Avevo tempo, avevo soldi, avevo voglia. Telefono.
- Pronto A?
- Sì, tesoro.
- Sei libera questo pomeriggio?
- Sì, tesoro, sono in via Umberto Bossi 33, angolo piazza Zizzania.
- Allora vengo subito. Quanto prendi per una mezzora?
- 45,73 euro iva esclusa per una cosa tranquilla.
- Sono agitato.
- Beh, allora vieni tesoro, ti calmo io.
Vado. Prendo la mia ibrida Fiat Nonc'è, e mi avvio.
Ecco la rotonda di piazza Zizzania. Le giovani foglie dei tigli sono nere di moscerini. Posteggio in un parcheggio a pagamento, proprio sopra un tombino. C'è un puzzo di fogna che ammorba l'aria, tremendo.
- Mi scusi signora, mi sa dire dove si trova via Umberto Bossi?
- Via Umberto Bossi? Chi? Il leader della Lega?
- Sì, potrebbe essere lui.
- Ma è ancora vivo!
- Già è ancora vivo. Perché non si dedicano vie ai vivi!?
- La sua è una domanda o è una constatazione?
- Tutte e due le cose, ma di più una domanda.
- In questo caso rispondo: perché le vie servono a far circolare, da morti, i vivi. Anche gli extracomunitari camminano sulle vie dedicate ai morti. Sulle vive dei vivi è più difficile per tutti circolare, soprattutto per loro.
- Signora, ha tempo? Mi piacerebbe offrirle un caffè.
- Ho tempo, ma ho uno sciacallo che non ama i bar. Ma se vuole, la invito io a prendere un caffè a casa mia. Abito qui vicino, in via
Giovanni Berchet. Lui sì ch'è morto. Lui sì che le sue idee facevano circolare i vivi.
- Grazie, favorisco volentieri se non le reco troppo disturbo. Ma mi levi una curiosità: c'è o non c'è qui nei dintorni via Bossi?
- Che io sappia no, mi spiace. Ma mi piacerebbe ci fosse.
- Per far circolare i vivi?
- No, per cominciare a vederne uno morto.
Il caffè dalla signora è stato buono. Abbiamo discusso, ma tu guarda il caso, di politica. Ho scoperto che il suo sciacallo è uno sciacallo femmina. L'ha chiamato Nchè perché è molto stronzo coma la Santan. Ma che bella giacchetta bianca ha la signora, e che bei jeans eleganti e sensuali che modellano le gambe e il sedere. Ma io non l'ho potuto guardare molto, il sedere, visto che mi ha fatto accomodare su un divano mentre lei è andata in cucina a preparare il caffè; poi si è seduta e io mi sono concentrato sugli occhi e le ginocchia. Stimolano la conversazione, la chiacchera gli occhi e le ginocchia, con tutte quelle chi e quelle chia.
- Grazie signora, è stato davvero un piacere e lei è molto gentile.
- Prego, si figuri. A me a fatto piacere parlare di politica. Tutti i giorni esco con un groppo in gola e, siccome fuori non posso sputare in terra, mi piace ogni tanto trovare qualcuno con cui parlare, e sfogarmi.
- Signora, che ne pensa di aprire un blog?
- Un blog? Alla mia età... no, non credo, avrei esitazioni.
- Ma no, nessuna esitazione. Ci provi, piano piano, metta per iscritto le sue idee, le renda pubbliche. Sarà divertente.
- Vedremo. Ma perché mi dice questo, lei è un esperto del settore?
- No, sono un frequentatore, un lettore, qualcuno che, stufo della televisione e dei giornali, la sera naviga alla ricerca di qualche buona idea politica, o lettura di vario tipo. Comunque: lei ha un indirizzo mail? Le invio una serie di indicazioni sui blog più famosi.
- Grazie, mi farà piacere.
- Ma prego, piacere mio. Così potremo continuare, magari in via epistolare, la nostra conversazione.
- Sì. Adesso la lascio andare. Mi diceva che aveva un appuntamento in via Bossi... Ah già via Bossi, c'è n'è una, ma non è l'Umberto, bensì un certo
Carlo che non so proprio chi sia. È la strada parallela a questa.
- Grazie di tutto e arrisentirci.
Esco, in due minuti sono in via Carlo Bossi 33. A. aveva sbagliato con l'Umberto. Ritelefono.
- Pronto A.? Ho chiamato un'oretta fa. Sei libera ora?
- Sì tesoro.
- Posso salire?
- Sì, n 33. Sul campanello c'è scritto
Lupi. Primo piano.
- Ciao tesoro.
- Ciao - e tocco subito i suoi fianchi.
- Calma tesoro, prima dinero.
Pago, e riprendo a toccare, a maneggiare con cura, a porre labbra secche e screpolate su una pelle morbida al sapore di coloniali. Avevo voglia, avevo tempo, avevo soldi.
Lei mi apre la camicia. Mi slaccia cintura. Mi mette una mano nel vuoto.
- Tesoro, che strano non c'è niente qui.
- Come, niente...-
Controllo. Niente. Zero. No, non c'entra nulla con l'erezione. Magari fosse quel problema. È proprio vero, ha ragione A. non c'è niente. Ma niente niente di niente. Zero, nemmeno il pelo. E io non me ne ero neanche accorto. Avevo persino voglia. La mente inganna. Ma io dovevo saperlo, dovevo accorgermene, dovevo prevederlo, dovevo curarmi, andare in una clinica all'estero subito, ai primi sintomi.
Berlusconi mi ha rotto il cazzo, frantumato, e io l'ho perso senza rendermene conto.
A. è seria, quasi intimorita. Chissà, forse si aspetta una mia reazione. Invece sono stranamente calmo. Mi ricompongo. La saluto con una carezza ed esco. Ripercorro a ritroso l'isolato e suono alla signora di prima.
- Signora, mi scusi, sono io, quel signore di prima. Devo aver "perso" qualcosa a casa sua.
- Salga pure... Entri. Mi dica, cosa le sembra di aver perduto? A me non pare di aver notato niente di suo.
- Mi scusi ancora signora. Sono vittima di una suggestione, spero. Berlusconi mi ha rotto il cazzo e mi sembra di averlo smarrito da lei.
- Ah, non ne dubito. Succedeva anche al mio povero marito. Sapesse, gliel'ho raccolto tante volte di terra a quel poveruomo. A volte anche con le palle annesse. Poverine. Le ricordo ancora com'erano battute in terra, spiattellate, come per fare delle fettine di petto di pollo in padella. Venga che guardiamo sotto il divano.
Quando l'ha signora mi ha raccolto da sotto il divano quello che restava dal mio cazzo mi sono messo a piangere. Ma lei, prontamente, mi ha portato un bicchiere di Soluzione Schoun pura per coadiuvare i possibili stati spastici e dolorosi delle vie urinarie. Che donna. Non vedo l'ora di scriverle una mail con tutti gli indirizzi dei blog che seguo. C'è n'è uno in particolare, tanto coglione. Pare si faccia chiamare Lucas.