Ecco qua, in «metro d'operetta», una traduzione di Meriggiare pallido e assorto di Montale scritta da Giulio Mozzi. Egli (comunicazione personale) non pare esser troppo soddisfatto del risultato. Io penso il contrario. A me piacciono questi ludici tentativi di tradire la tradizione, dacché la tengono in vita. Montale stesso sarebbe contento, credo, considerando anche certi suoi versi dell'VIII lirica di Mediterraneo («Potessi almeno costringere») ove si può leggere:
Non ho che queste parole
che come donne pubblicate
s'offrono a chi le richiede;
non ho che queste frasi stancate
che potranno rubarmi anche domani
gli studenti canaglie in versi veri.
Con il suo consenso pubblico dunque la “traduzione” di Giulio. Di poi, stimolato dalla sua prova, riporto anche una mia “traduzione infedelissima” dettata dalla mia presente vacanza. Chi avesse voglia di essere abbastanza canaglia tenti a sua volta. Anche domani.
Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto, ascoltare tra i pruni e gli sterpi schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia spiar le file di rosse formiche ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare lontano di scaglie di mare mentre si levano tremuli scricchi di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia sentire con triste meraviglia com’è tutta la vita e il suo travaglio in questo seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. | Saltando il pisolino girellar per l’orticello, sbirciare il serpentello frusciare e scomparir;
spiar sul muricciolo rosse le formiche mai stanche i loro intrichi sciogliere e annodar;
guatar tra il tremolio di ulivi e di cicale come un gran pesce il mare argenteo tremolar;
e poi nell’orto chiuso vagando, con stupore sentire in me l’orrore: volermi suicidar. [versione di Giulio Mozzi] |
Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto, ascoltare tra i pruni e gli sterpi schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia spiar le file di rosse formiche ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare lontano di scaglie di mare mentre si levano tremuli scricchi di cicale dai calvi picchi. E andando nel sole che abbaglia sentire con triste meraviglia com’è tutta la vita e il suo travaglio in questo seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. | Dopo pranzo l'abbiocco sale se fuori il caldo cuoce il suolo; del poco traffico mi consolo: ma scoppia una marmitta irrazionale.
Esco allora per fumare scuotendo cenere tra le crepe dell'asfalto si bruciano formiche e rompendo si vanno le lor file. Faccio un salto
tra larghe foglie di kiwi e vedo il lago smosso dal vento alpino e cigni lontani che stridono, credo, per contendersi pansecco di un bambino Camminare controsole in questo giorno è insieme bello e triste come la vita – con tutto quel che costa far le ferie da brava gente onesta che paga la sua camera con vista [versione mia] |
2 commenti:
Ragazzacci! ;)
Nel sole immergersi pensoso,
un muro a secco, e rovi, e cespi,
e qui striscia una biscia, lì un merlo fischia,
abbacinato porgervi l’orecchio.
Lasciare l’occhio a seguitare su uno stelo
o in uno spacco riarso e aspro
le frenesie improvvise di formiche,
il loro subito rifarsi fila,
o fra le foglie, in lontananza,
i lapislazzuli di mare,
nel tremulo basso continuo
di grilli su cime spelacchiate.
Nell’accecante luce, qui, esser presi da stupore
del quanto e come (del come e quanto)
la vita e ogni sua pena
sian come versi di Montale,
che più li leggi e meno sai ridirli.
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