Leggendo, su Repubblica di oggi, l'articolo di Ettore Livini che racconta delle “sinergie” politiche e (soprattutto) economiche tra Berlusconi e Gheddafi (d'ora in poi B&G) con tutti i contorcimenti e gli aggrovigliamenti finanziari e societari e gli ammanicamenti di loschi figuri legati a doppio filo coi due ras in oggetto (B&G appunto), un cuore semplice non può che constatare, con stupefatta meraviglia, la fitta coltre di merda con la quale il potere dei Principi e delle Potestà soffoca il mondo. Ma, allo stesso tempo, ad un cuore semplice – che ingenuamente crede ancora nei principi che, sulla carta, regolano le moderne democrazie – viene da chiedersi: se gli attori in campo fossero diversi lo stupore sarebbe simile? Se al posto di B&G ci fossero degli illuminati lettori di Locke o di Tocqueville, di Montaigne o di Hume, la sostanza del potere cambierebbe? Il profumo della merda che lo copre sarebbe diverso, più sopportabile? Proverebbe sollievo o tranquilla indifferenza il nostro animo mite e gentile? Si rassegnerebbe pacatamente o monterebbe in lui la stessa simile ripulsa, la stessa profonda indignazione? Il cuore semplice presume che al variare degli elementi la sostanza non cambi, ovvero la puzza sarebbe più o meno la stessa. Certo, se al posto di B&G ci fossero un Obama o un re Hussein di Giordania forse essi riuscirebbero, in un certo qual modo, a rendere meno acre l'olezzo della discarica¹ sistemica sulla quale si fonda l'odierno establishment politico e finanziario. L'unico modo per non sentire l'odore è essere parte del sistema.
Un cuore semplice è, per definizione, un outsider. Ma il vero stupore, che tende quasi alla rabbia, è per lui constatare come la maggior parte degli umani liberi (in teoria) dai vincoli di un potere assolutistico e dittatoriale (quelli sotto i B del mondo, per intenderci; sotto i G è francamente più complicato) conviva serenamente con tale puzza senza – parrebbe – avvertirla, o altresì, qualora venisse da loro percepita, tali uomini e tali donne non si preoccupino, come lui, di chiedere a propri simili se anch'essi patiscano l'aria malsana e nauseabonda.
Ora, un cuore semplice non nutre certo l'ardire di ordire moti rivoluzionari di qualsivoglia tipo, dato che nel suo animo alberga da sempre un sano scetticismo che lo tiene alla larga dalle trombe dei vari slogan alla «un altro mondo è possibile». Per il cuore semplice il mondo è questo qui, l'unico possibile: inutile «prendere le armi contro il mare di guai e combattendo finirli»: preferisce «dormire, sognare forse», rifugiarsi, come Amleto, in una lucida pazzia. E allora? Bene, al cuore semplice non resta che rivolgersi al singolo, all'individuo, al volto, alla facies per dirgli queste cose, queste facezie, per capire se anche in quello specchio di sé che è l'altro, fosse avvenuta una simile rivelazione: siamo governati dalla merda, cazzo, almeno diciamolo (o diciamocelo)!
Un cuore semplice non parla al popolo, alle genti, al volgo perché nella massa si diventa tutti delle teste di cazzo e non ci si riconosce; egli spera che, in un futuro non troppo lontano, avvenga una graduale demassificazione dei popoli e delle genti, tale che possa automaticamente gettare tutti i vari B&G del mondo col culo per terra fino a farglielo diventare rosso come quello dei nostri cugini bonobo.
Un cuore semplice, per esserlo veramente, è ben consapevole del rischio che basta poco per diventare o per essere dei Geronzi (Geronzi dentro, s'intende; fuori è un pochino più complicato). Ma questa consapevolezza lo aiuta a camminare sereno nei prati senza affatto preoccuparsi di pestare secca merda di vacca, sicuro che se anche avvenisse il puf che essa emanerebbe avrebbe sentore di timo serpillo.
¹ Il denaro è il concime del mondo, è l'elemento simbolico che perseguita l'umanità da svariati millenni. Un simbolo ci tiene per le palle, ci infibula, ci marchia a sangue fin dal nostro primo vagito (e anche prima). Siamo talmente vincolati al denaro, noi esseri umani, che nessuno (o solo pochi pazzi o visionari) prova più a immaginare di guadagnare (sic!) la libertà da esso.
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