lunedì 6 ottobre 2008
Il tamarindo
Oh, il tamarindo che Abramo piantò a Beerseva: uno dei rari alberi "singoli" della Bibbia, che svetta nella sua vigoria e nei suoi colori per incantare l'immaginazione in mezzo a tante peregrinazioni e a tanti deserti. Ma attenzione: il Talmud teme forse che ci lasciamo catturare dal suo canto sotto il vento del Sud e vi cerchiamo il senso dell'Essere. Ecco allora che ci distoglie dal sogno: "tamarindo" è un acronimo, e le tre lettere che lo compongono (tav, mem, res) sono le iniziali di Nutrimento, Bevanda e Alloggio, tre cose necessarie all'uomo e che l'uomo offre all'uomo. La terra esiste per questo: l'uomo è il suo signore per servire gli uomini. Rimaniamo padroni del mistero che respira: è su questo punto che il giudaismo è maggiormente lontano dal cristianesimo. La cattolicità del cristianesimo integra le piccole e toccanti divinità familiari nel culto dei santi e nei culti locali. Il cristianesimo, pur sublimandola, mantiene la pietà radicata, e si nutre di paesaggi e ricordi familiari, tribali, nazionali. È per questo che ha conquistato l'umanità. Il giudaismo non ha sublimato gli idoli ma ne ha preteso la distruzione: come la tecnica, ha demistificato l'universo. Ha tolto l'incantesimo alla Natura. Con la sua astratta universalità urta forse immaginazione e passioni: ma ha scoperto l'uomo nella nudità del suo volto.
Emmanuel Lévinas, Difficile Libertà, Jaka Book, Milano, 2004, pag. 292.
Nota a margine: io non so dire se il giudaismo sia in effetti questo. Comunque mi sembra che il cattolicesimo che Lévinas qui descrive sia molto, ma molto pertinente con la realtà.
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