'avesse ancora radioattiva. E io che speravo di avere lasciato fuori la realtà.
Crescono le foglie dei lamponi qua intorno, tra le mutande viola di una ragazza del popolo. Appena i frutti saranno pronti, li coglieremo pizzicandoli come corde di viola. Saranno dolci. Speriamo non radioattivi.

1 commento:

sirio59.mm ha detto...

...è che la realtà noi la subiamo sempre e comunque, ma amiamo ingannarci, talvolta -siamo così fragili!-, e pensare di scegliere.
Carpe Diem, caro Luca, in empatica malinconia.