domenica 19 ottobre 2008

La coscienza come un granello di sabbia


Octavio Ocampo, Family of Birds

Questa post-lettura è debitrice del post di Ivo che trovate qui.

Vi è, oggigiorno, un considerevole coro di opinioni che insiste nell'affermare che questi sforzi non possono che fallire, che una mera scienza in terza persona della coscienza è metodologicamente debole, tagliata fuori da importanti fonti di evidenze, di dati, di illuminazioni... o di chissà che altro. Abbiamo bisogno, si dice, di una "scienza della coscienza in prima persona" o, al massimo, di una "scienza della coscienza in seconda persona" (...). L'idea, variamente espressa o solo tacitamente presupposta, è che i marziani non possono giocare ai giochi cui possiamo giocare noi. Che non possano impegnarsi in una scienza della coscienza in prima persona perché non sono a loro volta il tipo giusto di "prima persona". Possono studiare la coscienza marziana dal punto di vista della prima persona, se ve ne è uno, ma non la nostra coscienza. O potrebbe darsi che si dica che essi non possono impegnarsi in una scienza della coscienza in seconda persona perché, in quanto forme di vita aliena, non possono formare il legame empatico Io-Tu che tale approccio presuppone.
La mia domanda è questa: abbiamo qualche fondato motivo per credere a tali affermazioni? E la mia risposta sarà negativa, perché non c'è niente nella nostra coscienza che sia inaccessibile ai probabili metodi tecnologici dei marziani. I metodi in terza persona delle scienze naturali bastano per indagare la coscienza con la stessa completezza di qualsiasi altro fenomeno in natura, senza alcun significativo residuo. Che cosa intendiamo qui per "significativo"? Semplicemente questo: se gli scienziati studiassero un singolo granello di sabbia, vi sarebbe sempre qualcosa di più da scoprire, indipendentemente dal tempo speso nella ricerca. La sommatoria delle forze attrattive e repulsive tra tutte le particelle subatomiche che compongono gli atomi costituenti il granello presenterà sempre un margine di incertezza nell'ultima cifra significativa con cui l'abbiamo calcolata finora, e retrocedere di eoni la localizzazione spaziotemporale del granello di sabbia ci condurrà solo a un cono diffuso di indiscernibilità. Ma la nostra ignoranza non è significativa, in quanto possiamo sempre applicare un principio di revisione continua. Queste considerazioni mi conducono ad affermare che se usassimo il metodo della scienza in terza persona per studiare la coscienza umana, qualsiasi ignoranza residua dovessimo riscontrare "alla fine", non sarà più sconvolgente, più frustrante o mistificante, di quella che risulta ineliminabile quando studiamo la fotosintesi, i terremoti o i granelli di sabbia. Detto in breve, non è stata proposta alcuna valida ragione a supporto dell'ipotesi diffusa che la coscienza sia, dal punto di vista della scienza in terza persona, un mistero dissimile, in qualche modo, dagli altri fenomeni naturali. Non vi sono, inoltre, neanche buone ragioni per sostenere che vi sia qualcosa di significativo che sappiamo (o sapete) attraverso la coscienza che è completamente inaccessibile alla comprensione degli scienziati marziani, per quanto differenti siano da noi.

Daniel C. Dennett, Sweet Dreams, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2006, pag. 26-27

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