domenica 12 ottobre 2008

Una sera a Piazza Affari



Mi sfrego le mani
mi sfregio la faccia
mi frugo le tasche
mi frego l'anima
la porto a spasso, la investo in borsa,
ci costruisco speculazioni
allo zero virgola. Fo un'opa
a me stesso, mi verso, mi liquido
mi stabilisco in un paradiso
fiscale – Direttore, il suo viso
mi sembra perplesso, preoccupato
ma le do garanzia, parola d'onore
e giù risa e giù salti e giù sia
sempre lodato sia il mio disfare ore
a consultare minuziosamente il Sole 24 ore
con quel suo giallino pallido
come la mia faccia sbronzata, sfregiata;
e poi dolce è lo strappar pagine
per lo foco amico che scalda
le innumerevoli vetrate in attesa
di un boeing 747 carco di kerosene
e sempre fottuto sia lo sguardo malefico
di chi crede in dio operando malvagità.
I vetri rotti si sono conficcati
nelle mie vene e non so non so non so
perché, dacché, giacché, poiché
devo sempre tutto per segno, per filo
spiegazzare e poi strappare e poi bruciare
come le pagine su menzionate...
allora cambio la pagina e sono felice
uno nuovo sguardo sul mondo posso
gettare, do atto ad un'alice sotto sale
di resistere più di me al corrivo tempo,
divento ruggine e mi fermo prima del crac.
Mi capisci? M'intuisci? Mi vieni dietro?
Un due tre... Stella! Mi tocchi il didietro?
Mi porti fortuna, mi mandi un fax
interplanetario sì ch'io possa
mettermi in contatto con Orione
per domandare se anche in tal costellazione
esista la Borsa, esista la Corsa, esista la Morsa
e ti mordo i polpacci, come mordo l'Unione
Europea. Oh, Medea mia mangiaci presto
a costo di un'indigestione, noi figli di puttana
con le mani impastate di merda e catrame
e congiunte verso l'Unico Dio che guida
davvero, sia dollaro od oro nero: n'Euro
psichiatri non occorre esser per penetrar
il Vero.

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