lunedì 24 agosto 2015

Autobiologia

Quello che rimpiango dei tempi in cui scrivevo lettere d'amore non è l'amore: sono le lettere. Uscivano fuori, prima in brutta copia su fogli protocollo a righe, tipo quelli dei compiti in classe, anche se non lasciavo la colonna bianca per farle correggere ad alcuno. Di poi, su carta ricercata - quella che preferivo era la gialla fiorentina - ricopiavo in bella copia e scrittura carezzevole - tanto che una corrispondente, una volta, mi fece un complimento dicendomi che si vedeva dalla calligrafia che avevo voglia di toccarle le tette - i pensieri tutti rivolti a trasmettere la bontà delle intenzioni. Una volta arrivato in fondo, esitavo un attimo per la frase di commiato, che doveva essere all'altezza del sentimento espresso, di solito appoggiandomi a un verso estratto dalla poesia italiana del Novecento. Infine, piegavo in quattro o in tre, a seconda del formato della busta, e in tabaccheria o alla posta mi facevo dare un francobollo di quelli da futura collezione, che umettavo giusto in punta di lingua - il desiderio di un bacio - e dopo via, dentro la buca delle lettere, quello che avevo da dire l'avevo scritto, non restava che prefigurarsi presuntuosamente il sorriso e una mezza lacrima in colei che l'avrebbe letta. Funzionava.

Cosa funziona ora in questo blog in cui si scrivono rarissime lettere d'amore e copiose di moderata indignazione? Non spreco carta, busta, non incollo francobolli. Il tasto Pubblica assomiglia a un'inesorabile consegna. I tratti del destinatario sono quelli riassunti in uno specchio. Il sorriso e una mezza lacrima non c'è più bisogno di prefigurarli.

7 commenti:

luigi castaldi ha detto...

Ecco uno splendido raffronto tra scrittura pubblica e scrittura privata.

Olympe de Gouges ha detto...

vorrei leggerne un paio, assieme a te, nei momenti di depressione

Luca Massaro ha detto...

Grazie, miei cari :-)

Marino Voglio ha detto...

io le scrivo ancora le lettere di carta. non lo hanno ancora vietato, puoi provare.

Luca Massaro ha detto...

Ce lo sapevo che te nun ciài a cuore l'Amazzonia.

Marino Voglio ha detto...

touché. questa t'aa do vinta.

siu ha detto...

E io invece (tanto p'andà controcorente), è Marino amanuense che considererei specie protetta e da proteggere, sarà che mi sono disabituata completamente a usare la penna (ma pure la matita), e quando proprio devo mi esce una grafia da piangere, certe figure... ad esempio in banca perchè ormai neanche una firma plausibile riesco più a fare, tanto che più di una volta ho avuto il sospetto che il cassiere sospettasse (che prelevavo dal conto di un'altra, cioè da quella che ha depositato la firma una quindicina di anni fa).
Lunga vita, Marì!